Saggi musicali italiani
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Author: Picchianti, Luigi
Title: Principj generali e ragionati della musica teorico-pratica
Source: Luigi Picchianti, Principj generali e ragionati della musica teorico-pratica (Florence: Tipografia della Speranza, 1834)
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[-v-] PREFAZIONE
Lo studio della musica è ormai riconosciuto come una delle parti essenziali della civile educazione, perchè convenevolmente esercitata come Arte bella, ha la proprietà di ingentilire il core ricreando nel tempo stesso lo spirito, e coltivata come scienza può contribuire in unione delle altre allo sviluppo delle facoltà [-vi-] intellettuali, unico fine a cui aspira l' educazione della gioventù.
Dalla universale tendenza di migliorare i metodi d' istruzione, la musica ne ha risentito sommi vantaggi: ma ella ancora non possiede (per quant' io sappia) un' operetta didascalica ad uso di quei giovinetti, che invaghiti del sapere, non possono appagarsi di quelle semplici cognizioni superficiali, sufficienti puramente per sviluppare la meccanica della musica. Un' opera dunque concepita in modo da ottener posto in un completo corso di studii non è ancora comparsa alla luce.
Egli è in questo punto di vista che io adesso presento la musica in questa operetta, la quale ho divisa in due parti. Nella prima parte io ho procurato di estesamente esporre in una maniera chiara, ragionata e concisa, per quanto è stato possibile, quella massa di nozioni componenti i primi elementi della musica. La seconda parte contiene utili considerazioni generali sulla maniera di esercitarsi nella pratica musicale, sia per l' arte del canto, che del suono dei varii strumenti attualmente in uso, e quindi dopo aver dato un' idea della parte scientifica della musica, discendo a [-vii-] parlare della maniera di applicarsi allo studio dell' armonia e della composizione.
Spetta al colto pubblico il giudicare se io abbia conseguito l' intento.
[-9-] PARTE PRIMA
ARTICOLO PRIMO
Del Suono.
I. Le vibrazioni dei corpi oscillanti cagionano dei movimenti nell' aria, i quali giungendo a percuotere le nostre orecchie producono in noi quella sensazione che chiamasi Suono. Siccome un corpo non potrebbe oscillare se non fosse elastico, così si può stabilire che dalla elasticità nasce il moto di vibrazione, e da questo il suono.
II. Da vibrazioni imperfette o irregolari non possono resultarne che suoni imperfetti o irregolari, la di cui sensazione è ciò che chiamasi rumore, e per questo tutti quei corpi che per natural proprietà vibrano regolarmente, si distinguono col nome di corpi sonori. I corpi sonori si dividono in varie specie, cioè
1. elastici per tensione, i quali sono, o filoformi come le corde, o membraniformi come le membrane dei timballi eccetera.
2. elastici per compressione, come l' aria, i gas eccetera.
3. elastici per interna rigidezza, come le verghe diritte o curve, le lamine di metallo eccetera.
Da queste tre specie di corpi sonori si hanno le tre specie di strumenti musicali
1. Strumenti a corda,
2. Strumenti a fiato,
3. Strumenti a percossa.
[-10-] III. Resta ormai comprovato da ripetute esperienze, che il suono non è sensibile al nostro orecchio per la sua immensa gravità, se il corpo che lo produce non eseguisca da 30 a 32. vibrazioni in un minuto secondo, e che egli sfugge all' udito per eccessiva piccolezza, (vale a dire per esser troppo acuto), allorchè in eguale spazio di tempo abbiano luogo più di 8,000 vibrazioni. Da ciò si deduce che l' acutezza del suono è in ragione diretta della velocità di vibrazione dei corpi sonori. La velocità di vibrazione nelle corde dipende dalla quantità di lunghezza, diametro, e forza di tensione, come dalla quantità del volume d' aria e dalla quantità della forza comprimente, dipende la velocità di vibrazione negli strumenti a fiato.
IV. Fra i diversi fenomeni che si rinvengono nella risonanza dei corpi sonori è da notarsi, che allorquando un corpo sonoro si trova corrispondere al preciso grado di doppia velocità di vibrazione di un altro corpo sonoro, risultano da questi due corpi vibranti due suoni simili, ma l' uno il doppio più acuto dell' altro: così, supposta sempre eguaglianza di tempo, 8. vibrazioni, per esempio, daranno un suono simile ma del doppio più acuto di 4 vibrazioni; 4 vibrazioni un suono più acuto il doppio di 2. . . . eccetera risultandone per l' orecchio la sensazione istessa che proverebbe l' occhio alla vista di due oggetti simili, la di cui differenza consistesse solamente nell' essere l' uno in proporzioni più piccole la precisa metà dell' altro. Ora si comprende facilmente, che partendosi da un suono per andare alla prima sua repetizione più acuta, la quantità dei gradi che si possono percorrere è inassegnabile, perchè le velocità di vibrazione possono differire non solo per intieri, ma anco per frazioni di vibrazione, la di cui somma non può per forza di calcolo determinarsi. Ma la massima parte di queste differenze, attesa la loro piccolezza, [-11-] non potrebbero forse esser sensibili al nostro udito, almeno con quella prontezza che richiedesi nella musica, ove la varietà del suono deve giunger distinta e determinata al nostro orecchio, perciò l' istinto ci ha fatto adottare sette differenti suoni, per mezzo dei quali formandosi una serie continua, da una suono grave si giunge gradatamente alla prima sua repetizione del doppio più acuta, la quale prende pur questo il nome di Ottava. Dal ripetere l' intera serie un ottava sopra si giunge con un ordine identico alla seconda ottava, poi alla terza, poi alla quarta . . . eccetera come pure procedendo in senso opposto tali repetizioni si ottengono egualmente nelle ottave più gravi, senza mai incontrare altra variazione che quella proveniente o dalla acutezza, o dalla gravità dei medesimi sette suoni. Dunque, siccome in musica non si ammettono che sette suoni, i quali nel ripetersi nelle diverse ottave non vanno soggetti a niuna sostanziale alterazione, perciò quando ci saranno cogniti [-12-] i rapporti e le proporzioni dei suoni di un' ottava, ci sarà cognito tutto il sistema musicale.
ARTICOLO II.
Degl' intervalli.
V. La ragione geometrica dell' uno all' altro suono, cioè quella sensibil distanza per cui un suono trovasi separato e distinto da un altro, chiamasi Intervallo.
VI. Rappresentati i suoni di un' ottava da A, B, C, D, E, F, G, a, si potrà osservare che AB, egualmente che BC, CD, DE, EF, FG, Ga sono separati da tanti intervalli detti di seconda, perchè B è la seconda lettera della serie allorchè si parta da A, come lo è C partendosi da B, o D partendosi da C... eccetera così dipendendo il nome di un intervallo dal numero graduale dei suoni che da esso vengono abbracciati, sarà facile il comprendere che, per esempio AC è un intervallo di terza; AD di quarta; AE di quinta, AF di sesta; AG di settima; Aa di ottava . . . . eccetera.
VII. I sette intervalli di seconda compresi in una ottava si considerano dai pratici come perfettamente eguali nelle loro proporzioni, meno due che vengono riguardati come della metà più piccoli, e si dicono per questo intervalli di seconda minore (cioè piccola), a differenza degli altri cinque che son detti intervalli di seconda maggiore (cioè grande). Le seconde maggiori si chiamano anche intervalli di un tono, o più volgarmente voci intiere, e le seconde minori semitoni, o mezze voci. Nella serie dei suoni [-13-] già da noi rappresentata colle lettere A B C D E F G a, i due semitoni cadono fra B C, e tra E F.
VIII. La seconda è un intervallo semplice, perche è indecomponibile; tutti gli altri intervalli son composti di un numero di seconde, come per esempio, la terza A C è composta delle due seconde A B, B C; la quarta A D, delle tre seconde A B, B C, C D . . . . eccetera. Se dunque vi sono due qualità di intervalli semplici (cioè maggiori e minori), non può non esservi due simili qualità anco di intervalli composti, poichè questi non sono che un composto di quelli. L' ottava sola è un intervallo invariabile, perchè in sostanza ella è una repetizione di suono in grado differente, nella quale rinchiudesi tutto il sistema dei sette suoni musicali, sempre costantemente divisi da cinque toni, e due semitoni.
IX. Dietro tali principii confrontando per esempio la terza A C colla terza C E, questa ultima apparirà maggiore perchè composta dei due toni C D, D E, mentre l' altra si ravvisa composta di un tono A B e di un semitono B C. Dunque la terza minore è un intervallo composto di due seconde, una maggiore ed una minore, e la terza maggiore è un intervallo similmente composto di due seconde, ma tutte e due maggiori. Paragonando per esempio la quinta A E colla quinta B F, in A E vi si trova rinchiuso il semitono B C solamente, mentre B F si vedrà contenere i due semitoni B C, E F: dunque A E è una quinta maggiore, B F una quinta minore.
X. All' oggetto di poter più chiaramente dedurre delle accennate osservazioni qualche regola generale tendente a riconoscere prontamente la qualità di un intervallo qualunque, tralasceremo l' ottava e divideremo in due classi i rimanenti sei intervalli, cioè.
[-14-] INTERVALLI PICCOLI INTERVALLI GRANDI Seconda Quinta Terza Sesta Quarta Settima
REGOLA PRIMA. Il numero da cui prende nome ciascuno intervallo è eguale al numero delle seconde di cui è composto, meno uno; così la terza ha due seconde; la quarta tre seconde; la quinta quattro. . eccetera eccetera.
REGOLA SECONDA. Tutti gl' intervalli piccoli (dalla seconda alla quarta) l' inclusione di un solo semitono gli fa essere minori, e son maggiori allorchè si trovano composti di tutti intervalli di un tono. Gli intervalli grandi (dalla quinta alla settima) abbisognano di due semitoni per esser minori, perciò son maggiori allorchè racchiudono un solo semitono.
XI. Si usa spesso in pratica si trasformare artificiosamente in minori le seconde maggiori. Questa operazione può aver luogo in due maniere: Per esempio, la seconda maggiore A B si può cambiare in seconda minore restando immobile B col muovere A verso l' acuto di un semitono, o veramente rimanendo stabile A, muover B per un semitono verso il grave. Nel primo caso il suono A prende la denominazione di A diesis, nel secondo caso il B vien chiamato B bimolle; di qui la regola generale nell' esercizio della musica, che il diesis cresce mezza voce quel suono a cui va congiunto, ed il bimolle di altrettanto lo rende più grave. Se in due maniere una seconda maggiore può trasformarsi in minore, che è lo stesso che dire, di una seconda maggiore dividendola per metà se ne possono fare due minori, le cinque seconde maggiori dell' ottava daranno dunque dieci seconde minori, alle quali aggiungendo le altre due seconde minori già preesistenti fra B C ed E F, ne risulterà l' ottava divisa in dodici eguali semitoni.
XII. Un' altra più minuta suddivisione di intervallo apparisce, allorchè si voglia considerare la distanza che passa da un suono affetto dal diesis al suo prossimo superiore alterato dal bimolle, o viceversa, come sarebbe per esempio l' intervallo fra A diesis [-15-] e B bimolle, o fra E bimolle e D diesis. . . . eccetera specie di intervallo che potendosi ottenere in due maniere da ciascuno dei dodici semitoni, ridurrebbe l' ottava divisa in ventiquattro piccolissime sezioni, che i teorici chiamano quarti di tono, ma che i pratici non valutano che ipoteticamente sugli strumenti da tasto fisso in particolare, come l' Organo, il Piano-forte. . . eccetera nei quali l' ottava non vi comparisce divisa che in dodici semitoni solamente, ed ove il quarto di tono ricadendo sul tasto istesso fa sì, che per esempio A diesis sia identico a B bimolle, D bimolle a C diesis, E diesis a F eccetera eccetera e viceversa.
XIII. A quanto è stato esposto resta ad aggiungere, che i sette suoni primitivi si chiamano i suoni naturali della musica, i quali formano la base principale su cui riposa quest' arte. La serie di tali suoni colle sue repetizioni, tanto nell' acuto che nel grave, si chiama scala diatonica, e perciò questi suoni si dicono formare il genere Diatonico. La divisione artificiale dell' ottava in dodici semitoni compone la serie denominata la scala cromatica, e le dieci seconde minori artificiali formano il genere cromatico. Dalle altre divisioni per quarti di tono si ha il genere Enarmonico.
XIV. Abbenchè le nostre composizioni musicali si fondino totalmente sul genere diatonico, pure vi si introduce spesso il genere cromatico ed anco l' enarmonico, e da ciò ne segue, che tanto nella successione che nella contemporaneità dei suoni ogn' intervallo può comparirvi in quattro differenti dimensioni, cioè.
1. Minore.
2. Diminuito. (meno un semitono del minore).
3. Maggiore.
4. Aumentato. (più un semitono del maggiore).
[-16-] RIEPILOGO DI TUTTE LE SPECIE D' INTERVALLI
Seconda.
La seconda è un intervallo di un sol grado: la sua dimensione varia secondo che ella è, o
1. Maggiore, un tono, come A B.
2. Minore, un Semitono, come B C.
3. Aumentata, un tono e mezzo, come A bimolle B.
4. Diminuita, un quarto di tono, come A diesis B bimolle.
Terza
La terza è un intervallo composto di due seconde: le sue dimensioni sono
1. Maggiore, 2 toni, come C E.
2. Minore, 1 tono, e 1 Semitono, come A C.
3. Aumentata, 2 1/2 toni, come C E diesis.
4. Diminuita, 2 semitoni, come A diesis C.
Quarta.
La quarta è un intervallo composto di tre seconde: le sue dimensioni sono
1. Maggiore, 3 toni, come F B.
2. Minore, 2 toni, e 1 semitono, come A D.
3. Aumentata, 3 1/2 toni, come F B diesis.
4. Diminuita, 1 tono, e due semitoni, come A diesis D.
[-17-] Quinta
La quinta è un intervallo composto di quattro seconde: le sue dimensioni sono
1. Maggiore, 3 toni, e 1 semitono come A E.
2. Minore 2 toni, e 2 semitoni, come B F.
3. Aumentata, 4 toni, come F C diesis.
4. Diminuita, 1 tono e 3 semitoni come A diesis E bimolle.
Sesta
La sesta è un intervallo composto di cinque seconde: le sue dimensioni sono
1. Maggiore, 4 toni, e 1 semitono come C a.
2. Minore, 3 toni, e 2 semitoni, come A F.
3. Aumentata, 5 toni, come C a diesis.
4. Diminuita, 2 toni e tre semitoni, come A diesis F.
Settima
La settima è un intervallo composto di sei seconde: le sue dimensioni sono
1. Maggiore, 5 toni, e 1 semitono, come C b.
2. Minore, 4 toni e 2 semitoni, come A G.
3. Aumentata, 6 toni, come C b diesis.
4. Diminuita, 3 toni e 3 semitoni, come A diesis. G.
[-18-] XV. Tutti quegl' intervalli che oltrepassano l' ottava si chiamano intervalli duplicati, e si dicono triplicati, quadruplicati. . . eccetera tutti gli altri che rinchiudono in sè stessi due, tre. . . eccetera ottave. Siccome più volte si è detto, le ottave non essendo che repliche degli stessi suoni, così gl' intervalli duplicati, o triplicati non potranno essere che repliche degl' intervalli primitivi, perciò la nona, la decima, l' undecima. . . . eccetera saranno equivalenti ad una seconda, ad una terza, ad una quarta. . . eccetera più un' ottava; di qui si ricava che se dal numero da cui prende nome un intervallo duplicato si tolga il numero 7. (cioè le sette seconde dell' ottava) il residuo sarà il numero nominale dell' istesso intervallo nel suo stato primitivo. Tanto nella teorìa che nella pratica della musica occorre raramente il far uso dei nomi degl' intervalli duplicati o triplicati eccetera:, meno che per la nona, che in molti casi è necessario distinguerla dalla seconda.
Hemidiapente -- intervallo di quinta minore
Diapente -- intervallo di quinta maggiore
Diapente e hemitono -- intervallo di sesta minore
Diapente e tono -- intervallo di sesta maggiore
Diapente e semiditono -- intervallo di settima minore
Diapente e ditono -- intervallo di settima maggiore
Diapason -- intervallo di ottava
Allorchè si voglia poi significare il complesso di un sistema di più suoni graduali, si suole impiegare i seguenti vocaboli, ove la parola corda stà in luogo di suono, vale a dire il nome del corpo stà in luogo del nome, della sua azione, cioè
Monocordo -- una sola corda, cioè un sol suono
Dicordo -- due corde, cioè due suoni
Tricordo -- tre suoni
Tetracordo -- quattro suoni
Pentacordo -- cinque suoni
Esacordo -- sei suoni
Eptacordo -- sette suoni
Ottacordo -- otto suoni.
[-19-] ARTICOLO III.
Delle diverse nomenclature dei suoni.
XVI. I nomi dei suoni musicali furono un tempo le prime sette lettere dell' alfabeto e queste istesse lettere per molti secoli servirono a scrivere la musica. Per facilitare lo studio del canto, alle lettere si sostituirono sei monosillabi, cioè Ut, Re, Mi, Fa, Sol, La, in vista di addestrare lo studioso a ben pronunziar le sillabe cantando, ed a fargli ritenere in memoria la distanza degl' intervalli, specialmente il semitono che costantemente si doveva esprimere colle due sillabe Mi Fa. Ma nella scala diatonica due volte si incontra il semitono, cioè tra E F e tra B C perciò si era costretti a variare spesso l' ordine dei monosillabi per far cadere il Mi Fa ora su B C ed ora sopra E F, e per conseguenza ogni lettera poteva essere cantata con diversi monosillabi secondo i varii casi. Per aver presenti tutte le sillabe con cui l' istessa lettera poteva cantarsi, si nominarono i suoni con nomi composti e della lettera primitiva e di tutte quelle sillabe che vi si sostituivano secondo l' occorrenza del caso. Ecco i nomi composti secondo l' uso volgare di Italia
A la mi re, B mi, C sol fa ut, D la sol re, E la mi, F fa ut, G sol re ut.
XVII. L' alterazione del diesis non apportava niuna varietà ai nomi composti, dicendosi Alamire diesis, Cisolfaut diesis, Fefaut diesis. . . ma i suoni alterati del bimolle variavano il loro nome composto, perchè [-20-] alla lettera primitiva si aggiungeva sempre costantemente i due monosillabi La e Fa, meno che alla lettera B che aveva la sillaba Fa solamente, perciò tutti i suoni bimolizzati si chiamarono B fa, C la fa, D la fa, E la fa, F la fa, G la fa, A la fa.
XVIII. Nello scorso secolo si propagò l' uso del settimo monosillabo Si, per il di cui mezzo ciascuno dei sette suoni ritenendo fisso il suo proprio monosillabo si è pervenuti a facilitare la lettura della musica, e lo studio della intonazione dei suoni colla voce, a cui si dà il nome solfeggio provenuto forse dalle sillabe Sol Fa.
XIX. Gl' Inglesi ed i Tedeschi conservano ancora le lettere primitive per nomenclatura dei suoni: i Francesi hanno adottato i sette monosillabi Ut, Re, Mi, Fa, Sol, La, Si, ed in qualche provincia d' Italia rimangono sempre in uso i nomi composti, non ostante che nella massima parte di questa penisola si adoprino comunemente i monosillabi alla Francese, non essendosi altro che per dolcezza di idioma cambiato l' Ut in Do.
XX. Ecco riunite comparativamente le tre diverse nomenclature dei suoni all' oggetto di vederne le loro corrispondenze.
Nomi Primitivi Nomi Composti Monosillabi A . . . . . . Alamirè . . . . La . . . . B . . . . . . Bemì. . . . . . Si . . . . C . . . . . . Cisolfaut . . . Do . . . . D . . . . . . Delasolrè . . . Re . . . . E . . . . . . Elamì . . . . . Mi . . . . F . . . . . . Fefaut. . . . . Fa . . . . G . . . . . . Gisolreut . . . Sol . . .
Ci varremo in seguito dei monosillabi per denominare i suoni.
[-21-] ARTICOLO IV.
Del Tono e dei due Modi.
XXI. Già sappiamo che tono è uno dei nomi dell' intervallo di seconda maggiore (Sezione VII), ma quest' istessa parola tono vale in musica ad esprimere anco altre cose. Familiarmente parlando si suol dire che quel tal Cantante abbia un bel tono di voce, volendo significare che egli possiede una voce sonora; che quel tale strumento è alto o basso di tono, per indicare che i suoni che possono ottenersi da quello strumento di musica sono o più alti o più bassi di ciò che dovrebbero essere secondo l' uso stabilito. Il vocabolo tono infine viene ancora impiegato per esprimere genericamente il complesso di tutti i suoni del sistema musicale. Egli è in questo ultimo senso che adesso prendesi a considerare.
XXII. Abbiamo già detto (Sezione IV.) che un suono determina per sè stesso la sua ottava, e che per conseguenza [-22-] egli stabilisce gli altri sei suoni diatonici che musicalmente nell' ottava istessa devono esservi compresi secondo gli adottati intervalli (Sezioni VII, e VIII.,) I suoni diatonici determinano i cromatici, e gli enarmonici dai cromatici vengono determinati (Sezioni XI e XII), così fissato che sia il grado di nn suono rimarranno naturalmente fissati i respettivi gradi di tutti gli altri suoni musicali dell' ottava, il di cui complesso chiamasi Tono. Vi ha un suono di convenzione che serve a portare ad un tono comune ed identico tutti gli strumenti di musica che devono unirsi in concerto: questo tono si chiama il Tono naturale, o più comunemente il Corista.
XXIII. L' arte musicale è la facoltà di combinare e regolare tanto le successioni che le contemporaneità dei suoni del tono in maniera, che nel recar diletto all' udito interessino anco lo spirito, o con aggiunger forza all' espressione delle parole, o col risvegliare in noi delle immagini imitandone i loro analoghi effetti. La successione dei suoni regolata su tali principii si chiama Melodia, e la riunione simultanea di più suoni dicesi Accordo, ovvero armonia equitemporanea.
XXIV. Il genio, il gusto, il sentimento, e talora il capriccio sono la guida da cui lasciasi condurre un compositore di musica nell' invenzione delle sue melodie e nella disposizione degli accordi; ma siccome i suoni di cui è obbligato, a servirsi non possono essere che quelli appartenenti al medesimo tono, così, sia per l' affinità, sia per la dipendenza comune, in tutte le musicali combinazioni vi si riscontrano sempre alcuni caratteri fissi e determinati che si chiamano Modi, i quali unicamente provengono dai varii sistemi di graduazione a cui possono naturalmente andar soggetti i suoni diatonici.
XXV. La serie diatonica può incominciarsi indistintamente da ciascuno dei sette suoni; dunque coi [-23-] suoni diatonici si possono formare sette scale differentemente graduate, perchè in esse i due semitoni non possono mai ricadere sopra gradi corrispondenti. Queste sette differenti graduazioni della medesima scala del genere diatonico sono dunque per conseguenza tanti diversi Modi. Ma siccome il carattere particolare del Modo si riconosce principalmente dall' intervallo della terza lettera della serie, e siccome atteso il genere diatonico questo intervallo di terza non può essere che maggiore o minore (Sezione VIII,) perciò in quanto alla forma caratteristica non vi possono essere che due sole specie di Modi, cioè Modi di terza maggiore, e Modi di terza minore. Egli è per questo che per mutua e general convenzione da più di un secolo si è stabilito un solo sistema di graduazione per il Modo maggiore, ed uno solo per il Modo minore, e sono stati totalmente abbandonati tutti gli altri Modi praticati in antico, i quali per sè stessi non offrono niuna sostanzial varietà di carattere, mentre poi sono meno aggradevoli e riescono assai disadatti all' armonia equitemporanea resa ormai indispensabile nelle nostre composizioni. Incominciando la serie diatonica da Do si ottiene la scala del nostro Modo maggiore, cioè Do, Re, Mi, Fa, Sol, La, Si, Do, e la serie La, Si, Do, Re, Mi, Fa, Sol, La presenta la scala del Modo minore.
XXVI. Si riscontra nei due Modo una decisa opposizione di carattere: il maggiore è per sè stesso robusto, maestoso, ilare, marziale eccetera mentre il minore è molle, dolce, tenero, affettuoso, melanconico eccetera. Siccome tanto l' uno che l' altro Modo si compone di suoni identici, tale opposizione di carattere non può derivare che dalla situazione differente dei due semitoni diatonici nelle loro scale. Nel Modo maggiore i semitoni son collocati uno fra la terza, e la quarta, l' altro fra la settima e l' ottava della serie, mentre [-24-] nel Modo minore gli stessi due semitoni si trovano fra la seconda e la terza, e fra la quinta e la sesta, cioè
[Picchianti, Principj, 1:24; text: Modo Maggiore, Modo Minore, 1, DO, 2, RE, 3, MI, 4, FA, 5, SOL, 6, LA, 7, SI, tono, semitono] [PICPRI 01GF]
XXVII. Ad ogni lettera del Modo è stato assegnato un nome che qualifica il rango che essa occupa nel Modo, cioè
LA PRIMA si chiama Tonica, o principale, o fondamentale.
LA SECONDA si chiama seconda, o sopratonica.
LA TERZA si chiama terza, o mediante o modale.
LA QUARTA si chiama quarta, o sottodominante.
LA QUINTA si chiama quinta, o dominante, o producente.
LA SESTA, si chiama sesta, o sopradominante, o modale.
LA SETTIMA si chiama settima, o sensibile.
L' OTTAVA si chiama ottava, o tonica ripetuta.
XXVIII. La settima del Modo maggiore acquista il carattere di sensibile allorchè particolarmente ella ascende alla tonica, perchè fortemente ci fa sentire questa tonica dalla quale è distante un semitono. Di [-25-] tal proprietà è per sè stessa mancante la settima del Modo minore, perchè ella si trova naturalmente separata da una seconda maggiore dalla tonica, perciò in pratica gli si fa acquistare il carattere di sensibile alterandola provisoriamente col diesis ogni volta che ella tende a riposarsi sulla Tonica. Questa alterazione cromatica siccome produce variazione d' intervallo anco fra la sesta e la settima, ha indotto i pratici in opinioni diverse circa il sistema di graduazione della scala del Modo minore: eccone le varie maniere.
Numero 1. ANTICA
La, Si, Do, Re, Mi, Fa diesis, Sol diesis, La.
Numero 2. MODERNA
La, Si, Do, Re, Mi, Fa, Sol diesis, La.
Numero 3. PRESSO I PIÙ MODERATI
La, Si, Do, Re, Mi, Fa, Fa diesis, Sol diesis, La.
XXIX. Portando a confronto la scala del Modo minore modificata come al Numero 2, colla scala del Modo maggiore, si troveranno ambedue queste scale eguali nelle loro proporzioni se si eccettua la terza e la sesta, che nel Modo maggiore, sono intervalli maggiori, e nel minore intervalli minori. Egli è per questo che la terza e la sesta lettera della scala si sono dette le Modali (Sezione XXII), perchè distinguono e caratterizzano il Modo, e da esse prende il nome di maggiore, o di minore. Eccone la sua dimostrazione.
SECONDA DEL MODO Modo maggiore Do Re ) Intervallo eguale di un tono. Modo minore La Si ) [-26-] TERZA DEL MODO Modo maggiore Do Mi) terza maggiore Modo minore La Do) terza minore QUARTA DEL MODO Modo maggiore Do Fa) intervallo eguale di quarta Modo minore La Re) minore QUINTA DEL MODO Modo Maggiore Do Sol) intervallo eguale di quinta Modo minore La Mi ) maggiore SESTA DEL MODO Modo maggiore Do La) sesta maggiore Modo minore La Fa) sesta minore SETTIMA DEL MODO Modo maggiore Do Si ) Intervallo eguale Modo minore La Sol diesis) di settima maggiore.
ARTICOLO V.
Del trasporto dei Modi.
XXX. Uno degli artifizii che più spesso si pratica nelle nostre composizioni musicali è quello di cambiare non solo il Modo da maggiore in minore, o viceversa, ma di variare anche il grado del tono trasportando questo, o stabilmente, o provisoriamente sopra gradi talora più acuti, talora più gravi di quello già fissato dal Corista (Sezione XXII.). Questa operazione si eseguisce facilmente e colla massima prontezza per mezzo dei diesis o dei bimolli.
[-27-] XXXI. Ciò che propriamente costituisce l' essenza del Modo è la particolar collocazione dei due semitoni nella scala diatonica (Sezione XXVI). Ora, se invece di Do vogliasi per tonica del Modo maggiore, per esempio il Sol, per far sì che i due semitoni diatonici vadano a cadere fra la terza e la quarta e fra la settima e l' ottava di questa nuova scala incominciante da Sol, sarà indispensabile il portare il Fa un semitono più in acuto, cioè renderlo diesis, e con questo solo mezzo si potranno ottenere proporzioni identiche fra gl' intervalli della scala di queste due differenti toniche. Eccone l' esempio.
[Picchianti, Principj, 1:27; text: 1, DO, 2, RE, 3, MI, 4, FA, 5, SOL, 6, LA, 7, SI, 8, tono, semitono, diesis] [PICPRI 01GF]
Queste due scale sono perfettamente simili per la loro identità di intervalli, nè vi ha altra differenza, che nel partirsi da Sol tutta la scala diventa una quinta maggiore più acuta, o se si vuole, una quarta minore più grave di quella di Do.
XXXII. Se il Modo maggiore si volesse trasportare, per esempio una quarta minore più in acuto, ciò che equivarrebbe ad una quinta più grave del suo grado naturale, allora invece di Do bisognerebbe prender per tonica il Fa, e per accomodare i due semitoni diatonici fra la terza, e la quarta, e fra la settima [-28-] e l' ottava bisognerebbe render più grave di un semitono il Si coll' apporvi il bimolle. Esempio.
[Picchianti, Principj, 1:28; text: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, DO, RE, MI, FA, SOL, LA, SI, bimolle, tono, semitono] [PICPRI 02GF]
XXXIII. Abbiamo già veduto che per trasportare il tono una quinta maggiore più acuto è indispensabile un diesis per formare la sensibile del Modo maggiore. Dunque dalla tonica Sol (ove già abbiamo un diesis) trasportando il tono per quinta, vale a dire prendendo Re per tonica del Modo maggiore, avremo un diesis più che in Sol, ed allora vi saranno necessarii due diesis, come pure in altro egual trasporto partendosi da Re si avrà bisogno di tre diesis, poi di quattro, poi di cinque. . . eccetera diesis. Siccome una progressione di toniche proveniente da successivi trasporti di quinta in quinta maggiore non può produrre che una serie simile di sensibili sopra le quali deve necessariamente cadere il diesis, perciò la serie di toniche Sol, Re, La, Mi, Si, Fa diesis, Do diesis . . . eccetera produce una serie di diesis procedenti di quinta in quinta maggiore, i quali vanno a cadere sopra Fa, Do, Sol, Re, La, Mi Si . . . eccetera. Un ragionamento identico milita per il trasporto del tono di quarta in quarta minore, ove essendovi necessario il bimolle per collocare la quarta del Modo [-29-] maggiore nella sua giusta proporzione, i bimolli procederanno necessariamente di quarta in quarta minore ed anderanno a cadere sopra Si, Mi, La, Re, Sol, Do, Fa ..... eccetera eccetera.
XXXIV. I diversi trasporti del Modo minore non possono cambiare nè l' ordine progressivo dei diesis, che procedono sempre di quinta maggiore incominciando da Fa, nè l' ordine progressivo dei bimolli che stabilmente procedono di quarta in quarta minore incominciando da Si, perchè è il tono che si trasporta, cioè l' intera massa dei suoni disponibili nella musica, la qual massa in due differenti Modi può essere organizzata (Sezione XXV.) Nel trasporto del Modo minore la sola differenza che si incontra ella è, che il diesis è necessario a collocare nel suo giusto intervallo la seconda nota della scala, ed il bimolle a fare altrettanto della sesta.
TRASPORTO
Del Modo minore per quinta.
[Picchianti, Principj, 1:29; text: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, LA, SI, DO, RE, MI, FA, SOL, FA diesis, tono, semitono] [PICPRI 02GF]
[-30-] TRASPORTO
Del Modo minore per quarta.
[Picchianti, Principj, 1:30; text: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, LA, SI, DO, RE, MI, FA, SOL, SI bimolle, tono, semitono] [PICPRI 02GF]
XXXV. Nel pratico esercizio della musica è cosa indispensabile il riconoscere prontamente la tonica ed il Modo in cui è fondata quella tal composizione che si prende ad eseguire. Le osservazioni già fatte di sopra, e sui Modi e sui loro trasporti ci avvertono, che siccome due sono i Modi naturali, cioè il maggiore di Do ed il minore di La, così avremo due Modi per ogni trasporto di tono, vale a dire che sotto un medesimo numero di diesis o di bimolli potrà presentarcisi o un Modo maggiore o un Modo minore. Nel tono naturale la tonica del Modo minore è una terza minore sotto alla tonica del Modo maggiore, dunque anco in tutti i trasporti possibili le due toniche non possono che esser distanti un simile intervallo; perciò, se dato un numero di diesis o di bimolli permanenti si sarà abili a rintracciare qual sia la tonica del Modo maggiore, avremo subito cognizione della tonica del Modo minore suo corrispondente, giacchè sappiamo che questa è collocata una terza minore sotto dell' altra. Supposto [-31-] che il pezzo di musica da eseguirsi presenti tre diesis: questi tre diesis non possono cadere che sopra Fa, Do, Sol, perchè l' ordine dei diesis o dei bimolli non può mai essere alterato (Sezione XXXIV); dunque l' ultimo dei tre diesis, il Sol, sarà la settima della scala del Modo maggiore (Sezione XXXIII,) e per conseguenza un semitono sopra avremo l' ottava del Modo, cioè la tonica istessa, che nel caso attuale è il La: ma la sottoterza minore di La è il Fa diesis, dunque tre diesis possono annunziare anco il minore di Fa diesis; ma il Modo minore abbisogna della sensibile di cui egli è mancante naturalmente (Sezione XXVIII,) e la sensibile è un semitono al disotto della tonica; un semitono al di sotto di Fa diesis vi stà Mi diesis; dunque con tre diesis fissi ed un diesis accidentale al Mi, avremo il Modo minore di Fa diesis, e non il Modo maggiore di La.
Quattro bimolle stabili non potranno essere che Si, Mi, La, Re; l' ultimo bimolle è la quarta del Modo maggiore (Sezione XXXIII,) dunque una quarta sotto l' ultimo bimolle vi ha la tonica del Modo maggiore: ma i bimolli vanno di quarta in quarta, dunque il penultimo bimolle è la tonica ricercata, che nel presente caso sarebbe il La bimolle. Trovato il La bimolle conosceremo subito che il Fa è la tonica del minore suo corrispondente, perchè il Fa è la sottoterza minore di La bimolle, ma questo Fa dovrà essere indicato in qualche maniera dalla sua nota sensibile che è il Mi naturale.
XXXVI. A compimento di quanto si è detto circa il trasporto dei Modi ed all' oggetto di poter riscontrare a colpo d' occhio le sue varie combinazioni si aggiunge il seguente prospetto.
[-32-] [Picchianti, Principj, 1:32; text: PROSPETTO DEI TRASPORTI DEI MODI DI QUINTA IN QUINTA, NUMERO DEI DIESIS, NOMI DEI SUONI SOPRA A CUI CADONO, TONICHE DEL MODO MAGGIORE CHE DETERMINANO, DIESIS ACCIDENTALI CHE POSSONO OCCORRERVI, TONICHE DEL MODO MINORE CHE ESSI PRODUCONO, Niente, 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. FA, DO, SOL, RE, LA, MI, SI, FA diesis, DO diesis, SOL diesis, RE diesis, LA diesis, Mi diesis, SI diesis, FA doppio diesis, DO doppio diesis, SOL doppio diesis, FA diesis, Nota Bene, Seguitando l' istesso ordine di quinta in quinta, dopo i sette diesis si va incontro ad una serie eguale di doppii diesis eccetera.] [PICPRI 03GF]
[-33-] [Picchianti, Principj, 1:33; text: PROSPETTO DEI TRASPORTI DEI MODI DI QUARTA IN QUARTA, NUMERO DEI BIMOLLI, NOMI DEI SUONI SOPRA A CUI CADONO, TONICHE DEL MODO, MAGGIORE CHE DETERMINANO, DIESIS O SEMINATURALI CHE POSSONO OCCORRERVI, TONICHE DEL MODO MINORE CHE ESSI PRODUCONO, Niente, 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. SI, MI, LA, RE, SOL, DO, FA, SI bimolle, MI bimolle, LA bimolle, RE bimolle, SOL bimolle, DO bimolle, SOL diesis, DO diesis, FA diesis, SI naturale, MI naturale, LA naturale, RE naturale, SOL naturale, Nota Bene, Seguitando l' ordine istesso, dopo i sette bimolli si va incontro ad una serie simile di doppi bimolli eccetera.] [PICPRI 04GF]
[-34-] XXXVII. Non si può precisamente fissare il limite del trasporto dei Modi, perchè in teorìa non si può ammettere coincidenza fra i suoni, e siamo costretti a considerare come due scale assai differenti ed opposte, quelle istesse scale modali che sugli strumenti a tasto fisso sono identiche, come sarebbero per esempio, la scala del Modo maggiore di Fa diesis e la scala del Modo maggiore di Sol bimolle; la scala del Modo minore di Re bimolle, e del minore di Do diesis . . . . . eccetera. Dunque teoricamente parlando vi ha un numero indefinito di trasporti per quinta, sia del Modo maggiore che del Modo minore, che produce dopo l' accennata serie dei sette diesis una serie identica di sette doppii diesis, poi un' altra simile di tripli diesis . . . . . eccetera e così in infinito; come parimente nel trasporto medesimi Modi per quarta, incontrasi sempre serie eguali di doppii e tripli bimolle eccetera, senza che mai si possa ricadere sopra una istessa tonica. La pratica fin' ora si è limitata all' uso di quei soli trasporti che non esigono più di cinque diesis, o di cinque bimolle stabili, e piuttosto rare sono quelle composizioni fondate in Modi che abbisognino più di sei o sette diesis, o sei o sette bimolli, i quali presentando maggiori difficoltà nella esecuzione, si trovano più spesso praticati per incidenza, e momentaneamente.
ARTICOLO VI.
Della maniera di scrivere la musica.
XXXVIII. Le lettere divennero insufficienti a scriver la musica, fin da quando si introdusse l' artifizio di riunire in contemporaneità più suoni differenti. Fra i varii tentativi che si fecero per ritrovare una maniera da rappresentare sulla carta i suoni, prevalse quello forse suggerito da alcuni strumenti a corda, come l' Arpa, il Salterio, il Cimbalo . . . eccetera ove una quantità di corde porta in evidenza tutti i suoni del sistema musicale.
[-35-] Un numero di linee parallelle ed orizzontali furono in prima tracciate sulla carta, e ad ogni capolinea a sinistra vi si collocarono quelle lettere, di cui la linea istessa dovea rappresentarne il suono, o la corda. L' estensione musicale di quel tempo si limitava a tre ottave. L' ottava grave si rappresentava con sette lettere majuscole, l' ottava media con lettere minuscole, e l' ottava acuta con lettere minuscole duplicate, le quali distesamente come si è detto, scrivevansi sopra ogni capolinea a sinistra, procedendo dal fondo alla cima della pagina, ed incominciando dal G greco, cioè dal Gamma, che era allora il suono della massima gravità aggiunto a compimento del sistema.
Alcuni punti neri ben distinguibili, posti nelle linee secondo la contingenza del caso, indicavano con una certa chiarezza la successioni e le contemporaneità dei suoni: Vedasi negli esempi, lettera A. Questo esempio dimostra il complesso di quattro diverse voci, o parti che concorrono a formare il concerto musicale di questo piccolo pezzo, ed è ciò che si chiama Partitura. La partitura occupò la metà meno di posto, allorchè si considerò come una corda anco ogn' interlinea, o spazio che separa linea da linea, e che per conseguenza le lettere passarono coll' ordine istesso ad occupare alternativamente linee e spazii.
XXXIX. Quattro o cinque linee della partitura coi suoi respettivi spazii sono sufficienti a contenere l' estensione ordinaria di una Voce; perciò nel dividere la partitura in tutte quelle varie parti assegnate a ciascheduna voce in particolare, si servirono gli antichi di sole quattro o cinque linee, le di cui annesse lettere indicavano precisamente quali fossero i suoni contenuti da questa frazione di partitura. Ora siccome, atteso l' ordine inalterabile e progressivo delle lettere, basta che ci sia cognita la posizione di una di esse, per aver piena cognizione della posizione di [-36-] tutte le altre: così per brevità di scrittura si adottò il metodo di porre una sola lettera in una delle prescelte linee, la qual lettera fu detta la Chiave. Le chiavi furono tre, nè più ne abbisognavano, restringendosi allora, come si è detto, a sole tre ottave tutta l' estensione del sistema. La lettera F fu destinata a servir di chiave per i suoni gravi, cioè per quelli della prima ottava; la lettera c fu la chiave dei suoni medii, e per i suoni acuti (quelli della terza ottava) si destinò a servir di chiave la lettera g. Le chiavi di cui si fa uso nella nostra attual maniera di scrivere la musica sono sempre le medesime tre lettere, le quali nello scorrere di molti secoli hanno più volte variato di figura, e si sono ridotte a quella che vedesi alla lettera B. negli esempi. Parimente i punti che dapprima servirono alla indicazione dei suoni, hanno cambiato di figura nell' acquistare il nome di Note.
XL. La musica da Chiesa, detta Canto fermo, si scrive sopra quattro linee o righe, ma nella musica comune detta musica figurata, si è stabilmente adottato cinque righe, che coi loro respettivi quattro spazii intermedii, compongono ciò che dai pratici comunemente si chiama Posta. La Posta è sufficiente a contenere undici note di grado diverso, cioè cinque nei righi, quattro negli spazii, una inferiormente ed una superiormente alla posta medesima. Vedasi lettera C. negli esempi.
[-37-] XLI. Le chiavi vengono sempre collocate in una delle cinque righe. Quando la chiave di Fa deve determinare i suoni più gravi, ella si pone in quarta riga, e si chiama Chiave di Basso. La quarta riga dunque diviene allora la lettera F; e per conseguenza questa quarta riga porta la nota grave Fa.
Determinata una nota in una riga sarà facile prontamente riconoscere il nome delle note che cadono su tutte e cinque le righe, perchè ogni riga venendo intermediata da uno spazio ove deve entrarvi un' altra nota in ordine progressivo, questa nota intermedia fa sì che fra riga e riga vi ha sempre da percorrere un intervallo di terza. Dunque se la quarta riga è Fa, la quinta riga deve essere La, e se la quarta riga è Fa, la terza riga sarà Re perchè Re è la terza sotto di Fa; e per conseguenza la seconda riga Si, e la prima riga Sol. Dunque nella chiave di basso le note dei cinque righi sono Sol, Si, Re, Fa, La. Conosciute le note dei cinque righi, non vi ha cosa più facile che il venire in cognizione di quelle che cadono negli spazii, i quali per la ragione istessa, non possono contenere che note separate da tanti intervalli di terza. Così se il primo rigo è Sol, atteso l' ordine progressivo, il primo spazio deve portare il La: onde per conseguenza i quattro consecutivi spazii devono necessariamente contenere le quattro note La, Do, Mi, Sol. E siccome le due note al di fuori della Posta, tanto inferiormente che superiormente, stanno in luogo di due spazii, perciò quella al di sotto sarà Fa come terza sotto di La, e quella al di sopra Si terza sopra di Sol. Vedasi lettera D negli esempi.
XLII. la chiave di Fa si pone in terza riga quando abbia a servire ad una voce, la di cui estensione sia di una terza più acuta di quella di Basso. La chiave di Fa in terza riga si chiame Chiave di Baritono, e siccome ella determina F nella terza riga, perciò le cinque righe della Posta conterranno le note Si, Re, Fa, La, Do, e sotto le righe, nei quattro spazii e sopra la Posta vi cadranno le note La, Do, Mi, Sol, Si, Re. Vedasi lettera E negli esempi.
XLIII. La lettera c occupa la quarta riga della Posta, allorchè deve indicare la parte più grave dei suoni [-38-] medii. La chiave di Do in quarta riga si chiama Chiave di Tenore, la quale fa sì che sulle cinque righe si riscontrino le cinque note Re, Fa, La, Do, Mi, e che le sei note Do, Mi, Sol, Si, Re, Fa vadano a cadere sotto la Posta, nei quattro successivi spazii, e superiormente alla posta medesima. Vedi Lettera F negli esempi.
XLIV. La medesima chiave di Do sulla terza linea prende la denominazione di Chiave di Contralto. Le cinque righe nella chiave di Contralto portano per conseguenza le cinque note Fa, la, Do, Mi, Sol; sotto alla posta il Mi: Sol, Si, Re, Fa nei quattro spazii, ed il La superiormente alle righe. Vedi Lettera G negli esempi.
XLV. Collocandosi sulla seconda riga la chiave di Do, le cinque righe porteranno le note La, Do, Mi, Sol, Si, e le sei note Sol, Si, Re, Fa, La, Do andranno a posarsi, la prima sotto la Posta, le quattro seguenti nei successivi quattro spazii, e l' ultima al di sopra della Posta medesima. Questa posizione di c si chiama la Chiave di Mezzo Soprano. Vedi Lettera H negli esempi.
XLVI. Chiave di Soprano vien detta, quando la lettera c è la prima riga, e che per conseguenza le cinque righe portano le note Do, Mi, Sol, Si, Re, al disotto delle righe Si, nei quattro spazii Re, Fa, La, Do, ed il Mi al disopra della Posta. Vedasi lettera I negli esempi.
XLVII. La chiave dei suoni più acuti è la lettera g, che ha attualmente una posizione sempre costante sulla seconda riga, e per conseguenza nei righi vi si riscontrano le cinque note Mi, Sol, Si, Re, Fa,; e le note Re, Fa, La, Do, Mi, Sol occupano il disotto, i quattro spazii, ed il disopra della Posta. Questa chiave si chiama Chiave di Sol, o più volgarmente chiave di Violino. Vedasi lettera L negli esempi. Dalla differente collocazione nella righe delle tre chiavi F, c, g ne resulta dunque sette diverse maniere di leggere le note, perchè fra le sette chiavi, che abbiamo già descritte, non ve ne ha nissuna che ricombini i suoni o sul grado istesso (cioè all' unisono), o all' ottava.
XLVIII. Gli antichi costumavano cambiar di chiave [-39-] allorchè una parte oltrepassava i limiti di quella chiave assegnatale. Per esempio ad un Tenore si assegnava la chiave di Contralto, allorchè egli si estendeva al di sopra del Fa ultima sua nota acuta, e gli si sarebbe sostituito la chiave di Baritono o di Basso, se questa parte di Tenore si estendeva a note più basse del Do sotto la prima riga. I moderni invece di cambiar la chiave usano l' artifizio di aggiungere provvisoriamente delle righe, tanto al di sopra che al disotto della Posta, le quali righe insieme coi loro respettivi spazii servono di sede a tutte quelle note che possono occorrere, non limitandosene il numero. Queste righe provisorie si chiamano Righe finte. Vedasi Lettera M negli esempi.
XLIX. L' uso delle righe finte è uno di quei perfezionamenti che ha molto contribuito ai progressi della musica, perchè col suo mezzo se ne è semplicizzata la lettura, e si è abbandonato in generale l' uso di due Chiavi. Siccome la Chiave di Basso col mezzo delle righe finte può ottimamente servire al Baritono, come con poche righe finte la Chiave di Soprano può servire al Mezzo Soprano, perciò il Baritono ed il Mezzo Soprano sono due chiavi adesso totalmente abbandonate. Si è ancora introdotto l' uso nella musica teatrale si scrivere la parte delle Voci di Contralto in Chiave di Soprano, e gli Oltramontani spingendo più oltre le riforme, hanno tentato di ridurre a due sole le Chiavi, cioè a Chiave di Basso e Chiave di Violino. Questa restrizione però non è stata generalmente abbracciata, perchè le due Voci medie, il Tenore ed il Contralto, non si possono scrivere esattamente nel suo vero posto servendosi della Chiave di Violino, ammeno che non vogliasi renderne più confusa la lettura colle molte e continue righe finte, che vi abbisognerebbero per non commettere l' inesattezza di scriverle un' ottava sopra del suo vero luogo, come si riscontra in alcune partiture stampate fuori d' Italia. In qualunque maniera però, non si potrà mai essere pienamente istruiti nella lettera della musica senza la cognizione del Setticlavio (cioè di tutte e sette le chiave e dei loro rapporti), il quale può facilitar molto lo studio del Solfeggio, ed è poi assolutamente [-40-] indispensabile nella parte meccanica della composizione: Vedasi il Setticlavio alla Lettera N negli esempi.
L. La chiave è il primo segno che si presenta nella Posta: nella musica stampata si costuma di ripeterla ad ogni principio di Posta, ma nella musica manoscritta si pone la chiave solamente al principio del Pezzo. Meno che nel tono naturale, cioè nel Modo maggiore di Do, o nel minore di La, dopo la chiave si pongono quei diesis, o quei bimolli stabili, e necessarii come abbiamo detto (Sezione XXXI. e seguenti) a formare le proporzioni dei Modi, per la di cui collocazione si mantiene l' ordine già assegnato nelle due tavole (Sezione XXXVI). La figura del diesis e del bimolle è indicata alla Lettera O negli esempi, insieme colla figura del doppio diesis e del doppio bimolle, il primo dei quali aumenta più un semitono del diesis ordinario la nota a cui va congiunto, ed il secondo la rende più bassa per due volte un semitono. L' altro segno che vedesi in questo esempio è il biquadro, che si impiega per riportare al suo stato naturale qualunque nota che sia stata antecedentemente alterata, o col diesis, o col bimolle, o col doppio diesis, o col doppio bimolle eccetera. L' impostatura dei diesis e dei bimolli fissi alla chiave vedesi per esteso all Lettera P negli esempi; ed alla Lettera Q si accenna l' uso dei diesis e bimolli accidentali, e l' impiego del biquadro.
ARTICOLO VII.
Della Misura
LI. Misura, Tempo, Battuta, son vocaboli che nel linguaggio familiare della musica si usano come sinonimi. Ma siccome in una lingua qualunque non possono esservi più parole che esprimano identicamente una idea istessa, altrimenti questa lingua non sarebbe una sola, ma un complesso di più lingue; così ciascuno dei tre nominati vocaboli deve avere, ed ha anzi un suo proprio ed assoluto significato, che noi procureremo di spiegare.
[-41-] LII. La Misura è quel senso musicale che nasce dal succedersi suono a suono, o contemporaneità di suoni a contemporaneità di suoni. La parole Tempo è propria ad esprimere i diversi metri, e le respettive relazioni di velocità di successione delle misure. La Battuta è un mezzo meccanico per misurare geometricamente le quantità successive del tempo.
LIII. Un solo suono isolato non può formare un senso deciso, nè darci niuna distinta idea, perchè la nostra mente guidata dall' orecchio non può instituire un giudizio di confronto: dunque a comporre una misura si rendono necessarii più suoni consecutivi, e tali suoni diconsi i membri della misura. Il numero dei membri della misura non può essere che pari o dispari: due membri, uno antecedente e l' altro conseguente compongono una misura pari, come due antecedenti ed un conseguente, oppure un solo conseguente e due antecedenti formano una misura di tre membri, vale a dire una misura dispari. Siccome una misura di quattro membri, strettamente considerata non è che la riunione di due misure di due membri; come pure cinque membri non possono essere che il complesso di due misure, una di tre, l' altra di due membri; così sei membri due misure di tre membri eccetera eccetera può conchiudersi adunque che non vi sono in musica altro che due specie di misura, cioè una di due membri, l' altra di tre membri. Ogni misura per il nostro spirito è un accento, o un vocabolo musicale i di cui membri ne sono le sillabe.
[-42-] ARTICOLO VIII.
Del Tempo
LIV. I membri di una misura possono essere eguali o diseguali in lunghezza di tempo, come parimente le misure che succedonsi possono essere o più tarde, o più veloci. Queste differenti velocità dei suoni vengono presentate all' occhio per mezzo delle differenti figure che sono state assegnate alle note, cioè
1. Allorchè la Nota ha la figura di un semplice circolo, ella esprime una durata di tempo che si valuta per l' unità di misura, cioè per il numero uno. Questa figura si chiama Semibreve.
2. Un circolo con una coda o gamba esprime la metà di uno, cioe un mezzo, e la sua figura si chiama Minima.
3. Un grosso punto colla coda ha il valore della quarta parte di uno, cioè di un quarto, e la sua figura si chiama Semiminima.
4. Una figura simile all' antecedente, ma la di cui coda termini con una lineetta rivoltata, indica la durata del suono per una ottava parte del numero uno, cioè un ottavo. Tal figura dicesi Croma.
5. Ancora con figura simile, ma con due lineette rivoltate nella cima della coda, si rappresenta un suono di durata un sedicesimo dell' unità, e si chiama Semicroma.
6. Biscroma vien detta quella figura di nota, il di cui punto colla coda va a terminarsi con tre lineette rivoltate, ed ha il valore di un trentaduesimo.
7. La sessantaquattresima parte dell' unità, cioè un sessantaquattresimo viene indicato da una figura simile all' antecedente, ma che porta quattro lineette trasversali alla sua coda. Questa figura si chiama Semibiscroma, o Fusèa. Così proseguendo, cinque lineette [-43-] trasversali alla coda indicherebbero una doppia velocità di quella stabilita da quattro, cioè porterebbe la nota al valore di un 1/128, ed un aumento in proporzioni eguali di velocità se ne potrebbe relativamente ottenere con sei, sette . . . eccetera lineette. Da quanto si è esposto si può rilevare, che i valori relativi di ciascheduna figura assegnata alle Note presentano nel loro ordine una progressione decrescente in ragione dupla, cioè
1/1, 1/2, 1/4, 1/8, 1/16, 1/32, 1/64, 1/128. Vedasi Lettera R negli esempi.
LV. Se poi vogliasi determinare il numero delle note, che in ciascheduna delle loro diverse figure venga ad eguagliare l' intiera unità; nell' ordine medesimo della figure si rinverrà una progressione crescente in ragion dupla, cioè
1:2:4:8:16:32:64:128. . . . eccetera. Vedasi Lettera S. Numero 1 negli esempi.
LVI. Allorchè si combinano insieme più crome, o semicrome, o biscrome . . . . eccetera per facilitarne la lettura, le loro respettive lineette trasversali della coda vanno a riunirsi ed a formare tante grosse linee, per mezzo delle quali tutte quelle note di uno stesso valore restano insieme congiunte. Si avverta di più, che [-44-] una nota non soffre la minima alterazione dall' essere la sua coda piuttosto rivoltata al di sopra che al disotto della Posta.
LVII. Un punto dopo la nota indica un aumento di valore della nota medesima, corrispondente alla precisa metà del valore assegnato alla sua propria figura; perciò
La Minima che vale 1/2 col punto vale 1/2 più 1/4, eguale a 3/4
La semiminima che vale 1/4, col punto vale 1/4 più 1/8, eguale a 3/8.
La Croma che vale 1/8, col punto vale 1/8 più 1/16, eguale a 3/16.
La semicroma che vale 1/16, col punto vale 1/16 più 1/32, eguale a 3/32.
La Biscroma che vale 1/32, col punto vale 1/32 più 1/64, eguale a 3/64.
La Semibiscroma che vale 1/64, col punto vale 1/64 più 1/128, eguale a 3/128. Se poi una nota è seguita da due punti, il secondo punto indica un aumento di valore eguale alla metà di quel valore, che la nota medesima avea già ricevuto dal primo punto. Così il primo punto vale la metà della nota: il secondo punto la metà del primo punto: il terzo punto la metà del secondo . . . . eccetera.
Dunque, per esempio, la Minima con due punti varrà 1/2, più 1/4, più 1/8, eguale a 7/8.
La semiminima con tre punti varrà 1/4, più 1/8, più 1/16, più 1/32, eguale a 15/32. Vedasi lettera T negli esempi.
LVIII. Siccome il discorso musicale ha i suoi riposi, le sue divisioni, le sue reticenze, perciò egli abbisogna di silenzii più o meno lunghi, e questi vengono indicati da altrettanti segni quante sono le figure delle note. Una corta lineetta orizzontale situata sulla parte inferiore di una delle righe della Posta, indica un silenzio della lunghezza di una Semibreve, cioè di 1. Una lineetta simile, ma collocata sulla parte superiore di una riga significa un silenzio corrispondente al valore di una Semiminima, cioè 1/2. Allorchè la piccola linea abbia sulla sinistra una codetta all' ingiù, essa esprime il silenzio di 1/4. L' istessa linea colla codetta simile, ma sulla sua parte [-45-] destra, vale per il silenzio di 1/8. Due lineette orizzontali colla coda a destra significano il silenzio di 1/16: Così 1/32 di silenzio si esprime con tre lineette simili ed una coda a destra, e con quattro, cinque . . . . . eccetera lineette colla coda simile si possono esprimere silenzi di 1/64, 1/128 . . . eccetera. Vedasi lettera U negli esempi.
Il valore dei silenzii può ricevere aumento dai punti, i quali vengono apposti con metodo eguale, tanto alle note che alle figure dei silenzii. Vedasi Lettera V negli esempi.
LIX. In qualunque pezzo di Musica vi ha un metro regolatore della misura, il quale domina per tutto il corso della composizione medesima, oppure fino a tanto che non piaccia al Compositore di sostituirvene un altro. Questo metro (cioè ordine o misura della misura) viene indicato con alcuni segni, o con alcuni cifre numeriche che si pongono stabilmente alla chiave, cioè
1. Tempo alla breve, o Tempo a cappella
Il segno che indica questo metro è un gran C tagliato verticalmente da una linea. Tal metro viene regolato sulla misura a due membri, ognuno del valore di una Minima, cosicchè la misura intiera equivale ad una Semibreve Vedasi Lettera X negli esempi.
2. Tempo di Dupla
Le cifre 2/4 servono ad indicare questo metro. La cifra superiore esprime il numero dei tempi o membri di questa misura, e l' inferiore il valore di ciascun tempo. La dupla dunque è fondata sulla misura a due tempi del valore di 1/4 l' uno, espressi per conseguenza da una Semiminima. Vedasi Lettera Y negli esempi.
[-46-] 3. Tempo di Tripla
La tripla è un metro di tre membri, che trovansi indicati dalle cifre 3/4, o 3/8. Tali cifre indicano tre tempi del valore di una Semiminima nel primo caso, e di una croma nel secondo. Vedasi lettera Z negli esempi.
4. Tempo ordinario
Il tempo ordinario viene indicato da un gran C. Questo metro trovasi composto di quattro membri del valore di un quarto l' uno, equivalenti ad una Semiminima per ogni tempo, e componenti nel totale il valore di una Semibreve per ogni misura. Vedasi Lettera A2 negli esempi.
Metri composti
Si dicono metri composti tutti quelli i di cui membri per sè stessi ed indipendentemente sono tante piccole misure di tre membri, cioè
5. Sestupla
6/8 Misura a due tempi, in ciascuno dei quali si ravvisa una misura di 3/8.
6/4 Misura a due tempi composta di due misure di 3/4 Vedasi Lettera B2 negli esempi.
6. Nonupla
9/4 Misura a tre tempi, composta di tre Misure di 3/4.
9/8 misura a tre tempi, composta di tre misure di 3/8 l' una. Vedasi C2 negli esempi.
[-47-] 7. Dodecupla
12/8 Misura a quattro tempi composta di quattro misure di 3/8 l' una. Vedasi Lettera D2 negli esempi.
LX. Nello scriver la musica si separano le misure con tante lineette verticali, che si estendono per tutta l' altezza della Posta. Queste linee di divisione rendono più chiara e più sicura la lettura della musica, e si chiamano Stanghette. Vedasi Lettera E2 negli esempi.
LXI. La quantità di tempo che serviva d' unità di confronto, per misurare la respettiva velocità assegnata a ciascuna figura della note, era presso gli antichi una battuta di polso, vale a dire un minuto secondo, e questa unità di tempo veniva espressa dalla Semibreve, la quale, come si è detto (Sezione LIV.), tra le figure delle note ella rappresenta il numero uno. Su questa lunghezza di tempo si regolavano i diversi metri di sopra accennati, onde per conseguenza una misura di Dupla 2/4, non doveva occupare maggiore spazio di tempo di due quarte parti di secondo, eguali ad un mezzo secondo: una misura per esempio di nonupla 9/4 doveva durare per nove quarte parti di secondo, cioè la durata di una misura 9/4 doveva estendersi a due secondi e un quarto, mentre una misura di egual metro si limitava alla durata di uno e un ottavo, allorchè si segnava 9/8 . . . eccetera eccetera. I moderni non seguono un tal metodo per la valutazione del tempo, e spesso occorre attualmente doversi eseguire con maggior celerità, per esempio, un pezzo scritto in tempo a cappella di un altro scritto in 2/4, come pure un tempo in 3/8 si riduce alle volte anco al doppio più di lentezza di un tempo in 3/4. Le diverse velocità di movimento della misura si indicano adesso [-48-] con i seguenti vocaboli apposti alla testa del pezzo, cioè
1. MOVIMENTI LENTI MOVIMENTI CELERI Grave Moderato Largo Allegretto Adagio Allegro MENO LENTI PIÙ CELERI Larghetto Vivace Andante Presto Andantino Prestissimo
Qualche volta il compositore per rendere più noto lo spirito ed il carattere della sua composizione, aggiunge alla parola che ne indica il movimento un epiteto, come per esempio, Cantabile, Affettuoso, Marziale, Devoto . . . . eccetera. Tutte queste indicazioni, senza nuocere all' arbitrario del gusto, servono a ristringere, l' esecutore in certi limiti, eccedendo i quali, quel tale pezzo perderebbe tutto il suo effetto.
LXII. Per indicare con maggior precisione i tempi della misura si va adesso propagando l' uso di una macchinetta chiamata Metronomo. Consiste questa in un piccolo pendulo lungo otto centimetri, che riceve movimento da una ruota dentata e trattenuta da una ancora, che ne lascia scorrere un dente per ogni oscillazione del pendulo. Questo dente nel battere e puntellarsi sull' ancora fa sentire un colpo abbastanza forte da poter servire di regola alla misura del tempo. Il pendulo è caricato da un peso mobile che può scorrerne tutta la sua lunghezza, la quale è divisa da tante linee indicanti il posto che deve occupare la parte superiore dello scorsoio medesimo, acciocchè il pendulo faccia in un minuto quel tal numero di oscillazioni, che trovasi scritto sulla linea medesima. Così volendo che il pendulo dia, per esempio, 56. colpi in un minuto, la parte superiore dello scorsoio si [-49-] pone alla linea segnata Numero 56, e si abbasserebbe alla linea. 116, o 120, allorchè si volessero 116 o 120 colpi in un minuto. Il signor Maelzel fu l' inventore di questa macchinetta, perciò allorchè un Compositore di musica si vale di questo mezzo per indicare il movimento della sua composizione, scrive alla testa del medesimo--Metronomo di Maelzel, e vi pone una figura di una nota, ed il numero ove deve collocarsi lo scorsoio. Tanto basta per indicare, che il valore di quella tal nota deve estendersi a tanto, da occupare precisamente tutto il tempo che passa da una ad una altra oscillazione del pendulo; e questa nota regolando i valori respettivi di tutte le altre, determina in una maniera positiva il grado di velocità di tutto il pezzo. Per esempio una Minima e la cifra 56, determina il valore della Minima eguale alla cinquantaseiesima parte di un minuto, e tutti i colpi del pendulo marcheranno il valore e l' andamento di tante Semiminime, dalle quali prendendo norma per regolare i relativi valori di tutte le altre note si verrà a desumere la velocità di esecuzione di quel tal Pezzo. Le oscillazioni del pendulo non si prolungano per tutto il corso della esecuzione del Pezzo medesimo perchè l' Artista troverebbesi troppo legato alla regolarità del movimento, la quale potrebbe raffreddare il suo genio, e nuocer così alla necessaria espressione; perciò si ascolta il Metronomo finchè non sia stata ben compresa la volontà dell' Autore, e poi si fa tacere.
ARTICOLO IX.
Della Battuta
LXIII. Per mezzo di colpi, che si battono regolarmente, o colla mano o col piede, ad eguali intervalli di tempo ad imitazione dei penduli, si perviene a misurare [-50-] con precisione la lunghezza del tempo, e così tutte le misure simili vengono rese eguali in durata. Siccome l' azione del battere non potrebbesi eseguire senza un preventivo innalzamento, sia della mano o del piede, perciò un colpo di battuta si suddivide in due tempi di egual lunghezza, uno in levare, l' altro in battere. Su questi medesimi tempi poi si combinano i membri della misura, cioè l' antecedente sul levare, che è detto tempo in aria, o tempo debole, ed il conseguente sul battere, che si dice tempo forte, o tempo in terra.
LXIV. la battuta si eseguisce in varie maniere secondo i diversi metri di già indicati (Sezione LIX), cioè
TUTTE LE MISURE A DUE TEMPI SI BATTONO CON DUE COLPI: Il primo tempo che si presenta dopo ogni stanghetta si batte in terra, il secondo si batte in aria.
TUTTE LE TRIPLE SI BATTONO IN TRE TEMPI: i primi due dopo ogni stanghetta si battono in terra, e l' ultimo in aria.
NELLE MISURE A QUATTRO TEMPI, SI BATTONO IN TERRA I PRIMI DUE DOPO OGNI STANGHETTA, ED I SECONDI DUE TEMPI SI BATTONO IN ARIA. Che poi il valore dei tempi della battuta sia piuttosto di una minima, o di una semiminima, o di una croma . . . . eccetera niente influisce sul grado di velocità dei colpi della battuta, giacchè questo, come sappiamo viene indicato [-51-] approssimativamente dai Vocaboli, Adagio, Andante, Allegro . . . eccetera (Sezione LXI), o con più esattezza dal Metronomo (Seziono LXII).
LXV. Allorchè si è stabilito il movimento della battuta, l' esecutore trovasi impegnato a mantenerlo eguale più esattamente che può fino al termine del Pezzo. Se poi tal movimento in qualche punto debba andar soggetto a modificazioni, è obbligo del compositore di avvertirlo colle parole, ritardando, accelerando, più lento, più mosso . . . . . eccetera.
LXVI. Una delle cose più difficili nei primi esercizii della musica è il suddividere mentalmente i tempi della battuta in frazioni di tempo eguali, secondo che lo richiedano le diverse figure delle note che possono incontrarsi fralle due stanghette, che indicano il principio e la fine della battuta medesima. Sappiamo per esempio, che una battuta di Dupla non può contenere più di una misura 2/4, ma invece di questa possono trovarvisi sostituite le sue equivalenti due misure 2/8, o quattro misure 2/16, o otto misure 2/32, o sedici misure 2/64 . . . . eccetera od anco una differente mistione di tutte queste specie di misure, il di cui complesso equivalga ad una misura di 2/4. Una misura di tre membri talvolta stà in luogo di una di due membri, come nel caso sopraccennato in luogo di due misure 2/8, potrebbero incontrarsi due misure 3/8, o 3/16, 3/32, 3/64 . . . . eccetera invece di 2/16, 2/32, 2/64 . . . . . eccetera. Tali casi però si riguardano come eccezioni, e vengono perlopiù indicati con opportune cifre numeriche apposte sopra o sotto quel tal gruppo di note, sopra le quali cade una tale eccezione; perciò la cifra 3 indica che tre note devono occupare tanto spazio di tempo quanto ne occuperebbero due del valore istesso; 5, l' istesso tempo che quattro; 6, l' istesso tempo che quattro; 7, l' istesso tempo che sei; 9, l' istesso tempo che otto . . . . . . eccetera. Tali eccezioni si chiamano tempi alterati. Vedasi F2 negli esempi. Vi ha ancora il caso opposto, cioè che i membri della misura trovinsi assai più lunghi dei tempi della battuta, così più battute possono talvolta contenere un solo membro di una misura. Le note del valore di una battuta, che in tal caso bisogna impiegare, [-52-] vengono riunite in una sola mediante una linea curva che chiamasi Legatura. Vedasi Lettera G2 negli esempi. Talvolta i membri della misura non procedono uniti coi tempi della battuta, ed allora il tempo della battuta cade ordinariamente sulla metà dei membri della misura invece di cadere sul loro principio, e viceversa. Questo andamento contro moto si chiama Sincope. Vedasi Lettera H2 negli esempi.
LXVII. Sarebbe cosa molto laboriosa il discendere a contemplare l' infinito numero di casi in cui misure differenti vengono regolate da un egual movimento di battuta, per rapporto ai loro relativi valori di velocità, espressi dalle diverse figure delle note. Perciò limitandoci a darne una semplice idea generale, riportiamo un frammento di un Solfeggio di Leonardo Leo, Vedasi Lettera I2 negli esempi, sul quale può aver luogo la seguente analisi.
Le due Poste su cui è scritto questo Solfeggio contengono, una la parte del canto, l' altra l' accompagnamento del Basso; perciò la Posta superiore porta la chiave di Soprano, e l' inferiore la chiave di Basso. Il diesis al Fa che comparisce in ciascheduna Posta dopo la respettiva chiave indica, che il Modo in cui è composto il presente Solfeggio può essere, o il maggiore di Sol, o il minore di Mi: ma siccome il Re prima note che qui apparisce nel Soprano, non è munita del diesis accidentale, perciò prontamente si viene in cognizione che questo pezzo è fondato nel modo maggiore di Sol (Sezione XXXVI). Il movimento poi è lento assai, deducendosi ciò non tanto dalle parole Largo cantabile che vi sono apposte, quanto dalle biscrome che in varii punti si incontrano, giacchè il tempo sufficiente per farle entrare in battuta mancherebbe, se questa fosse di un movimento veloce. La misura è in tempo ordinario (Sezione LIX).
AB. In questa prima battuta il Soprano deve prolungare per tutta la lunghezza dei primi due tempi la Minima Re: il terzo tempo deve essere occupato dalla Semiminima Sol, ed il quarto va diviso mentalmente in due parti, cioè in 2/8, per passarne in silenzio il primo ottavo, e per farne occupare il secondo [-53-] dalla Croma Re. Per la parte del basso si è obbligati a dividere ogni tempo in 2/8 per poter tacere il primo ottavo del primo e terzo tempo, e per fare scorrere con eguaglianza di moto le sei Crome che cadono su tutte le ottave parti della battuta medesima.
BC. Il Soprano è costretto in questa battuta a dividere il primo tempo in 8/32 per far valere 1/32 ognuna delle quattro prime Biscrome, valutando poi 2/32 l' una, le rimanenti due Semicrome. Il secondo e terzo tempo non abbisognano di suddivisione, perchè sono occupati da note dell' intiero valore di un tempo: solamente l' ultimo dei quattro tempi va suddiviso in 2/8 all' oggetto di tacerne giustamente 1/8, e farne occupare l' altro ottavo dalla Croma Sol. Il Basso è obbligato a dividere tutti i tempi in 2/8, meno che l' ultimo, per regolare l' uniformità del moto delle Crome.
CD. Il Soprano sostiene la Minima Mi per tutta la lunghezza dei primi due tempi di questa battuta, mentre il Basso è obbligato a suddividere questi medesimi due tempi in 4/8 per tacerne giustamente 1/8 e far cadere le tre seguenti Crome sui rimanenti 3/8. La seconda metà della battuta va suddivisa parimente in 4/8 acciocchè il Basso eseguisca con giustezza le quattro Crome ad esso assegnate, mentre il Soprano suddividendo ancora in tre parti eguali il primo di questi ottavi, all' oggetto di farvi entrare per eccezione tre Semicrome invece di due (Sezione LXVI), sostenga poi per il corso dei rimanenti 3/8 il Re Semiminima col punto. La battuta DE, presenta un caso identico.
EF. Divisi mentalmente per metà i primi due tempi di questa battuta, e ridotti così a 4/8, trovasi necessitato il Soprano a suddividere ogni ottavo in tre parti eguali, acciocchè le tre Semicrome che per eccezione devono entrare in ciascuno ottavo sieno eguali in lunghezza. Il terzo tempo poi va dal medesimo Soprano suddiviso in 8/32 affine di valutare 3/32 la prima Semiminima col punto, 1/32 il Mi Biscroma, e 4/32 l' ultima Croma. Il quarto tempo deve dividerin 2/8 per tacerne il primo, e farne occupare il secondo dalla Croma Re. Senza estendersi maggiormente [-54-] in sì minuti dettagli, dal fin qui esposto si potrà rilevare: che i tempi della misura devono sempre mentalmente suddividersi per la nota del minimo valore contenuta nel tempo medesimo. Così guidati da questo principio, si potrà facilmente effettuare tutte le suddivisioni possibili, non restando poi che alla pratica il porle esattamente in esecuzione.
Questa battuta DE presenta ancora l' uso del diesis accidentale sulla seconda nota del primo tempo, che viene poi resecato dal biquadro applicato alla nota medesima allorchè è l' ultima del secondo tempo. Questo biquadro è qui indispensabile perchè è regola generale, che I DIESIS, BIMOLLI, BIQUADRI E TUTTI GLI ALTRI SEGNI ALTERATIVI POSTI ACCIDENTALMENTE, VAGLIONO PER TUTTA L' INTIERA BATTUTA: sicchè se non vi fosse il biquadro, anche questo secondo Sol dovrebbe qui eseguirsi diesis, come segue nella battuta GH della nota Do, la quale avendo ricevuto il diesis accidentale nel principio del secondo tempo, deve eseguirsi diesis anche quando l' istesso Do comparisce seconda nota del terzo tempo.
LXVIII. L' assegnar giustamente ad ogni nota il suo relativo valore è opera più difficile quanto più il movimento della battuta è lento, e quanto maggiore è il numero delle note che devono esser comprese in ciaschedun tempo della battuta. In simili casi per facilitare e render più precisa l' esecuzione della musica, si costuma di moltiplicare i colpi della battuta. Così per esempio un Adagio in dupla 2/4 può battersi in quattro tempi come il tempo ordinario, ben inteso però che la velocità di questi quattro tempi eguagli nel suo totale la velocità assegnata ai primitivi due tempi Adagio; vale a dire, tanto tempo si deve impiegare in battere quattro colpi, quanto se ne dovrebbe impiegare battendone soli due. Parimente in casi simili, di ogni battuta di tempo ordinario se ne possono formar due: In una tripla, per esempio 3/4, può suddividersi ciascuna battuta in tre battute 2/8: due battute 3/8 possono equivalere ai due tempi di una battuta di sestupla 6/8, come tre battute 3/8 possono comporre una sola battuta di nonupla 9/8, e quattro battute 3/8 possono indicare i giusti quattro tempi di una dodecupla 12/8 eccetera. [-55-] All' opposto poi se i movimenti della battuta siano celerissimi, come nei Presto Prestissimo eccetera il voler marcare tutti i tempi della battuta diventerebbe cosa incomodissima, e qualche volta anco ineseguibile; perciò in tali casi due soli colpi, uno in terra l' altro in aria, bastano per misurare una battuta di tempo ordinario, ed un solo colpo in terra è sufficiente mezzo di misura per una battuta di dupla 2/4, o di tripla 3/4, o 3/8. eccetera.
ARTICOLO X.
Dei caratteri, vocaboli, ed altri segni che si impiegano per scrivere la musica.
LXIX. Abbiamo già fatto conoscere i principali segni adottati per scrivere la musica. Nel formare adesso di tali segni un elenco, vi aggiungeremo tutti quegli altri dei quali finora non ci è occorso parlare.
1. Posta (Sezione XL)
2. Chiavi (Sezioni XXXIX, XLI e seguenti)
3. Note, e loro diverse figure (Sezione LIV e seguenti)
4. Pause o silenzii (Sezione LVIII).
5. Segni delle diverse Misure, o Metri (Sezione LIX)
6. Vocaboli che indicano i movimenti della misura (Sezione LXI) Segni di indicazione del Metronomo (Sezione LXII).
7. Legatura (Sezione LXVI). La legatura serve ancora a collegare più intimamente varie note di grado differente, ed a formar di esse un solo tutto. Egli è per questo che due o più note legate si eseguiscono con un sol colpo di gola nel canto; con un sol colpo di lingua negli Strumenti a fiato; con un sol colpo d' arco nel Violino . . . eccetera. Come si trovino scritte tali legature si può vedere alla lettera L2 negli esempi.
8. Picchettatura. La picchettatura è l' opposto della legatura. Le note picchettate, nel canto si battono con tanti colpi di gola; con tanti colpi d' arco nel Violino, e con tanti colpi di lingua negli Strumenti a fiato. La picchettatura si indica con una breve lineetta [-56-] perpendicolare sopra la nota, oppure con un semplice punto sopra la nota. Vedasi Lettera M2 negli esempi.
9. Appoggiatura. Le appoggiature sono alcune note soprannumerarie aggiunte per ornamento del canto, alle quali non viene attribuito niun valore determinato in quanto alla loro durata, ma devono sempre entrare nella battuta a scapito di tempo delle note essenziali alla misura. Si scrivono le appoggiature con note assai più piccole delle ordinarie, e si legano colla nota che ad esse ne segue. Vedasi lettera N.2 negli esempi.
10. Gruppetto. Una doppia, tripla, quadrupla eccetera appoggiatura, forma ciò che si chiama gruppetto, al quale non si assegna valore di tempo determinato in quanto alla battuta, e si scrive coi soliti piccoli caratteri delle appoggiature. Vedasi Lettera O2 numero 1 negli esempi. La scelta della specie del gruppetto viene rilasciata qualche volta al gusto dell' esecutore, ed allora non si scrive colle solite notine, ma si indica col segno che vedesi all' istessa lettera O2 Numero 2 negli esempi.
11. Trillo. Due note prossime, come per esempio Do, Re, o Re, Mi . . . eccetera che non rapidità si succedano alternativamente, formano una tal quale ondulazione di suono, che chiamasi trillo. Si scrive il trillo con una sola nota, che è sempre la più bassa delle due colle quali deve formarsi il trillo, e sopra questa nota vi si scrive tr... Vedasi Lettera P2 negli esempi.
12. Mordente. Si chiama mordente un breve trillo, in cui i due suoni si succedono in maniera opposta del trillo. Come si segni il Mordente vedesi alla Lettera Q2 negli esempi.
13. Tremolo. Nasce il tremolo dal ripercuotere velocemente per qualche tempo un suono istesso. Vedasene l' esempio ed il segno alla Lettera R2 negli esempi.
14. Corona. Un semicerchio con un punto in mezzo, situato sopra una nota o sopra una pausa, indica interruzione e general sospensione del movimento della battuta, e per conseguenza un silenzio per un tempo indeterminato. L' esecuzione della musica ne vien poscia ripresa. Vedasi Lettera S2 negli esempi.
[-57-] 15. A piacere--ad libitum. Tali vocaboli vengono indistintamente impiegati in quei punti, in cui il compositore affida l' effetto della sua produzione alla capacità, ed al genio dell' esecutore.
16. Per indicare quei diversi gradi di forza, che successivamente devono impiegarsi per ottenere, il desiderato effetto da qualunque pezzo di musica, si usano i seguenti vocaboli.
O PER ABBREVIAZIONE pianissimo " p.mo o pp. piano " pia, o p. smorzando " smorz. diminuendo " dimin. crescendo " cresc. crescendo poco a poco " cresc. poco a poco mezzo forte " mez f, o mf poco forte " pf forte " for, o f fortissimo " fmo, o ff sforzato " sforz., o fz
Allorchè devesi gradatamente ed insensibilmente aumentare o diminuire la forza, si impiegano i due segni indicati alla Lettera T2 negli esempi.
17. Ritornello. Due grosse stanghette perpendicolari con due punti da ambedue i lati, formano il segno chiamato Ritornello, che indica doversi riprender da capo tutto il pezzo, ovvero quella parte che trovasi rinchiusa fra due Ritornelli. Allorchè le due stanghette hanno i punti da un solo lato, la ripetizione deve [-58-] aver luogo da quel lato solamente, e non da ambedue i lati del Ritornello. Vedasi Lettera U2 negli esempi.
18. Richiamo. Con questo segno si indica la ripetizione di qualchè porzione di già eseguita del pezzo medesimo. I segni di richiamo sono quasi arbitrarii, pure ne indicheremo alcune figure più comuni. Vedasi Lettera V2 negli esempi.
19. Doppia stanghetta. La doppia stanghetta indica una divisione assoluta fra quel che precede e ciò che ne segue. Essa viene impiegata nel decorso di un pezzo, allorchè si varia la misura, o il Modo, o si vuol differenziare evidentemente le diverse parti componenti un medesimo pezzo di musica, come nelle Quadriglie . . eccetera. Vedasi Lettera X2 negli esempi.
20. Abbreviazione. La maniera di rappresentar più note per mezzo di una nota sola, forma un abbreviazione di scrittura talora assai comoda nella musica strumentale. Si usano dai copisti, e dagli stampatori di musica varie maniere di abbreviazione. Le più comuni si riportano alla Lettera Y2 dal Numero 1 al Numero 10. negli esempi.
I lunghi silenzi vengono rappresentati per abbreviazione da alcuni segni indicati all' istessa lettera V2 Numero 11. Qualunque sia il metro, la piccola lineetta orizzontale sulla parte inferiore di una riga delle Posta indica un intera battuta di silenzio. Una lineetta verticale che si limita a sole due righe della Posta determina un silenzio di due battute, e se la linea istessa si estende a tre righe, essa vale per quattro battute di silenzio. Con questi tre segni si può esprimere un numero qualunque di battute di silenzio, che ordinariamente viene anco più presto specificato dalle cifre numeriche che al di sopra vi si aggiungono. Se poi il numero delle battute di silenzio è grande, esso viene allora rappresentato da una sola grossa linea che percorre per un certo tratto una delle righe della Posta. Un tal segno però non ha valore determinato, ed è per questo che egli abbisogna sempre di una cifra numerica che determini il numero delle battute di silenzio per cui si fà valere nei respettivi casi.
Per abbreviazione si costuma ancora scrivere un ottava sotto quelle Melodie che percorrono i suoni acutissimi, [-59-] per rappresentare i quali, le note dovrebbero munirsi di una quantità di righe finte. La cifra 8 . . . serve ad indicare il principio di questa abbreviazione, e la parola loco la sua fine. Vedasi la Lettera Y2 Numero 12. negli esempi.
22. Fine. Il segno che indica la fine di un Pezzo di musica, è una linea tratteggiata, come vedesi alla Lettera Z2 negli esempi.
[-61-] PARTE SECONDA
ARTICOLO PRIMO
Considerazioni generali sulla musica. Sua utilità. Suoi studii preliminari.
LXX. La musica è naturale all' uomo, come gli è naturale il linguaggio. Per semplice istinto ei può muoversi al canto, senza incomodo, e senza studio: ond' è che il Selvaggio Americano cantava le sue particolari canzoni, vale a dire aveva di già una musica, avanti che un raggio di primo incivilimento penetrasse nella sua tribù, e gli additasse leggi, religione ed arti. Avendo l' uomo ricevuto dalla natura la facoltà del canto: la musica non tende ad altro, che a renderlo più perfetto, a sostenerlo, o ad imitarlo con varii strumenti, per mezzo dell' Arte.
LXXI. Come ogni altra facoltà umana, la musica è costretta a seguir l' uomo in tutte le fasi del suo incivilimento. Egli è per questo, che considerata puramente come arte, può essere ella tenuta ora in maggiore ora in minor pregio, secondo quella particolare applicazione, che l' uso del tempo comporta che della musica facciasi, alle passioni ed ai relativi bisogni della vita: giacchè in ogni epoca, l' utile pubblico o il privato, è sempre la quantità di confronto con cui si determina il valore di un arte, o di una scienza qualunque.
LXXII. Al massimo grado di pubblica estimazione [-62-] pervenne la musica presso gli antichi Orientali, perchè i savii correggitori di quei popoli riconoscendone la forza, seppero favorevolmente applicare quest' arte ai bisogni di quel tempo, in cui gli uomini riconobbero esser loro utile il disfarsi dei rozzi costumi di una vita silvestre, onde potere concordemente unirsi in comun fratellanza. Fu la musica che strinse i primi nodi sociali, e fù la musica unita alla poesìa che servì di veicolo a tutte quelle istituzioni civili, religiose, politiche, e morali. Le qualità insigni di legislatore, di pontefice, di filosofo, di poeta, tutte comprendevansi in quella età nel solo titolo di musico, e da Jubal fino a Davidde e a Salomone, noi troviamo che la musica presso gli Ebrei fu sempre dignitosamente esercitata dai patriarchi, dai profeti, dai sacerdoti, dai comandanti dei loro eserciti, e dai re.
Le primitive leggi Greche furono scritte in versi, e dai legislatori medesimi cantate al popolo: nè questa Nazione tanto illustre conta filosofo, guerriero, o uomo di stato, che non fosse peritissimo nell' arte musicale, e che di questa non si valesse per inspirar nel popolo sentimenti di morale, di religione, e di virtù. Fù allora che la musica formando obietto di più sollecita attenzione, e di pubblico rispetto, divenne la parte la più essenziale della civile educazione.
LXXIII. Poca cura dieronsi i Romani di coltivar quest' arte, e per conseguenza non ne poterono ritrarre vantaggi sì luminosi. Dimodochè allorquando la musica dei Greci si introdusse in Roma, elle era già di tal carattere e di tal perfezione, da non potere adattarsi a costumi così diversi, ed a gradi tanto minori di civilismo. Per tali cause, ed anco per la forza dei pregiudizii nazionali, la musica greca trapiantata in Italia, perse appoco appoco di attività e di credito, e giunse quasi ad essere obliata nella barbara ignoranza del medio evo, finchè lentamente risorgendo, può dirsi adesso giunta ad eminente grado [-63-] di perfezione, ma in senso opposto: perchè, come sembra credibile, quest' arte influiva sul carattere dei costumi presso gli antichi, mentre ora fra di noi è il costume che influisce sul carattere della musica.
Tale stato di passività è forse l' unica cagione, per cui generalmente non abbiasi adesso per l' arte musicale quella grande estimazione, o venerazione in cui l' ebbero gli antichi: mentre nel rimanente come loro noi corriamo sollecitamente colà, ove ponno intendersi e gustarsi i dolci piaceri della bella melodia e della grata armonìa, e non vi ha ormai colta Nazione Europea, che non riconosca come un ramo essenziale di civile educazione, lo studio, e l' esercizio della musica.
LXXIV. Le utilità che possono ritrarsi dal privato esercizio della musica coltivata come arte di puro ornamento, sono: il procurare allo spirito una onesta ed innocente ricreazione, capace di alleviare i mali della vita: di ingentilire le nostre maniere: di aumentare la sensibilità del cuore, e di perfezionare gli organi dell' udito. Abbenchè tali vantaggi siano degni di qualche considerazione, pure come abbiamo accennato, la musica sarebbe suscettibile di maggiori utilità, allorchè i legislatori volessero validamente promuovere, e dirigere quest' arte al bene pubblico, ed al comun vantaggio.
Egli è poi un assurdo il voler credere con taluni, che la musica non abbia presso di noi quella possanza, che ebbe un tempo presso i Greci, essendo sfuggito ai nostri filosofi, che se ciò in parte si verifica, egli è solamente per un particolar difetto di applicazione, e non per difetto intrinseco della nostra musica, la quale può essere benissimo suscettibile di produrre i medesimi resultati.
Fisicamente il suono ha, come ha avuto ed avrà sempre, una forte azione diretta sul nostro sistema nervoso. Si riscontra che l' azione dei suoni regolati dall' arte musicale, produce sempre degli effetti fisici e morali, proporzionati allo stato dell' individuo. Perciò molti medici, dietro felici esperimenti, considerano in alcuni casi di malattia, essere la musica un potente specifico, per ridonare al corpo ed allo spirito [-64-] un pieno stato di salute: ed in quanto alla influenza nel morale, tralasciando particolari ed in numerevoli esempii, ella è cosa ben nota essere stata più volte necessaria nei reggimenti Svizzeri al servizio estero, la proibizione di cantare o suonare i loro Rans des Vaches, perchè ne rimanevano sorpresi da nostalgìa, e disertavano dalle loro bandiere: mentre all' opposto videsi un tempo una delle nostre grandi nazioni Europee, riunir migliaia di combattenti col canto di un Inno.
LXXV. Discendendo ora a parlare della maniera di iniziarsi nel pratico esercizio della musica, osserveremo in primo luogo, essere indispensabile la piena cognizione di quel tanto che abbiamo esposto nella prima parte di questa Opera. L' abile maestro guidato dalla esperienza, sa comunicare all' alunno tutte quelle teorìe, nella maniera, con quell' ordine, e con quelle necessarie modificazioni che si esigono dalla sua età, e dalla sua perspicacia. Noi perciò non esporremo che il più regolare andamento degli studi preliminari, che a comun parere dei maestri, conduce più sicuramente, e più speditamente all' intento.
LXXVI. La lettura delle note è il primo studio da intraprendersi. Benchè possa essere sufficiente la sola cognizione di quelle determinate chiavi indispensabili o al genere della voce, o dello strumento che si prescelga, pure sarebbe sempre cosa utilissima, l' abilitarsi fin da principio nella lettura delle note in tutte e sette le chiavi (Sezioni XXXIX. XLI e seguenti). Fino a tanto che non giungasi a leggere correttamente, e a pronunziare [-65-] con speditezza il nome di ciascheduna nota, riconoscendo nel tempo istesso l' intervallo che passa fra nota, e nota (Sezione V, e seguenti), non dovrà procedersi oltre.
Resa ormai famigliare la lettura delle note, e la ricognizione degli intervalli, dovrà dirigersi lo studio ai diversi metri o misure (Sezione LI, e seguenti) ed al meccanismo della battuta nei diversi suoni e gradi di movimento (Sezione LXIII, e seguenti). Tale esercizio deve farsi sopra pezzi di musica appositamente composti, o scelti dal maestro, ed i movimenti della battuta dovranno unirsi alla lettura delle note, regolata scrupolosamente sul valore relativo di ciascuna in particolare, che resulta come sappiamo, dalla differente figura delle note medesime (Sezione LIV, e seguenti). I silenzii parimente devono esservi scrupolosamente computati.
Questo studio chiamasi solfeggio parlante, su cui è necessario trattenersi qualche tempo, affine di incontrare una moltiplicità di casi, da porre in grado di superare qualunque ulteriore difficoltà, che possa occorrere in questo rapporto. Nel corso dell' esercizio del solfeggio parlante, si dovrà ancora accostumarsi a riconoscere la tonica, ed il Modo in cui è fondato un pezzo di musica qualunque, dietro le regole già assegnate (Sezione XXXV, e seguenti)
LXXVII. Allorchè sufficientemente si sia abili nel solfeggio parlante, si può volendo, intraprendere lo studio di uno strumento qualunque, specialmente se egli sia da tasto fisso: ma per darsi all' esercizio del canto, egli è affatto indispensabile il compimento degli studii preliminari, che terminano coll' esercizio del solfeggio propriamente detto.
Oltre la rigorosa valutazione di tutti i segni dello scritto musicale, richiedesi ancora nel solfeggio, che la voce intoni giustamente tutti i suoni rappresentati dalle diverse note. Siccome la voce non ha dati certi nè approssimativi per cogliere sulla giusta intonazione degli intervalli, per ciò lo studio del solfeggio porta necessariamente a riflettere sulla essenza del suono: cosa che non ha luogo negli strumenti, ove, o il tasto, o il foro, o il numero delle dita, o una distanza locale, possono essere tanti indizii da condurre con certezza, o per approssimazione, ad intonare esattamente.
[-66-] Lo studio del solfeggio viene preceduto, o preparato dai primi esercizii di intonazione sulla scala diatonica ascendente e discendente: sui salti diatonici ascendenti e discendenti per ogni intervallo, fino all' ottava almeno: sulla scala cromatica ascendente e discendente, e su qualche altro esercizio, che il maestro giudichi convenire, o particolarmente abbisognare al suo alunno, prima di passare al solfeggio.
LXXVIII. Le composizioni musicali a cui si da il nome di solfeggi, sono pezzi di musica vocale senza parole. L' artifizio di tali composizioni consiste, nel presentare allo studioso una quantità di combinazioni melodiche di varia specie e di vario carattere, affinchè egli pervenga ad acquistare un pieno possesso della lettura della musica, una giusta intonazione, ed una maggior flessibilità nella voce. La pratica del solfeggio conduce infine alla abilità di rilevare a colpo d' occhio qualunque melodia scritta, e di porre in carta correttamente qualunque canto, o inteso, o suggerito dalla propria immaginazione.
ARTICOLO SECONDO
Osservazioni sull' arte del canto.
LXXIX. Non di rado veggiamo, come un ottima disposizione al canto può anche da se sola condurre ad una certa perfezione nel medesimo, qualora abbiasi spesso l' opportunità di ascoltare i bravi cantanti, e la cura di addestrarsi ad imitarli. Ma riflettendo, che un tale esercizio si fa sempre dipendentemente dall' arte, e coll' aiuto di quello studio e di quella fatica necessaria a perfezionare le prime disposizioni naturali ci potremo facilmente persuadere, che la mancanza di una comunicazione verbale dei precetti, e di una opportuna direzione negli esercizii, deve necessariamente render più lungo un tale studio, e più penosa quella fatica. Di più la ignoranza della lettura della musica, ritenendo circoscritti al canto di quelle sole melodìe, [-67-] che ad altri odonsi cantare, nè potendo la nostra facoltà liberamente estendersi alla pronta esecuzione di qualunque pezzo musicale ci si presenti in scritto, ancorchè conveniente alla propria capacità, se prima a guisa di un pappagallo non ne siamo istruiti: ancora più saremo convinti esser necessaria la direzione di un buon maestro, ed il preventivo acquisto di tutte quelle nozioni ed abilità, già estesamente accennate nell' articolo precedente (Sezione LXXV., e seguenti)
LXXX. Considerata la voce come uno strumento musicale, ella è generalmente reputata il più perfetto fra gli strumenti a fiato, ed il più che ci sia omogeneo. Alcuni naturalisti ravvisano nella voce uno strumento misto, cioè da corda e da fiato: poichè l' aria espirata per la compressione dei vasi aerei polmonari, traversando l' apertura nominata Glottide, e vibrando i quattro ligamenti, che chiamansi Corde Vocali, genera i diversi suoni della voce. La modificazione poi della voce dipende dalla cavità del palato: e dalla azione della lingua, dei denti, e elle labbra, essa riceve le sue variate articolazioni.
LXXXI. Siccome fra i differenti individui non riscontrasi mai identità di conformazione nelle loro membra, così dalla varia costruzione degli organi inservienti al suono della voce ne deriva, che ogni persona naturalmente colla propria voce, emette un suono tutto suo proprio, e particolare, che considerato in se stesso può essere, forte, debole, dolce, aspro, sordo, secco, pastoso . . . eccetera, ed è tal qualità di suono che lo fà distinguere da ogni altro individuo, nella maniera istessa che egli distinguesi per la sua fisonomia.
Da questo pure ne segue, che molti sono dotati di una voce, capace esclusivamente a parlare, e solo adatta al canto naturale, ma che non può piegarsi al canto perfezionato ed artificioso, in cui richiedonsi maggiori perfezioni negli organi, uniti alla squisitezza dell' orecchio, che è destinato a condurre la melodia a quella sede ove l' anima la sente. Può dunque accadere, che gli organi della voce mal si prestino al canto mentre l' orecchio perfettamente costrutto sia capace a trasmetterlo all' anima: ed all' apposto la perfezione degli organi può rimanersi inutile, per la mancanza della necessaria sensibilità dell' udito.
[-68-] LXXXII. Tutto questo abbiamo voluto accennare affinchè prima di intraprendere un tale studio, ciascheduno procuri di riscontrare se esistino in esso, almeno in un certo grado, quelle perfezioni naturali, che richiedonsi a ben riuscire nell' arte del canto. Un perito maestro ne sarà competente giudice, ed egli solo potrà riconoscere, se per mezzo dello studio si possa giungere a moderare, o togliere affatto quelle tali imperfezioni che si manifestassero: giacchè l' orecchio riceve perfezione e squisitezza dal continuo sentire e studiar musica, come tutti gli organi ricevono aumento di forza e destrezza dagli esercizii vocali.
LXXXIII. Vi sono, come ben sappiamo, due generi di voci: cioè maschili, e femminili. In ciascuno di questi due generi vi si distinguono musicalmente tre specie: 1. Grave: 2. Media: 3. Acute.
VOCI MASCHILI
1. Basso.
2. Baritono.
3. Tenore.
VOCI FEMMINILI
1. Contralto.
2. Mezzo Soprano.
3. Soprano.
La voce di basso, e la voce di soprano, limitano i due punti estremi della estensione generale di tutte le voci: il basso per rapporto ai suoni gravi: il soprano per i suoni più acuti.
Spesso si incontrano alcune belle voci, che nel suo stato naturale non si trovano appartenere decisamente a veruna delle classi indicate. Egli è allora che richiedesi molta cura per ridurle collo studio a quella specie a cui esse più inclinano. Il voler forzare una voce a diventar soprano, allorchè ella inclinerebbe piuttosto a divenire un buon contralto, o viceversa, egli è uno sbaglio da produrre il guasto totale della voce medesima, e forse anco del danno alla salute [-69-] dell' individuo. Lo stesso intendasi per le voci mascoline.
LXXXIV. Tutti i maestri di canto riconoscono necessaria la conveniente apertura della bocca del cantante, in una posizione tale ad un bel circa, come che ella si movesse naturalmente al riso. Il rimanente del corpo vuol' essere ben composto senza contrazioni, e senza che appaia sforzo veruno nella emissione del fiato, e nelle diverse conformazioni che devono prendere la bocca e le narici, secondo l' acutezza o gravità dei suoni da intonarsi.
LXXXV. Diverse sono le opinioni dei fisiologi per riguardo alla formazione, od intonazione dei suoni musicali colla voce. Chi la crede dipendente dagli stringimenti e dalle dilatazioni della glottide chi dalla tenzione maggiore o minore delle corde vocali: chi da ambedue di queste azioni riunite. In qualunque maniera ciò accada, l' esperienza ci assicura, che un lungo ed accurato studio sulla scala diatonica, e sulla scala cromatica, conduce non solo alla precisa e netta intonazione dei suoni, ma fissa ancora la estensione in quel determinato grado che chiamasi Registro della voce.
LXXXVI. In ogni voce si riscontrano due registri, cioè registro di petto, e registro di testa: ossia voce di petto, e voce di testa. Il tenore ha per lo più sì differenti questi due registri, che egli è obbligato ad un lungo studio, per nascondere la mostruosità che si incontra nel passaggio dall' uno all' altro. Tutta l' arte riducesi, a procurare di render debole più che si può l' ultima nota di petto, e rinforzare al più possibile la prima corda di testa, da cui ha principio il registro, che nelle voci maschili chiamasi volgarmente Falsetto.
L' ultima nota di petto ordinariamente è il Fa sopra la posta nelle chiave di tenore, e la prima nota di testa o di Falsetto, è il susseguente Sol nel primo rigo finto. Il Fa diesis che trovasi in mezzo a queste due note, non appartenendo decisamente a veruno dei due registri, la chiamarono gli antichi la Corda nemica. Trovansi ancora bellissime voci di tenore, che estendono il loro registro di petto al Sol, al La, ed anco al Si bimolle. Nel basso raramente si fà uso del registro di testa, nel quale [-70-] per lo più è assai ingrato: e nelle voci femminili, egli non è sì differente come nel tenore e nel basso, da meritare un lungo studio, affine di riunirlo colla voce di petto.
LXXXVII. Con l' esercizio delle scale, la voce aumenta di forza e di rotondità, purchè si abbia cura di trattenersi sopra ogni nota, il più lungo tempo permessoci dalla respirazione: cioè a dire, ogni nota di queste scala deve essere almeno una semibreve, ed il movimento della misura dovrà ridursi al maggior grado di lentezza possibile.
La flessibilità della voce si sviluppa con questo medesimo esercizio, allorchè ciascun suono si eseguisca in tutti i gradi di forza possibili. Incominciando a cantar pianissimo ogni nota, e quindi rinforzandola per gradi insensibili, fino che sulla metà si giunga al fortissimo, e quindi decrescendo nella maniera istessa, si arrivi in fine allo stesso pianissimo con cui si è incominciata, si ottiene: primo il Portamento di Voce; secondo la Messa di Voce; terzo il Filar della voce. Se ogni suono della scala diatonica, si intoni col massimo grado di forza passando insensibilmente al pianissimo, si perverrà con questo, e coll' esercizio precedente, ad impostar la Voce in qualunque grado di forza.
Coll' accelerar poi la misura, e col ridurre le note ai valori minimi, si ottiene dai medesimi esercizii sulle scale, e sui varii salti diatonici, l' agilità della Voce, e la netta esecuzione degli ornamenti melodici, cioè della appoggiatura, del gruppetto, del trillo, come pure l' arte di legare, e di staccare le note eccetera eccetera. In questi, come in tutti gli altri esercizii destinati allo sviluppo della Voce, non si pronunziano i nomi delle note come nel solfeggio, ma si intonano tutte colla medesima vocale a: ciò chiamasi Vocalizzare.
LXXXVIII. Tostochè abbia acquistato la voce quelle perfezioni e quelle attitudini sopraindicate, si dovrà applicare il vocalizzo a quei solfeggi, destinati espressamente ad infondere il gusto del bel canto. Egli è qui, che si richiede la maggior cura nella accentuazione, e nella interpunzione della melodia. [-71-] Essa ha le sue proposizioni, le sue frasi, periodi sentenze eccetera eccetera come il discorso, le quali è necessario differenziare, acciocchè un senso non si confonda coll' altro. Per esempio, nel frammento del solfeggio di Leonardo Leo, già riportato alla lettera l2 negli esempii, vedesi: che la prima frase della melodìa finisce col terzo tempo della battuta B, la qual frase trovasi divisa in due membretti, separati dall' ottava di silenzio, che occupa la prima metà del quarto tempo della battuta A. La seconda frase, che finisce col terminare del terzo tempo della battuta E, ha due riposi sulle note puntate delle battuta C, e D, i quali dividono questo membro di periodo in tre piccoli membri. Così da riposi, più o meno grandi, o decisi, resta suddiviso il rimanente del periodo, che va a terminare sul primo tempo della battuta L.
I riposi della melodìa, come quelli dell' armonìa, si chiamano Cadenza. Il riposo assoluto, necessario a render compito il senso melodico, resultante da una o più idee analoghe che tutti insieme ne formino una sola, chiamasi Cadenza perfetta, ed il senso proveniente dalla totalità delle idee, che viene determinato e chiuso colla cadenza perfetta, vien detto Periodo. L' ultima nota della cadenza perfetta, è sempre la tonica del modo principale, o veramente di quei varii modi che si percorrono e si stabiliscono, onde servire alla varietà nel corso di un pezzo di musica.
La cadenza più debole, che separa una frase dall' altra, o un ritmo dall' altro, componenti un medesimo periodo, si chiama Mezza cadenza. La mezza cadenza può avere per ultima nota, o la quinta, o la settima, o la seconda, o terza nota della scala di quel modo in cui uno si trova.
Quarto di cadenza è quel riposo minimo, che separa i piccoli membri, che diconsi i disegni melodici della stessa frase, o ritmo. I quarti di cadenza resultano, talora da brevi pause, talora da note di più lungo valore, talora anche rassomigliano alle mezze cadenze ed anco alle cadenze perfette. Egli è il senso melodico, che fa distinguere i minimi dai grandi riposi della melodia.
[-72-] LXXXIX. Siccome il riprender fiato non può che interrompere la successione, e la collegazione dei suoni: così per non separare ciò che deve strettamente rimanersi unito, e per non unire ciò che merita di essere differenziato e disgiunto, rendesi necessario che la respirazione sia riserbata alle diverse cadenze, nelle quali il riprender fiato è veramente opportuno, nè ivi arreca inconveniente, ancorchè la nota tenuta che formi il quarto di cadenza non abbia a rigore tutta la sua lunghezza di tempo. L' arte di giustamente distinguere i disegni, le frasi, ed i periodi, che serve a rappresentare per così dire in rilievo la melodìa, chiamasi Fraseggiare.
XC. Rimane ora a parlare della conveniente sillabazione nel canto circa alla quale sarà utile l' osservare: che l' azione della lingua, dei denti, e delle labbra, cagione della differenti articolazioni della voce, da cui nasce la pronunzia delle sillabe e dei vocaboli, stà nel parlare ordinario in adeguata proporzione colla azione della glottide, delle corde vocali, e di qualunque altro organo inserviente alla voce. Ora siccome cantando, l' azione di queste ultime parti, è molto più energica e forzata che nel parlare ordinario: così anche l' azione della lingua, dei denti e delle labbra, deve essere nel canto del pari, e nella proporzione istessa, più energica e più forzata di quello che non lo sia nel parlare, affinchè odansi distinte quelle parole che il cantante pronunzia.
Per difetto di simili avvertenze, ci imbattiamo spesso a sentire alcuni cantanti suonar di gola, e così invece di risvegliare in noi per mezzo del canto affetti determinati, (unico scopo prefisso nella unione della musica colla poesia), ci lasciano essi in quella medesima indeterminazione, in cui rimanghiamo ascoltando la nuda melodìa, che traggasi da un Flauto o da un oboe. La nitida pronunzia dei monosillabi [-73-] nei preventivi studii del solfeggio, conduce alla bella sillabazione del canto, la quale potrebbesi ancora maggiormente perfezionare, coll' addestrarsi separatamente a pronunziare le parole con molta lentezza, procurando nel tempo medesimo di rendere più marcate a decise, le diverse azioni delle parti concorrenti alla sillabazione.
XCI. Quanto abbiamo esposto, appartiene alla parte meccanica e tecnica dell' arte del canto, che è la sola da potersi assoggettare all' insegnamento: ma vi ha un' altra parte di quest' arte medesima, che non si può dimostrar con regole. Ella consiste nell' animare il canto, e caratterizzarlo in tal maniera, che ne resulti la giusta espressione analoga a varii sentimenti. A ciò richiedesi una ricca fantasia, una do e l' intima penetrazione di ciò che prendesi ad esprimere, affinchè egli sia reso con tutte quelle giuste modificazione di cui è suscettibile, ed operi sul cuore dell' uditore.
ARTICOLO TERZO
Particolari avvertenze sull' uso, e sulla maniera di suonare il Pianoforte.
XCII. Il Pianoforte è fra gli strumenti musicali quello, che adesso è di un uso il più comune ed esteso nella musica privata. La sua grandissima estensione nei suoni, la sua ricchezza nell' armonia, ed alcune particolari facilità che vi si incontrano nella esecuzione della musica, rendono preferibile questo strumento a molti altri, di esso più perfetti.
XCIII. I suoni del Pianoforte non sono, nè di una forza, nè di un volume tale da far sì; che da questo strumento trar se ne possa il più vantaggioso partito nei recinti vasti, come sarebbero le Chiese, i Teatri eccetera eccetera. Di più, ciaschedun suono non potendo venir prolungato al di là della durata delle particolari oscillazione [-74-] delle corde, messe in movimento dal colpo di un piccolo martelletto: è causa che tale strumento non sia suscettibile ad eseguirvi note di gran valore, e per conseguenza non vi si può ottenere la messa di voce, il portamento della voce, nè la legatura, ne gli altri varii ornamenti del canto. La specie di melodìe che più gli convengono, son quelle di un genere complicato, composte di scala velocissime, e di salti anche dei più grandi intervalli, ed è per questo, che quei grandiosi pezzi di musica composti per il solo Pianoforte, quando non vadino uniti ad un particolar genio di esecuzione, sono atti piuttosto a risvegliare un vivo sentimento di sorpresa e di ammirazione in favore del bravo artista, a cui riesce di vincere le immense difficoltà che egli affronta, nè mai si giunge a rimanerne commossi, come dal canto di una bella Voce, o di uno strumento suscettibile di imitarla più da vicino.
XCIV. Non ostante ciò, il Pianoforte rimane sempre superiore a molti altri strumenti.
1. Per schierarci avanti agli occhi, col mezzo della sua tastiera, tutto l' organismo del sistema musicale. La tastiera del Pianoforte è per se stessa una dimostrazione geometrica, degli intervalli, dei modi, degli accordi, e di tutto ciò che può occorrere nella parte teorico-pratica della musica.
2. Per il facil mezzo che offre ad un compositore di musica, onde verificare nella massima parte l' effetto delle proprie produzioni.
3. Per il vantaggio di potervi eseguire quasi completamente le diverse parti di tutti gli strumenti dell' orchestra, concorrenti all' accompagnamento del canto. Scelti pezzi di musica, un bravo accompagnatore, un buon Pianoforte, e tre o quattro belle voci, possono procurarci il più dolce piacere, ed il più grato [-75-] divertimento domestico di una lunga serata d' inverno.
XCV. Per riguardo agli studii, ed agli esercizii che possono condurre a ben suonare questo strumento, i più celebri artisti ci hanno fornito i necessarii metodi. Muzio Clementi Romano, riputato generalmente il riformatore, e l' inventore dell' attual maniera di suonare il Pianoforte, al principio di questo secolo pubblicò il suo metodo, su cui sono basati tutti gli altri posteriore, fra i quali si distinguono quelli di Adam, di Asioli, di Pollini, e di molti altri.
Questi metodi espongono primieramente tutte quelle necessarie avvertenze, sia per la maniera di assidersi al Pianoforte, sia per la attitudine della braccia, e per la posizione delle mani sulla tastiera. Tali istruzioni hanno in mira, il procurare la stato di maggior comodità alla persona, affinchè la esecuzione musicale non trovi impedimento per il disagio del corpo del suonatore.
Per comun sentimento si propone di incominciar gli studii dalla esecuzione della scala, diatonica, tanto del modo maggiore che del modo minore, in tutti i trasporti possibili, e col mezzo di cifre numeriche collocate sopra le note vi si indica la precisa diteggiatura, dalla quale ricavansi quelle traslocazioni delle mani, le più convenienti ai casi che si incontrano, tanto nelle differenti scale, che negli esercizii ed altre sonate che ogni metodista crede più opportuno di proporre per studio progressivo. La chiarezza di questi metodi, e la facilità di farne l' applicazione è tale, che possedendo di già il solfeggio, potrebbesi fino ad un certo punto imparare a suonar questo strumento anco senza l' aiuto di un maestro, se non fosse il bisogno di invigilare attentamente per l' acquisto di quel tatto, necessario ad ottenere una bella qualità di suono, il che dipende principalmente dall' usare la sola forza delle dita, e non quella delle braccia.
XCVI. Le regole per l' andamento delle dita, e per il portamento delle mani, si fondano sulla osservazione e sul raziocinio, e possono appropriarsi a qualunque strumento da tasto fisso, o mobile. Sappiamo per esperienza, che ciò che rende faticoso e difficile il maneggio di [-76-] questa classe di strumenti, si è la velocità dei moti delle dita, ed il frequente muover delle braccia, necessario a trasportar le mani sui diversi punti della tastiera. La maggiore economia dunque di ambedue questi movimenti, unita ad una sagace industria, onde ottenere nel tempo istesso la più gran velocità possibile, non può che minorare la fatica, e così condurre ad una maggior facilità, e per conseguenza a quella maggior precisione meccanica, che costituisce una delle parti principali dell' arte di suonare qualunque strumento di musica.
XCVII. Colui che possiede a perfezione il meccanismo di uno strumento, sarà sempre un artista abile: ma non sarà mai un perfetto artista, un artista di genio, se non può egualmente unirvi quelle qualità già indicate nel precedente articolo (Sezione XCI), che ivi applicaronsi al canto.
ARTICOLO QUARTO
Sulla maniera di suonar l' Organo.
XCVIII. Fra gli strumenti musicali, il più grandioso e magnifico si è l' Organo. Egli viene particolarmente impiegato nel sacro culto, a cui può aggiunger pompa e decoro, colla sua maestosa armonia. Quando accompagna interpolatamente il Coro, nelle Messe, Vespri, o altre funzioni Ecclesiastiche, è uso comune e generale di suonar questo strumento a fantasia, componendo estemporaneamente quei pezzi di musica adattati alle diverse circostanze. Non è da immaginarsi effetto più sublime allorchè si combini un Organista dotto nella musica, abile nella composizione, e pratico per eccellenza del suo strumento, che spoglio di ogni idea profana, ricco di fervida immaginazione, e penetrato [-77-] profondamente dell' alto oggetto a cui serve, lasciasi pienamente guidare dal suo genio e dalla sua fantasia. Ma ben rari sono gli Organisti così perfetti, e più rari ancora lo vanno a divenire.
Gli stipendii, che generalmente, e per consuetudine vengono assegnati agli Organisti in compenso dell' opera loro, sono sì tenui e miserabili, da non permettere ad essi di esercitare una tale arte esclusivamente, senza associarla alle professioni di maestro di Pianoforte, di maestro di canto, o anche ad altre totalmente estranee alla musica: sicchè divenendo allora cosa accessoria, ella si coltiva così superficialmente, da non potersi mai ridurre ad un certo grado di perfezione. Piuttosto dunque è da compiangersi la circostanza che ci conduce al deperimento, che da condannare la meschina abilità di alcuni Organisti, che tutto giorno ci muovono a riso, o a disprezzo. Nè è da credersi che il genio delli Squarcialupi, dei Bach, degli Hendal sia sparito dal mondo: egli non abbisogna che di essere risvegliato ed infiammato da quella scintilla senza di cui ogni umano sapere cade in deperimento, perchè niuno può ambire a divenir perfetto in quell' arte, dalla quale non può ritrarre nè onore, nè sussistenza.
XCIX. L' Organo è una macchina meccanica più o meno vasta, in proporzione ordinariamente della vastità della Chiesa ove è collocato. Egli riunisce insieme un maggiore, o minor numero di varii strumenti a fiato, ognuno dei quali si distingue col nome di Registro. Tali registri possono tutti riunirsi insieme col registro principale, che forma la parte essenziale dell' Organo, o si possono adoprare separatamente.
Una tastiera simile, ma non tanto estesa come quella del Pianoforte, è destinata alla azione delle due mani, ed i piedi possono comodamente eseguire i suoni più gravi di questo strumento, per mezzo di una pedaliera. Vi sono degli Organi grossi, ove per mezzo di due o più tastiere, si viene a facilitare il giuoco che può ottenersi dalla varietà dei registri medesimi.
Siccome ogni Organo differisce dall' altro, specialmente per la qualità, o per la quantità dei suoi registri: così uno dei più essenziali requisiti del bravo [-78-] Organista è, di conoscere perfettamente quel dato Organo che egli suona, onde dalla differente unione, o alternativa dei suoi registri, ne possa ricavare il maggiore effetto possibile. La meccanica costruzione dello strumento deve essere pienamente nota all' Organista, acciocchè egli possa all' occorrenza rimediare per il momento a quei piccoli difetti, che nell' Organo facilmente vi si producono dalle intemperie.
C. La maniera colla quale deve suonarsi l' Organo è totalmente opposta alla maniera di suonare il Pianoforte. In quest' ultimo, un tatto delicato, una leggerezza di portamento delle mani, una pronta agilità, formano i più bei pregii della esecuzione, mentre nell' Organo la delicatezza del tatto, la leggerezza, e la soverchia agilità, sono per lo più nocive al carattere dignitoso, ed all' effetto che deve produrre tale strumento.
Le melodie complicate, e di velocissimo moto che convengono al carattere del Pianoforte, sono di pessimo effetto nell' Organo, ove richiedonsi melodie semplici, maestose, e sostenute: primo per servire all' oggetto a cui si destina tale strumento: secondo affine di dare il tempo necessario a riempirsi di fiato i differenti tubi dai quali si ottengono i suoni.
L' armonia vuole essere nell' organo sostenuta e legata: cioè a dire, uno, o più suoni devono rimanere immobili nel passaggio da uno ad un altro accordo, e così l' armonia rimanendo unita e collegata, acquista quella maestosità e gravità, che non si ottiene nel Pianoforte, per che ivi il suono non può essere a sufficienza prolungato. Da quanto si è detto si comprende, esser cosa difficilissima il voler riunire nella medesima persona le due opposto qualità, di eccellente Pianista, e di eccellente Organista.
CI. Senza avere studiato profondamente l' armonia, ed aver fatto notabili progressi nell' arte della composizione, è quasi impossibile che l' Organista possa [-79-] convenevolmente disimpegnarsi, nella invenzione ex tempore di quei pezzi di musica, più o meno lunghi, che occorrono per accompagnare il Coro. la cognizione teorica e pratica del Canto fermo, gli è del pari necessaria, per potere amalgamare più che sia possibile i due modi, maggiore, e minore della musica figurata, con gli otto modi o toni del Canto fermo.
CII. Allorchè nelle feste di maggior solennità, si sostituisce al canto fermo la musica figurata, l' Organo viene utilmente impiegato ad accompagnar le voci, o da se solo o unito con altri strumenti. Quando l' accompagnamento forma parte integrante del concerto musicale, si chiama accompagnamento obbligato, il quale viene dal compositore scritto per esteso come tutte le altre parti: ma se l' Organo non forma che una parte accessoria, allora chiamasi accompagnamento di ripieno, e gli si scrive il solo basso, sopra il quale egli vi aggiunge i corrispondenti accordi, che trova indicati da cifre numeriche.
L' abilità di un bravo suonatore di Organo, non si ristringe ad eseguire a prima vista qualunque accompagnamento obbligato, o di ripieno gli si presenti, ma nell' atto istesso lo sà anco trasportare, o come dicesi [-80-] volgarmente spostare in varii toni, per comodo delle voci, se l' Organo non è (come spesso accade) accordato al tono corista.
Il meccanismo di spostare richiede necessariamente l' abilità, e l' uso di leggere colla massima franchezza le sette chiavi, perchè colla permutazione delle chiavi, si ottiene il trasporto dell' istesso pezzo di musica, su qualunque tonica ci piaccia. Per la riunione adunque di tutte queste capacità, l' Organista viene ad essere il Musico il più abile, ed il più dotto.
ARTICOLO QUINTO
Sull' arte di suonare gli strumenti da corda.
CIII. Il principale strumento da corda è il Violino, che generalmente vien reputato il più perfetto fra tutti gli istrumenti di musica. Egli è il solo emulo della voce umana, nè mancali ad esso che il dono della parola per superarla, giacchè di gran lunga la supera, e per la sua estensione, e per il vantaggio di potere eseguire più suoni contemporaneamente. Ma le particolari perfezioni del Violino, sono piuttosto il resultato della abilità, e del genio del bravo Artista esecutore che intrinseche nello strumento medesimo, il quale non offre propriamente per se stesso, che il comodo, ed i mezzi di una esecuzione perfetta e compita. Ognuno può avere esperimentato, quanto riesca ingrato, insoffribile e dispregevole il Violino, allorquando il suonatore manca di intonazione, di esattezza nel meccanismo, o nel gusto, o nel genio della esecuzione: talchè potrebbe dirsi questo strumento, una preziosa gemma, la quale non può rifulgere in tutto il suo splendore, se la mano dell' artefice non la conduca all' ultimo pulimento.
CIV. Per divenire un eccellente violinista, richiedesi il possesso di tutte quelle qualità indispensabili a formare un cantante intonatore ed animato, ed un Pianista della più scrupolosa esattezza. La sensibilità dell' orecchio, che porta alla giusta intonazione, è indispensabile [-81-] per abituare i diti a premere nel suo giusto punto le corde, onde ottenerne nel suo vero grado tutti quei suoni che si desidera: ma questi suoni nulla, o poco esprimerebbero senza il concorso dell' anima, che è la sola che può imprimergli un carattere, e dargli un significato. Se a questo aggiungasi, un particolar talento, una attitudine, ed un genio esclusivo per tale strumento, si avrà il totale dei requisiti necessarii, per giungere ai maggiori gradi di perfezione nell' arte di suonare il Violino.
Anche in un tenero fanciullo che dimostri trasporto e sensibilità per la musica, può verificarsi la sua maggiore, o minore attitudine per l' arte di suonare il Violino, la quale può desumersi dalla sua stessa maniera di cantare quelle melodie, di cui egli sia capace. La disposizione sarà in lui tanto maggiore, quanto più egli canterà intonato, e quanto più vi aggiungerà di grazia, e di sentimento.
CV. Egli è un falso principio, ed un assurdo solenne il credere, che le prime nozioni ed i primi elementi, tanto di una scienza che di un' arte qualunque, possino essere a sufficienza comunicati ed insegnati da un maestro di poca, o mediocre capacità. Da questo errore, in cui cadesi il più sovente per vedute di economia e di risparmio, rimangono inceppate, ed anco distrutte le migliori disposizioni, perchè più tenacemente ritengonsi le prime impressioni ricevute, e le prime abitudini contratte, le quali talvolta pienamente non giungesi ad abbandonare, ancorchè riconosciute per erronee. Se in qualunque siasi genere di insegnamento, il numero dei buoni maestri è sempre minore dei mediocri e dei cattivi, egli è ancora assai minore fra i maestri di Violino, perche ivi l' uomo di genio deve piegarsi, ed abbassarsi freddamente alla comunicazione, ed al dettaglio di un meccanismo minuziose e complicato.
CVI. la posizione della mano sinistra sulla tastiera, è il primo requisito essenziale alla esatta intonazione. La maniera di condur l' arco colla mano destra, influisce ad estrarre il suono con maggiore o minor purezza dallo strumento, e dal suo maneggio dipendono tutte le grazie della melodia, lo staccato, il legato, il picchettato . . . eccetera.
[-82-] Dalle quattro corde del Violino si possono estrarre tanti suoni, quanti se ne possono comprendere in quattro ottave, ed anco più: e molti di questi suoni possono ottenersi duplicatamente, o triplicatamente: vale a dire, che un istesso suono può estrarsi da due o tre corde diverse, e su varii punti della tastiera. Questo vantaggio comune a tutti gli strumenti da manico, ove i suoni si ottengono per mezzo dei varii raccorciamenti momentanei delle corde, offre delle particolari facilità di esecuzione, di cui solamente può profittarsi, allorchè ci sono familiari tutti i casi possibili il di cui complesso chiamasi Intavolatura.
Lo studio della intavolatura conduce a ben situare la mano sinistra su varii punti della tastiera, cioè a dire, a portar la mano in varie posizione, le quali si differenziano, in prima, seconda, terza, quarta . . . eccetera: posizione. Fino alla undecima posizione almeno, si dovrà iu ognuna eseguirvi la scala diatonica in quel tal Modo, che più torni comodo alla posizione istessa, ed eseguirvi ancora una piccola suonata, che il maestro avrà cura di scrivere appositamente, secondo la capacità dell' alunno. Questo metodo, che ad un ignorante può sembrar prolisso e noioso, è dalla esperienza riconosciuto per il più breve, ed il più sicuro. La piena cognizione dello strumento, che da tale studio se ne ritrae, permette di dedicarsi più sollecitamente, e con maggior profitto agli esercizii i più inoltrati.
CVII. La Viola, il Violoncello, ed il Contrabbasso, come strumenti di equal natura e carattere del Violino, richiedono un pressochè eguale andamento negli studii. Ma non esigendosi da essi una esecuzione tanto perfetta e finita come dal Violino, della quale non sarebbero suscettibili, possono perciò disimpegnarsi dal massimo rigore di tali esercizii. Il Violoncello solamente richiede maggiori cognizioni degli altri, per che spesso è obbligato a leggere in chiavi diverse, e ad interessarsi della armonia.
CVIII. Fra gli strumenti a pizzico tiene il primo [-83-] posto l' Arpa. Ella potrebbesi considerare come un Pianoforte a corde di budello, che pongonsi in movimento colla punta delle dita, invece che per mezzo di un tasto. Il Pianoforte supera l' Arpa, non per la dolcezza e per l' omogeneità del suono, ma per i maggiori mezzi di esecuzione: perchè nell' Arpa non si può come in quello, far uso del dito minimo di nessuna delle due mani, nè si può che con somma difficoltà, eseguirvi velocemente i suoni e le scale cromatiche per le quali deve anche concorrervi l' azione dei piedi.
CIX. La maggior cura da prendersi nello studio dell' Arpa, si è quella di abilitarsi a ciò che si chiama buona cavata, vale a dire ed estrarre dallo strumento un suono dolce, rotondo, e netto. Per tale effetto richiedesi di attaccar sempre la corda colla polpa del dito, e non coll' unghia, cosa che facilmente si ottiene, allorchè l' estrema falange del dito stia tesa.
La scala del Modo maggiore e del Modo minore, come le posizioni degli Accordi, riconoscono nell' Arpa un meccanismo sempre eguale e costante, qualunque siasi la nota tonica, perchè sono i pedali che accomodano le proporzioni degli intervalli per qualunque siasi trasporto dei Modi. Ma se in questa parte, in confronto degli altri strumenti, ella presenta una maggior facilità per la esecuzione della musica, vi sono d' altronde altre particolari difficoltà da superare, per cui vi ha i suoi indispensabili studii, che si trovano compresi nei migliori metodi dedicati a tale strumento.
CX. Una immensa quantità di strumenti a pizzico furono in grand' uso, ed in somma estimazione nei tempi decorsi: ma se si eccettua l' Arpa, di questo genere appena sopravvive attualmente la Chitarra. Il gusto del secolo presente inclina ad una musica brillante, e clamorosa, la quale non può ottenersi da questi strumenti, i di cui suoni dolci e velati si addicono più alla quiete notturna, che al frastuono.
CXI. Si puo colla Chitarra suonare in tutti i Modi maggiori e minori, vi si può praticare ogni specie di Accordo e di armonia, e vi si possono eseguire delle grandi Suonate, Variazioni, Concerti. . . . eccetera, ma egli è molto difficile ritrarne un vantaggioso partito in locali vasti, ed in numerose riunioni di uditori. Non ostante [-84-] però, siccome gli accompagnamenti della Chitarra si uniscono bene al canto, e lo sostengono senza cuoprirlo, ella per questo conservasi in uso.
CXII. La Chitarra è uno strumento a manico come il Violino, perciò vi sono necessarie le medesime avvertenze, per ben situare la mano sinistra sulla tastiera, come ci vogliono le medesime precauzioui che abbiamo accennate per l' Arpa, onde ottenere una buona cavata colla mano destra.
Lo studio di tale strumento deve incominciare dall' apprendere la diversa situazione delle note diatoniche e cromatiche, e dalla varia collocazione delle dita sul manico per ottenere gli Accordi i più comuni, in tutti i Modi maggiori e minori più frequentati, sui quali la mano destra nel tempo istesso vi eseguirà per esercizio degli arpeggi. Come nel Violino rendesi poi necessario lo studio delle posizioni, affine di conoscere pienamente l' intavolatura del manico. Il primo dito, cioè il dito indice della mano sinistra è quello che fissa le posizione, e ve ne possono essere tante, quanti sono i tasti della Chitarra. Dopo lo studio delle posizioni, si passerà agli esercizii sulle scale diatoniche di tutti i modi maggiori e minori, i quali uniti alla abilità di eseguir con franchezza gli accordi i più complicati, conducono al grado di eseguire su questo strumento i pezzi di musica della più gran difficoltà.
ARTICOLO SESTO
Sul pratico maneggio degli Strumenti da fiato.
CXIII. Uno strumento da fiato qualunque, non è per se stesso suscettibile che di eseguire delle melodie, e perciò presenta meno difficoltà degli strumenti, ove devesi eseguire e le melodie, e gli accordi.
Alcuni strumenti da fiato sono costruiti in legno, altri in metallo. Gli strumenti di legno sono, il Flauto l' Oboe, il Clarinetto, ed il Fagotto: gli strumenti di metallo sono la Tromba a chiavi, o a pistoni, la Tromba a squillo, il Corno da caccia, ed il Trombone.
[-85-] CXIV. Il Flauto, l' Oboe ed il Clarinetto vanno soggetti ad un pressochè egual meccanismo, in quanto all' andamento delle dita, le quali, ora devono chiudere, ora aprire quei tali fori dello strumento, affine di ottenere i varii gradi del suono. Essi differiscono solamente nei mezzi, o nella maniera di estrarre il suono dallo strumento, che è ciò che chiamasi imboccatura; ed è per causa della diversa imboccatura che ognuno di essi rende una qualità di suono particolare, e differente dall' altro. Gli strumenti di metallo, siccome di eguale imboccatura, rendono una egual qualità di suono, ma più grave, o più acuto proporzionalmente alla maggiore o minor grandezza dello strumento.
CXV. Il primitivo studio di chi aspira a ben suonare uno strumento da fiato, deve esser quello di procurarsi una felice imboccatura, dalla quale dipende la buona cavata dello strumento, che, come abbiamo detto, consiste nell' arte di estrarre un suono dolce, rotondo, e netto da uno strumento qualunque.
La maggiore o minor perfezione della imboccatura, dipende dalla bocca che richiedesi di giusta grandezza, e dalle labbra che non voglionsi nè gonfie, nè tumide, ma di una sufficiente forza ed attività, per premere ora più, ora meno la bocchetta dello strumento, e prestarsi facilmente a qualunque contrazione, o dilatazione necessaria. Anco i denti e la lingua contribuiscono alla imboccatura, perchè per la mancanza od irregolarità dei denti non potrebbe il fiato concentrarsi, e dirigersi tutto al medesimo punto: come non potrebbesi staccare, legare, ed accentuare i suoni senza un libero movimento nella lingua, che coi suoi colpi modifica l' azione del fiato. La gola, il petto, ed i polmoni devono pure essere ben conformati, ed in pieno stato di salute, onde potere agire corrispondentemente, e colla forza necessaria.
CXVI. Quel tanto che abbiamo nei precedenti articoli osservato, per riguardo all' arte di ben suonare i diversi strumenti musicali, può colle debite modificazioni, applicarsi ancora a tutti quelli di questa classe.
[-86-] ARTICOLO SETTIMO
Della scienza del suono in quanto alla musica.
CXVII. La parte fisica della musica è il suono. La teoria del suono chiamasi Acustica, e gli oggetti che in essa prendonsi in esame, sono
1. Le vibrazioni proprie dei corpi sonori.
2. Le vibrazioni comunicate, ossia la propagazione del suono.
3. I rapporti numerici delle vibrazioni.
4. La sensazione del suono, cioè l' udito.
I numeri 1, e 2 formano la parte meccanica, il numero 3 la parte aritmetica, ed il numero 4 la parte fisiologica dell' acustica.
Per quello che propriamente è referibile all' arte pratica della musica, unico scopo a cui tende la presente opera, è più che sufficiente una qualche nozione acustica riguardante le vibrazioni dei corpi sonori, e dei loro rapporti, che ci si rendono cogniti per mezzo del calcolo. Egli è per questo che ci dispenseremo dall' entrare in dettagli, e sulla propagazione del suono, e sulla fisiologia acustica.
CXVIII. La direzione del movimento vibratorio può essere, o trasversale, o longitudinale, o di rotazione. Nelle vibrazioni trasversali, il corpo sonoro fà un movimento alternativo verso l' una e l' altra parte, di maniera che le linee percorse da qualunque punto del corpo, formano un angolo retto coll' asse. le corde degli strumenti musicali vibrano in questo senso.
Le vibrazioni longitudinali consistono in contrazioni e dilatazioni del corpo sonoro, nel senso del proprio asse, o secondo la loro lunghezza. I corpi suscettibili di tali movimento sono, l' aria contenuta negli strumenti a fiato, e le verghe dirette di una sufficiente lunghezza. Il movimento di rotazioni consiste in torsioni, che alternativamente in senso opposto eseguisce il corpo sonoro.
[-87-] CXIX. L' intensità, o la forza del suono dipende dalle escursioni più, o meno grandi delle vibrazioni. La maggiore o minor quantità della forza, che spinge al movimento un corpo sonoro qualunque, è causa della maggiore o minore escursione delle sue oscillazioni, ma non influisce sul numero di esse, da cui unicamente deriva il grado del suono (Sezione III).
Si comprende facilmente, che se un corpo qualunque ricevendo movimento da una forza, per esempio eguale a 1, acquista un grado di velocità eguale a 4, il medesimo corpo con una forza eguale a 2, sarà costretto ad una velocità eguale a 8, perchè nella proporzione che 1 stà a 4, 2 stà a 8. Ma siccome ogni aumento di forza di moto viene totalmente assorbito da un corrispondente aumento di estensione di ciascuna vibrazione in particolare, nè rimanendo niuna forza residuale da influire direttamente sulla quantità delle vibrazioni medesime, ne viene per conseguenza; che tanto colla forza 1, che colla forza 2, l' istesso corpo sonoro in parità di tempo non potrà dare che un pari numero di vibrazioni, e perciò non potrà produrre che un istesso suono, che si troverà solamente differire in più o meno energia od intensità, nella ragione diretta della maggiore o minor grandezza di estensione delle vibrazioni medesime. Di qui il piano ed il forte nella musica. Ora dunque, da un corpo sonoro non si possono ottener più suoni di grado diverso, altro che per mezzo delle sue divisioni in più parti, che è lo stesso, che di un corpo sonoro formarne tanti corpi sonori più piccoli.
Prendiamo, per esempio, una Corda parallella ad un piano, fissa nelle due estremità, e portata ad un grado di tensione capace a produrre un suono determinato. Se questa corda per mezzo di un ponticello o di un ostacolo qualunque venga divisa in due parti eguali, è chiaro che la forza di tensione incontrerà in ciascuna di queste due parti prese separatamente, la metà meno di resistenza che nel totale della corda medesima. Ora siccome la forza tendente aumenta proporzionalmente alla diminuzione delle resistenza, così ognuna delle due parti rimanendo tesa da una forza dupla del totale, verrà obbligata ad una doppia velocità di vibrazione, da cui per conseguenza ne risulterà [-88-] un suono del doppio più acuto di quello prodotto dalla corda intiera, e l' intervallo che separerà questi due suoni sarà quello, che in musica si chiama l' ottava (Sezione IV.). Di qui rilevasi, che la velocità di vibrazione stà in ragione inversa della grandezza dei corpi sonori.
Per cause simili, se con due ponticelli dividasi la corda in tre parti eguali, la tripla velocità di vibrazione che si riscontrerà in ognuna di queste parti, paragonata al totale della corda medesima, produrrà un suono più acuto di essa, corrispondente all' intervallo di quinta maggiore sopra all' ottava. Parimente dalle quattro parti eguali della medesima corda, si avranno quattro suoni identici resultanti da una quadrupla velocità di vibrazione, ognuno dei quali sarà l' ottava della prima ottava della corda medesima. Facilmente si comprende l' andamento progressivo di una tale operazione.
CXX. Supponghiamo ora che la corda prescelta, nel suo totale produca il suono grave Do, che nella chiave di basso viene rappresentato da una nota situata nella seconda riga finta sotto la posta. Dalle varie divisioni di questa corda Do, si vengono ad ottenere i diversi suoni indicati nell' Esempio -- Vedasi lettera A3.
Le cifre numeriche di questo esempio, esprimono il numero dei suoni identici rappresentati ognuno dalla sottoposta nota, i quali possono ottenersi dalla corda istessa, mediante la sua divisione in tante parti eguali, quante ne indica il numero medesimo. Per esempio il numero 5 indica, che cinque Mi si ottengono dalle cinque parti eguali in cui si suppone divisa la corda, perciò ogni quinto di questa corda dà un suono Mi, all' intervallo di terza maggiore sopra alla seconda ottava del suono Do della corda totale. L' istesso intendasi per tutti gli altri numeri.
I medesimi numeri esprimono ugualmente la quantità delle vibrazioni, che quella tal parte di corda eseguisce, in quell' eguale spazio di tempo necessario alla corda totale, per fare una sola vibrazione. La nota sotto al numero istesso, rappresenta allora quel suono resultante da quel dato numero di vibrazioni.
CXXI. Nella comparazione degli intervalli, si considerano [-89-] i suoni puramente per se stessi, ed astratti dai corpi da cui vengono prodotti. Il respettivo numero delle vibrazioni, da cui resultano i due, o più suoni presi in confronto, determina precisamente i rapporti dei loro intervalli.
Seguendo adunque la proposta regolar divisione della corda, si potrà rilevare, per esempio che da due vibrazioni contro una si hanno due suoni, uno all' ottava dell' altro: e siccome il suono più acuto, in questo caso stà al più grave nella proporzione medesima che il numero 1 stà al numero 2, così il rapporto dell' intervallo d' ottava è come 2 a 1. Tre vibrazioni nello stesso tempo di due, fanno sentire due suoni all' intervallo di quinta maggiore: dunque siccome il suono acuto rispetto al grave, trovasi in tale intervallo nell' istessa proporzione che vi ha fra il numero 3 ed il numero 2, per ciò il rapporto della quinta maggiore è come 3 a 2.
Così, la seconda minore trovasi nel rapporto . . . . 16:15 La seconda maggiore . . . . . . . . . . . . . . . . . 9:8 La terza minore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6:5 La terza maggiore . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5:4 La quarta minore . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4:3 La quarta maggiore . . . . . . . . . . . . . . . . . 3:2 La sesta minore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8:5 La sesta maggiore . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5:3 La settima minore . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7:4 La settima maggiore . . . . . . . . . . . . . . . . .15:8 L' Ottava . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2:1
CXXII. Se poi vogliasi conoscere i rapporti di grandezza dei corpi, producenti i suoni a quei determinati intervalli, i numeri dell' esempio medesimo si dovranno riguardare come denominatori di una frazione, aventi per numeratore il numero 4: perchè, come abbiamo accennato, la velocità di vibrazione è in ragione inversa delle grandezze dei corpi sonori, ed [-90-] attesa la supposizione del numero 1 nella corda totale, si và incontro per conseguenza nelle successive divisioni, ad una progressione crescente per intieri per riguardo al numero delle vibrazioni, ed inversamente ad una progressione decrescente per frazioni della unità, in quanto alla grandezza dei corpi sonori. Sicchè considerato il rapporto di grandezza di due corpi capaci a produrre due suoni all' intervallo di ottava, si riscontrerà questo essere come 1 a 1/2: per l' intervallo di quinta più un ottava, come 1 a 1/3: per l' intervallo di terza maggiore, come 1/4 a 1/5 . . . eccetera.
CXXIII. In qualunque maniera si riguardino i suoni, o astratti, o concreti, si potranno sempre istituire una gran quantità di confronti, perchè qualunque suono derivante dalla proposta divisione, può esser comparato o col totale o con una qualunque delle parti. Abbiamo portata la divisione della corda fino a sedici parti eguali, ma poteva volendo, estendersi anco ad un numero assai maggiore, dalle quali si sarebbero ottenuti dei suoni sempre più acuti, avvicinati da più piccoli intervalli, che fino ad un certo punto avrebbero potuto essere rappresentati da note munite di diesis, o di bimolli, o doppi diesis, o doppi bimmolli, o di tripli, quadrupli. . . . eccetera diesis o bimolli.
CXXIV. Riprendiamo adesso la corda istessa, e mettiamola in movimento con una forza tale, da far prendere una grande estensione alle sue vibrazioni. Se attentamente vi porghiamo orecchio, e ne analizziamo il suono, si sentirà che oltre il supposto Do grave, una quantità di suoni più acuti, ma assai più deboli risuonano con esso. Allorchè l' orecchio, per contratta abitudine sia capace ad astrarre i suoni, si potrà riscontrare, che il totale di questa corda và unito ai suoni della sua ottava, della sua duodecima, della sua doppia ottava, della sua decimasettima maggiore, della ottava della duodecima, della settima minore sopra le seconda ottava . . . . eccetera. Dunque la corda nel tempo della sua azione, senza spezzarsi, si rompe in una quantità di parti, le quali non cessano di concorrere alle vibrazioni totali, mentre che vibrano ciascheduna in particolare, e così producono debolmente quel suono relativo alle loro grandezze. Questo è il fenomeno rinvenuto nella risonanza dei corpi sonori.
[-91-] L' orecchio il più squisito ed esercitato, non ha potuto finora udire nella risonanza del corpo sonoro altri suoni più acuti, oltre quello prodotto dal numero 7 che chiamasi suono perduto per cagione della sua estrema debolezza. Ma siccome si riscontra l' esatta divisione del corpo istesso in 2, 3, 4, 5, 6, e 7 parti, così è da supporsi che la corda si divida, o sia suscettibile a dividersi per se stessa in un numero assai maggiore di parti, e che solamente dipenda dalla circoscrizione dei nostri organi, il non poterne udire i diversi suoni: come appunto segue all' occhio, che è incapace a distinguere alcuni piccoli corpicciuoli senza l' aiuto del microscopio.
CXXV. Le parti della corda non potrebbero vibrare indipendentemente, se non si formassero alcuni punti fissi nella corda medesima per circoscrivere le due estremità di quella porzione di corda, che deve agire separatamente, come se ella fosse una corda più piccola. Questi punti fissi, si chiamano nodi armonici.
Un leggerissimo ostacolo che incontrisi dalla corda oscillante in uno dei suoi nodi armonici, fa sì che le vibrazioni del totale venendo a risentirne alterazione, il suono oltre variar grado, varia anco di qualità. Egli è per questo che i suoni che si ottengono con tal mezzo da una corda qualunque, si chiamano suoni armonici.
Supponghiamo che sulla proposta corda Do, leggermente si posi la estremità di un dito nel punto di divisione, per esempio, della sua quarta parte, ove appunto come sappiamo, deve formarsi uno dei nodi armonici: dall' uno dei lati la corda rimarrà libera nelle sue tre quarte parti riunite, mentre che dall' altro non ne resterà che una sola quarta parte. Ora dunque con questo leggero ostacolo, posta in moto la corda, tanto dal lato dei tre quarti, che dal lato di un quarto si otterrà egualmente l' istesso suono armonico, corrispondente in questo caso alla doppia ottava del totale, proveniente come ci è note da 1/4. Dunque i suoni armonici che si ottengono da una corda corrispondono sempre al grado che vien prodotto dalla più piccola porzione, in cui dall' ostacolo vien divisa la corda medesima.
[-92-] I suoni armonici, benchè non di frequente, si praticano in tutti gli strumenti a corda, come il Violino, Violoncello, Arpa, Chitarra eccetera e da una qualunque corda di una conveniente lunghezza, come sono per esempio quelle del Violoncello, si possono ottenere i suoni armonici fino anche alla sedicesima divisione. Questi suoni presi nel loro ordine numerico e progressivo, formeranno sempre una serie corrispondente a quella ottenuta dalla divisione artificiale della nostra corda Do, già indicata nel più volte citato esempio alla lettera A3, e per conseguenza simile alla serie, che in parte si riscontra ed in parte si suppone, nella risonanza dei corpi sonori.
Questa serie parimente è la scala naturale dei Corni da caccia, e delle Trombe a squillo. Siccome in tali strumenti, ogni aumento di forza comprimente, che proviene dallo spinger del fiato del suonatore, non può produrre aumento di estensione nelle vibrazioni longitudinali della colonna d' aria, la quale non può che restar sempre di una lunghezza eguale a quella del tubo in cui è rinchiusa, perciò ella è obbligata a dividersi spontaneamente in un numero maggiore o minore di parti, proporzionatamente alla maggiore o minor pressione che ella riceve. Di qui ne viene, che incominciando dal grado di minima pressione, sufficiente ad ottenere il suono del totale, se si cresca appoco appoco di forza, si otterrà la prima divisione in due parti, poi in tre, poi in quattro parti . . . eccetera e per conseguenza si avrà l' ottava, la quinta sopra l' ottava, la doppia ottava . . . eccetera eccetera, e si potrà in alcuni casi nel Corno da caccia anche arrivare alla quarta ottava proveniente da 1/16.
CXXVI. I varii movimenti eccitati nell' aria da due differenti suoni, producono un terzo suono aereo, identico al suono generatore, a cui i medesimi possono riferirsi in una maggior semplicità di rapporto. Il suono aereo è il resultato della concorrenza dei raggi delle vibrazioni. L' esempio alla lettera B3 contiene alcune combinazioni di suoni, che danno, per terzo suono, quello rappresentato da una piccola nota nera.
CXXVII. Tra gli altri fenomeni è ancora da notarsi, che le vibrazioni dei corpi sonori, naturalmente [-93-] si comunicano a tutti gli altri corpi elastici, purchè fra loro ritrovinsi in proporzioni corrispondenti alla fisica risonanza. Due corde, per esempio, fuori di contatto, ma situate a tal distanza che il suono dell' una possa giungere fino all' altra, vibreranno contemporaneamente ponendone in moto una sola, quando sieno fra di loro nelle proporzione 1:1, o 1:2, o 1:3 . . . eccetera eccetera. Tale azione estendesi anco ai corpi eterogenei.
Questi diversi fatti, ormai cognitissimi ed abbastanza comprovati, coincidono esattamente fra di loro, talchè sono da riguardarsi come il fenomeno istesso, che sotto variate forme si riproduce.
CXXVIII. La coesistenza dei suoni della serie naturale dei numeri, da alcuni Fisici vien riguardata come un semplice fenomeno particolare, e da altri come una qualità essenziale del suono medesimo, la quale formi la sostanzial differenza che vi ha fra un suono distinto, ed un rumore. Questa medesima qualità viene parimente reputata la base principale delle musica: talchè la serie dei suoni indicati dalla risuonanza di un corpo sonoro, da alcuni armonisti si considera come l' unico ed inviolabil principio fisico, da cui derivano le stabili proporzioni delle scale modali, delle armonie equitemporanee, cioè degli accordi, e sul quale si fondano le leggi di successione dei suoni, e degli accordi medesimi.
Ma alcuni di tali sistemi riescono più ammirabili per l' ingegno dei loro autori, che veri per l' evidenza dei principii in essi stabiliti. Ed in fatti, anco l' orecchio il più ottuso non cambierebbe la serie dei suoni contenuta fra il numero 8. ed numero 16. della risuonanza, colla serie diatonica del nostro modo maggiore, benchè d' altronde vi abbia una qualche rassomiglianza fra queste due scale.
Ecco le proporzioni degli intervalli della scala diatonica, ove ammessa sempre uguaglianza di tempo, e supposto alla tonica una vibrazione, ogni successiva nota si vedrà resultare da un aumento frazionario di vibrazione, fino a ridursi a due, dalle quali resulta l' ottava della tonica medesima.
[-94-] Tonica Do . . . . . . 1 vibrazione. Seconda Re . . . . . . 1 1/8 Terza Mi . . . . . . 1 2/8 Quarta Fa . . . . . . 1 1/3 Quinta Sol . . . . . . 1 4/8 Sesta La . . . . . . 1 2/3 Settima Si . . . . . . 1 7/8 Ottava Do . . . . . . 2Presentando le proporzioni medesime nella forma di tante frazioni ridotte ad un comune denominatore: avremo
Do 24/24, Re 27/24, Mi 30/24, Fa 32/24,
Sol 36/24, La 40/24, Si 45/24, Do 48/24.
Ora valendosi dei soli numeratori di queste frazioni, e moltiplicato per 3 ciaschedun numero da 8. a 16., daddove abbiamo la serie graduale dei suoni prodotti dalla risonanza di una corda, potremo venire in cognizione delle differenza che passano fra queste due scale, cioè.
SCALA DIATONICA
Secondo la risonanza Secondo la pratica Tonica Do . . . . . . . . 24 . . . . . . . . Do 24 Seconda Re . . . . . . . . 27 . . . . . . . . Re 27 Terza Mi . . . . . . . . 30 . . . . . . . . Mi 30 Quarta Fa . . . . . . . . 33 dissimile Fa 32 Quinta Sol. . . . . . . . 36 . . . . . . . .Sol 36 Sesta La . . . . . . . . 39 dissimile La 40 Si bimmolle . . . 42 estranea Settima Si . . . . . . . . 45 . . . . . . . . Si 45 Ottava Do . . . . . . . . 48 . . . . . . . . Do 48[-95-] Alcuni Monocordisti credono trovare una maggior coincidenza fra le due scale, sopprimendo piuttosto il Si naturale che il Si bimmolle della serie della risonanza, appoggiandosi sulla antecedente generazione del Si bimolle secondo l' ordine numerico, giacchè il Si bimolle riscontrasi al numero 7., ed il Si naturale a numero 15. La sola differenza, che in tal caso ne resulta si è, che per corda generatrice dei suoni del sistema musicale dovrebbe prendersi la dominante, e non la tonica. In qualunque delle due maniere però, è sempre indispensabile la esclusione di una di queste due note, perchè la scala diatonica non ha che sette differenti suoni per arrivare all' ottava, mentre la serie naturale ne conta otto.
Nella nostra dimostrazione abbiamo stimato meglio conservare il Si naturale, perchè identico alla pratica, mentre il Si bimolle della risonanza non è idoneo a corrispondere ad un intervallo diatonica di settima minore col suono inferiore Do. Ciò si dimostra col prendere Sol 36 un ottava sotto, all' oggetto di far resultare le proporzioni dell' intervallo di settima minore da Sol 18, e Fa 32. Ora siccome Sol 18. stà a Fa 32, come Do 24 stà a Si bimolle 42 12/18, così per essere il Si bimolle della risuonanza solamente 42 non può corrispondere all' intervallo di settima minore di Do, per la mancanza di 12/18, ossiano 2/3 di vibrazione.
Questa differenza, come le altre due che si riscontrano fra la quarta, e fra la sesta nota delle due scale riportate, è sensibilissima ed oltremodo spiacevole all' udito, talchè i suonatori di Corno, e di Tromba, che sono costretti a servirsi della scala data dalla risonanza dei corpi sonori, non possono mai praticare queste tre note, senza una artificiale modificazione.
CXXIX. Per tali ragioni credesi generalmente più naturale, il considerare la maggior semplicità possibile dei rapporti numerici delle vibrazioni, come la base del sistema musicale.
Il rapporto più semplice è quello espresso da [signum] 1:2, cioè l' ottava: ma siccome l' ottava non è che repetizione del suono istesso, perciò ella non è idonea a stabilire per se stessa veruna gradazione di [-96-] suoni diversi: vale a dire non si può determinare le proporzioni di una scala modale per mezzo di una progressione di ottave.
Dopo l' ottava, il rapporto più semplice è quello [signum] 2:3, cioè l' intervallo di quinta maggiore, ed è per mezzo di una progressione di simili intervalli, che gli accordatori d' Organo, o di Pianoforte pervengono a stabilire le proporzioni diatoniche e cromatiche, già adottate dalla pratica musicale. Ma una tale operazione non potrebbesi eseguire a perfetto rigor di calcolo, senza notabil guasto della proporzione degli intervalli necessarii alla pratica, ed è perciò che neppure in questo senso, la interpetrazione del fenomeno non trovasi in perfetta coincidenza colla pratica. Eccone una dimostrazione.
Presi i sette suoni diatonici Fa, Do, Sol, Re, La, Mi, Si, separati tutti da tanti intervalli di quinta, nella giusta proporzione [signum] 2:3, e considerato Fa eguale a 16, avremo la progressione.
Fa, Do, Sol, Re, La, Mi, Si, [signum] 16 : 24 : 36 : 54 : 81 : 121 1/2 182 1/4Per ridurre i suoni di questa progressione ad una serie graduale incominciante da Do, sarà necessario inalzare il Fa 16, alla sua ottava Fa 32, e prendere Re 54. nella sua ottava inferiore Re 27, come pure il Mi 121 1/2 ridurlo a due ottave sotto, cioè 30 3/8, come il Si 182 1/4 che si riduce a Si 45 9/16, ed il La 81 nella sua ottava La 40 1/2. Per mezzo di tali trasformazioni, la serie diatonica proveniente da una progressione di sette quinte si troverà essere nella proporzione seguente
Do 24, Re 27, Mi 30 3/8, Fa 32, Sol 36, La 40 1/2 Si 45 9/16:
e si vedrà differire la scala diatonica pratica in tre diversi gradi, cioè
[-97-] SCALA DIATONICA Secondo la pratica Dalla serie di quinte Do 24 . . . . . . . . . . . . Do 24 Re 27 . . . . . . . . . . . . Re 27 Mi 30 . . . . . . . . . . . . Mi 30 3/8 Fa 32 . . . . . . . . . . . . Fa 32 Sol 36 . . . . . . . . . . . . Sol 36 La 40 . . . . . . . . . . . . La 40 1/2 Si 45 . . . . . . . . . . . . Si 45 9/16CXXX. Se poi vogliansi determinare i gradi della scala cromatica, col mezzo di una progressione di quinte, la duodecima di queste quinte dovrebbe precisamente corrispondere all' ottava giusta di quel suono da cui si è partiti, perchè nel sistema musicale pratico, il tredicesimo suono compie la divisione cromatica di una ottava. Ma conservando rigorosamente l' esatto rapporto dell' intervallo di quinta, non si può effettuare una tale operazione.
Per darne con maggior chiarezza una dimostrazione, trasformeremo il rapporto della quinta [signum] 2:3 in [signum] 1:3, giacchè sappiamo ciò niente influire sulla sostanza dei due suoni perchè 1 è l' ottava sotto di 2, e preso Fa 1 per punto di partenza, istituiremo la progressione Fa 1 : Do 3 : Sol 9 : Re 27 . . . fino al decimoterzo suono. Mi diesis 532,441. Ripreso il Fa 1, ed inalzato in ragion dupla a tante ottave, quante sono necessarie per avvicinarlo all' ottenuto [-98-] Mi diesis, avremo per ultimo termine approssimativo, Fa 524,288: dunque
[Picchianti, Principj, 1:98; text: Mi diesis, 531,441, Fa, 524,288, Differenza, 7,153] [PICPRI 05GF]
Quel piccolo intervallo, che in molti casi si incontra, allorchè vogliasi produrre un suono, o eguale, o concidente per mezzo di due differenti progressioni, si chiama Comma. L' eccesso del Mi diesis proveniente dalla progressione di dodici quinte partendosi da Fa, sopra il Fa medesimo inalzato colle sue ottave ad un grado corrispondente, è il comma massimo, chiamato comma di Pittagora, ed il suo rapporto come abbiamo veduto, è nella proporzione 524,288/531,441
CXXXI. Quanto si è esposto basta a provare sufficientemente che i prodotti della fisica risonanza, e la progressione per intervalli di più semplice rapporto, non possono dare una serie di suoni identica alla scala diatonica. Ma d' altronde non conoscendosi altra graduazione di suoni, che si trovi in un rapporto così esatto col nostro istinto musicale, quanto la scala diatonica: e siccome questa scala diatonica è sempre [-99-] rimasta fissa e stabile in mezzo ad una continua movibilità, a cui per propria natura và soggetta l' arte musicale istessa: così è forza conchiudere, che questa scala diatonica, e per conseguenza tutto il sistema musicale, o dipende da un principio fisico non per anche cognito, o che il fenomeno della risonanza dei corpi sonori non è stato ancora convenientemente interpetrato.
CXXXII. Per giudicare della qualità, e degli effetti degli intervalli, è sempre necessario attribuirgli i rapporti determinati dalla fisica risonanza, ma per l' uso pratico egli è totalmente impossibile di servirsene sempre in tali rapporti. Se vogliasi giusta la progressione da un suono all' altro, il rapporto col suono fondamentale, o la acutezza assoluta non resta la medesima: ed assegnando a ciascuno la sua esatta corrispondenza col suono fondamentale, essi non saranno più nel giusto rapporto fra di loro. Un solo esempio di una semplice successione dei suoni, Sol, Da, Fa, Re, Sol, Do sarà sufficiente per dimostrarlo. Facendo procedere questi suoni nei loro giusti rapporti, ed esprimendo tutti questi rapporti coi loro minimi termini, avremo
Sol Do Fa Re Sol Do (3 : 2) , (3 : 4) , (6 : 5) , (3 : 4) , (3 : 2) 243 : 162 : 216 : 180 : 240 : 160Il Sol 243 nella sua repetizione abbasserebbe di grado fino a 240, come il Do 162 ridurrebbesi a 160: ed allora sul finire di questa successione, i due suoni Sol, Do si troverebbero calati di un comma 81/80, perchè 81:80::243:240, e parimente 81:80::162:160.
Volendosi ripetere questo seguito di suoni, o eseguire [-100-] una melodia più lunga di questa, non si potrà che allontanarsi ancora di più, Se più voci vogliono continuare il loro canto con intervalli giusti, ciascuna divergerà dalla primitiva intonazione in una maniera diversa dalle altre, nè più vi sarà armonia, nè accordo.
CXXXIII. Siccome non è possibile di servirsi sempre degli intervalli giusti, bisogna almeno che ciascuno intervallo si approssimi, per quel più che si può, alla perfetta esattezza, senza molto deteriorare gli altri. Il solo intervallo di ottava non è suscettibile di veruna alterazione senza grave offesa dell' udito: ma in quanto a tutti gli altri ella è una esperienza oramai incontestabile, che nel sentire un intervallo che pochissimo differisca da un altro, esprimibile da più semplici rapporti, credesi udire il più semplice, e che questa illusione è tanto più perfetta, quanto minore si è la differenza.
Le piccole alterazioni dei suoni, necessarie per tale effetto, si chiamano Temperamento. Alcuni credono che il temperamento non esista che per gli strumenti a suoni fissi, ma ciò stato di sopra esposto, serve a provare che i cattivi risultati dei rapporti troppo esatti sono fondati sulla natura dei rapporti medesimi. Chiunque cantate e chiunque suonatore tempera senza saperlo, e ciascuno in una maniera diversa. Per esempio, noi sappiamo che le quattro corde del Violino danno i quattro suoni fissi Sol, Re, La, Mi: se questi suoni fossero l' uno dall' altro divisi da un giusto intervallo di quinta, Violino non si troverebbe perfettamente accordato, perchè il Mi della corda più piccola (del cantino), non potrebbe corrispondere alla ottava giusta del Mi, sesta maggiore del Sol della corda più grossa.
Supponghiamo che il Sol più grave sia eguale a 12; attese le proporzioni [signum] 2:3 della quinta maggiore, avremo
Sol Re La Mi 12 : 18 : 27 : 40 1/2Il rapporto della sesta maggiore è come [signum] 3:5; 3:5::12:20; dunque Sol 12, Mi 20, Mi 40, e [-101-] per conseguenza Mi come terza quinta presa da Sol = 40 1/2; Mi come ottava della sesta maggiore dell' istesso Sol = 40.
Tal differenza porta con se l' alterazione di molti altri intervalli, perchè il Mi del cantino non trovandosi in questo punto nel suo giusto rapporto col Sol della quarta corda, sarà impossibile che i diversi suoni medii venghino a corrispondere giustamente nelle loro relative proporzioni, tanto con questo Mi, che con questo Sol. Per correggere un tal difetto è indispensabile, che le tre quinte siino un poco calanti, e tali appunto le formano praticamente i suonatori di Violino, ed i più senza saperne il perchè.
Col variare delle cause, variasi ancora il temperamento, ed è perciò che quello della Viola non è eguale a quello del Violino, nè questo è simile al temperamento necessario nell' Oboe, nel Fagotto... eccetera.
CXXXIV. Il temperamento non è altro in sostanza, che una sottrazione del comma pittagorico dalla respettiva grandezza di alcune, o di tutte le dodici quinte, per mezzo delle quali si perviene a fissare la gradazione della scala cromatica. Una tal sottrazione è indispensabile, affinchè il tredicesimo suono prodotto dalla duodecima quinta, sia la giusta ottava del suono da cui si è partiti.
Vi possono essere quanti temperamenti ineguali si vogliono, ma non ve ne sarà che uno solo eguale, per che uno solo è il giusto reparto in quote esatte e proporzionali, che può assegnarsi in diminuzione di ciascheduna quinta.
Nei temperamenti diseguali, più sarà il numero delle quinte esatte, più il temperamento sarà cattivo: perchè quel piccolo numero di quinte fra le quali deve repartirsi il comma pittagorico, divengono insopportabili. Il caso istesso, se il comma viene repartito inegualmente. Il peggior temperamento è quello ove vi sono delle quinte più alte, perchè allora le altre quinte sopporteranno, oltre il comma pittagorico, l' eccesso delle quinte alzate.
Il temperamento eguale è il migliore di tutti, perchè una eguale repartizione della differenza suddetta su tutti gli intervalli, meno l' ottava, fa sì che la inesattezza di ciascuno intervallo è troppo piccola, per [-102-] agire in maniera spiacevole sul nostro udito. Il primo a proporre un simil temperamento fù il celebre Rameau: ma per i soliti impedimenti, che incontrano simili innovazioni, è adesso, cioè a dire quasi dopo un secolo, che si è generalmente adottato.
CXXXV. Il calcolo per il temperamento eguale o per la progressione geometrica dei numeri fra 1 e 2, può farsi in varie maniere. Una delle più semplici consiste, in moltiplicare dodici volte di seguito l' unità colla duodecima radice di 2; cioè si può meglio eseguire coi logaritmi, che col mezzo dei numeri stessi.
Questa progressione geometrica può esprimersi nella seguente maniera
[Picchianti, Principj, 1:102; text: Do diesis, Re diesis, Mi, Fa diesis, Sol diesis, La, Si bimolle, 1, 2 1/12, 2 3/12, 2 4/12, 2 5/12, 2 6/12, 2 7/12, 2 8/12, 2 9/12, 2 10/12, 2 11/12, ovvero] [PICPRI 05GF]
Ciascun intervallo del nostro sistema musicale, eccettuato l' ottava, non può rigorosamente essere espresso altro che da numeri irrazionali, che rappresenteranno sempre i numeri più semplici, dai quali non differiscono che in una maniera quasi impercettibile ai nostri sensi. Così la quinta 12[signum]27 differisce dalla vera 3:2 del comma 149,831/150,000 e la terza maggiore 12[signum]24 differisce dalla vera 5:4 di un poco meno del comma [-103-] 125/126. Allorchè si vuole assegnare ad un intervallo una maggiore esattezza, guastansi gli altri.
Per mezzo dei calcolo decimale, si è approssimativamente determinato la lunghezza delle corde necessaria a produrre una scala cromatica egualmente temperata. Noi riporteremo quella che ci da il Dottore Chladni nel suo trattato di Acustica, ove si suppone il suono Do reso da una corda eguale a 1 diviso in 100,000 parti, e si determina quante di queste parti sieno necessarie, per ottenere gradatamente da questa istessa corda ciascun suono cromatico fino all' ottava.
Do . . . . . . . . . . . . . . . . . . = 1,00000. Do diesis, o Re bimolle. . . . . . . . = 94387. Re . . . . . . . . . . . . . . . . . . = 89090. Re diesis, o Mi bimolle. . . . . . . . = 84090. Mi . . . . . . . . . . . . . . . . . . = 79370. Fa . . . . . . . . . . . . . . . . . . = 74915. Fa diesis, o Sol bimolle . . . . . . . = 70710. Sol. . . . . . . . . . . . . . . . . . = 66742. Sol diesis, o La bimolle . . . . . . . = 62996. La . . . . . . . . . . . . . . . . . . = 59461. La diesis, o Si bimolle. . . . . . . . = 56123. Si . . . . . . . . . . . . . . . . . . = 52973. Do . . . . . . . . . . . . . . . . . . = 50000.CXXXVI. I notabili progressi che la musica ha fatti in quest' ultimo ventennio, debbonsi principalmente attribuire all' avere adottato il temperamento eguale, prima nel Pianoforte, e poi in tutti gli altri strumenti a suoni fissi. Questa innovazione ha dato impulso al perfezionamento di varii strumenti come il Flauto, il Clarinetto. . . . . eccetera i quali offrendo ora più vasto campo al compositore di musica, [-104-] nè obbligandolo più a riguardar come nemiche quelle scale modali di sei, o sette diesis, o di sei o sette bimolli, ha potuto più facilmente rinvenire nuove e più variate foggie di melodie, e di modulazioni, non per anche tentate.
Anco gli sforzi ingegnosi per sviluppare le leggi dell' armonia colle fisiche proprietà del suono, non sono stati del tutto svantaggiosi alla teoria, ed alla pratica della musica, perchè malgrado la diversità dei principii, tutti convengono adesso, che il tipo dell' armonia equitemporanea ci vien presentato nella risonanza del corpo sonoro, dagli intervalli esprimibili dal numero 1 al numero 6, e dalle loro moltiplicazioni, o divisioni per 2.
Nulla però di positivo si rinviene in detto fenomeno, per riguardo alla successione dei suoni, ed è per questo che la così detta scienza del basso fondamentale, con cui pretendevasi stabilire le fisiche leggi di successione degli accordi, è stata per la mancanza di solida base, riconosciuta insussistente in quanto alla teoria, ed erronea in quanto alla pratica.
ARTICOLO OTTAVO
Dell' armonia.
CXXXVII. Secondo le idee le più comuni, per armonia musicale intendesi la scienza degli accordi e delle loro successioni, e si da il nome di accordo ad una riunione di tre differenti suoni almeno, di quattro, o tutto al più di cinque. Ma considerata nel suo più stretto senso, e nel suo più ampio significato, l' armonia deriva da quella particolar proprietà, che si riscontra fra le diverse parti componenti un solo e medesimo tutto bene ordinato e connesso, mentre fuori di questa riunione ciascheduna parte indipendentemente e per se stessa, forma un tutto separato e distinto. L' armonia dunque è il resultato della felice combinazione della Unità, e della Varietà.
[-105-] L' uomo trovasi collocato nel centro dell' armonia: tutto il creato è armonia, perchè fra tutti gli oggetti da cui siamo circondati riscontrasi unità, e varietà. I varii ordini sociali formano l' armonia del viver civile, sorgente di comun felicità, allorchè provide leggi stabilischino e mantenghino quella unità, necessaria ad equilibrarne l' immensa varietà. L' armonia è a noi sì omogenea, e ci arreca tanto piacere, che non solo la esigiamo nelle produzioni dello spirito e dell' ingegno, ma la desideriamo ancora nelle arti le più meccaniche, nel vestiario, nei mobili, e perfino negli oggetti destinati ai nostri usi i più vili. L' armonia, in fine, è l' anima della musica.
CXXXVIII. Una produzione musicale ben composta, e felicemente immaginata presenta armonia per tutti i suoi lati. Nella contemporaneità e nella successione dei suoni, unità e varietà: nella esposizione, collegazione e sviluppo delle diverse idee, unità e varietà: nella gradazione e disposizione del forte e del piano: nel movimento, ora concitato, ora lento: nei riposi . . . eccetera per tutto in somma unità e varietà, cioè armonia. Queste varie specie di armonia possono tutte, più o meno assoggettarsi all' insegnamento, ma per esser alcune referibili solamente a casi particolari, non si possono per esse istituire regole fisse e generali, come può farsi nella armonia proveniente dalla coesistenza di più suoni, la quale riconosce un principio fisico, ed ha alcuni dati positivi ove appoggiare quelle osservazioni, necessarie a dedurne le regole. Egli è solo di questa ultima specie che intendiamo adesso parlare.
Lo studio dell' armonia comprende
1. La dottrina degli accordi.
2. La scienza della modulazione.
3. La teoria dell' accompagnamento.
Questi tre diversi articoli forniscono la materia agli studii preparatorii della composizion musicale, e da essi solo dipende la purità di stile, di cui manca affatto un compositore, allorchè o per negligenza o per altra causa, abbia trascurato di approfondirsi nei medesimi.
[-106-] Se lo studio dell' armonia è indispensabile a chi vuol dedicarsi alla composizione, egli non è meno necessario al semplice esecutore di musica. Ed in fatti qual piacere potrebbe ritrarsi anco dal più sublime pezzo di poesia, scritta in una lingua intelligibile dagli uditori, ma poco o nulla cognita a colui che imprendesse a declamarcela? Come mai dunque un suonatore che ignora l' armonia, potrà egli farcene gustare i pregi con quella profonda squisitezza, che richiedesi, se questa armonia è un linguaggio a lui noto imperfettamente, e per semplice meccanismo? Quando il suo genio lo trasporti ad abbellire ed animare una melodia, come potrà egli ciò fare correttamente, allorchè gli cono ignote le sorgenti da cui essa deriva? Ma pur troppo accade, che quegli otto o dieci anni di fatica. impiegati a superare quelle meccaniche difficoltà che presenta uno strumento di musica qualunque, riescono insufficienti ad ottenere ciò che dalla musica si esige, per la sola trascuratezza di impiegar pochi mesi nello studio dell' armonia.
CXXXIX. Per l' acquisto della scienza dell' armonia, oltre la viva voce del maestro, sarà sempre utile il ricorrere ad un buon Trattato, il quale ad ogni momento può richiamare alla memoria quel tanto che fosse sfuggito. Molti valenti Artisti, ed anco letterati insigni hanno sviluppato, chi più, chi meno profondamente tal materia: ma il lodevole desiderio, o di presentarla con maggior chiarezza, o di svilupparla più completamente, o con più precisione ordinarla, o di crear nuovi sistemi, ha partorito una immensa quantità di tali libri, gli uni sì dissimili dagli altri, che direbbesi trattare essi di materie l' uno dall' altro differenti. Ogni autore crede meglio esprimersi, inventando nuovi vocaboli per distinguere i medesimi oggetti: per esempio uno stesso aggregato di suoni differenti, chi lo chiama armonia, chi accordo, chi triade. . . . eccetera: chi basa il suo sistema sopra un solo accordo, chi sopra due, chi sopra sette, chi dodici, chi sessanta, chi infine stabilisce tremila e seicento specie diverse di accordi.
Abbenchè nello scegliersi un Trattato sia sempre da seguirsi l' opinione del dotto maestro, a cui va ingiunto l' obbligo di renderlo intelligibile allo scuolare, [-107-] commentandoglielo, e rischiarandoglielo, ove ne appaia intralciato e confuso, affine di dileguare quell' aria di inaccessibilità, che qualche volta incontrasi in simili libri: pur non ostante non sarà disutile il presentar qui, nel più ristretto possibile, e nel suo aspetto il più semplice, una sufficiente idea di tal materia.
CXL. La scelta dei suoni simultanei ove possa incontrarsi quella unità e varietà, capace a produrre quella armonìa, di cui la musica ai dì nostri va così adorna, non dipende da umano capriccio, come vi dipende per la più gran parte la successione parziale di essi suoni. La natura ci offre il modello, il vero tipo dell' armonia proveniente dalla contemporaneità di più suoni, nè sta in facoltà dell' uomo il prescindervi, giacchè l' organizzazione dell' orecchio riscontrasi in tal punto in egual rapporto colla risonanza dei corpi sonori.
Riprendendo per ciò la serie dei suoni prodotti da una medesima corda vibrante, riportati nell' Esempio alla lettera A3, verremo in cognizione per mezzo dell' esperimento: che facendo sentire contemporaneamente tutti i suoni dal numero 1 fino al numero 6, ne avremo per resultato una graditissima armonia, la quale sempre più verrà disturbata, a misura che vorrà introdurvisi altri suoni provenienti dalla risonanza medesima, dal numero 7 in poi.
CXLI. L' azione di due suoni contemporanei è una consonanza, perchè consonare esprime propriamente l' idea di suonare insieme: ma nel teorico linguaggio della musica, si da esclusivamente: il nome di consonanza a quella gradita armonia, che può ottenersi da due suoni sentiti in un medesimo tempo. Per dissonanza intendesi il resultato della azione di due suoni contemporanei, fra i quali regna una tal qualità di proporzioni, da non poter produrre una sodisfaciente armonia.
Se dai primi sei suoni resultanti dalla spontanea risonanza di un corpo sonoro, sottraggansi i primi tre, cioè i numeri 1, 2, e 3, i quali non sono che repetizioni in ottave gravi dei suoni numero 4, e 6, avremo per residuo i tre suoni 4, 5, e 6, che nel caso riportato nell' Esempio alla lettera A3, corrispondono alle note [-108-] Do, Mi, Sol. Siccome l' azione contemporanea di questi tre suoni, produce in noi la sensazione la più piacevole, così è da conchiudersi, che tali suoni siano tutti separati da intervalli consonanti.
Preso il suono Do per il punto di partenza, cioè per il numero 1, il suono Mi lo troveremo distante per l' intervallo di terza maggiore da esso Do, come Sol lo troveremo una terza minore più acuto del Mi, ed una quinta maggiore più acuto di Do. Gli intervalli consonanti che quivi si riscontrano sono dunque, la terza maggiore, la terza minore, e la quinta maggiore.
I due suoni che formano una consonanza, in qualunque senso venghino presentati, non possono che produrre una consonanza: vale a dire, che la terza e la quinta anche prese una o più ottave sopra al suono più grave, non cesseranno mai di essere consonanti, come non lo possono cessare invertendosi l' ordine dal grave all' acuto dei suoni medesimi, cioè allorchè si trasporti il più grave una ottava più in acuto, o viceversa. Tale operazione chiamasi in pratica rovesciare l' intervallo: Vedasi negli esempii alla lettera C3, numero 2, e 3. In questi primi tre numeri di tale esempio appariscono consonanti gli intervalli diatonici di ogni grado, meno la seconda e la settima: dunque se la seconda e la settima non si trovano compresi fra il numero degli intervalli consonanti, è forza concludere che essi sieno intervalli dissonanti, e vedremo nell' istesso esempio C3, numero 4, essere l' uno il rovescio dell' altro.
CXLII. I nostri antichi divisero in due classi gli intervalli consonanti. L' unisono, l' ottava suo rovescio, e la quinta maggiore col suo rovescio la quarta minore, furono dette consonanze perfette, ed alla terza maggiore e minore e loro rovescii fù assegnato il titolo di consonanze imperfette. La causa di una tal divisione si è, che l' unisono e la quinta maggiore, o come dicesi quinta giusta, non comportano aumento o decremento nella loro dimensione di intervallo, senza diventare dissonanze: così tali intervalli furono detti perfetti, perchè ciò che è perfetto è uno ed immutatabile, nè ammette numero nè gradi, senza perdere o degenerare dalla sua intrinseca qualità di perfetto. All' [-109-] opposto la terza ammettendo pluralità di gradi, col trovarsi consonante tanto nel suo intervallo maggiore, che nel suo minore, perciò ella fu distinta col nome di consonanza imperfetta.
Rendesi necessario l' avvertire, che l' epiteto di per, fetta o di imperfetta, assegnato ad una consonanza non deve intendersi un titolo qualificativo della perfezione o imperfezione della armonia prodotta da quella tal consonanza medesima. La volgarissima opinione, che le consonanze perfette sieno più armoniose delle imperfette, viene smentita tanto dalla pratica, che dal retto giudizio della buona teorìa. Ognun sa che la terza è l' intervallo il più necessario per formare l' armonia contemporanea nelle nostre composizioni musicali, e sarebbe ben trista ed insipida quella produzione ove si pretendesse valersi sempre di unisoni, di ottave, e di quinte.
L' unisono manca affatto di varietà, per ciò non può essere armonioso: nell' ottava regna solamente quel piccolo grado di varietà; che può resultare dal sentire un istesso suono preso in due diversi gradi: la quinta presenta pochissima unità da contrapporre ad una gran varietà che si riscontra fra i due suoni. Dunque l' unisono e l' ottava mancano d' armonia per eccesso di unità, e la quinta per eccesso di varietà. La terza che è detta la consonanza imperfetta, in quanto alla sua armonia, ella è la più perfetta dell' altre, perchè fra i due suoni che la formano, l' orecchio vi riscontra quantità proporzionali di unità e di varietà, da far sì che egli sia l' intervallo il più armonioso.
CXLIII. Riunendo gli intervalli consonanti nel suo primitivo stato, a quelli che da essi derivano per mezzo dei loro rovescii, avremo otto specie di consonanza, cioè
CONSONANZE PERFETTE
1. L' unisono, ed il suo rovescio
2. L' Ottava.
[-110-] 3. La quinta maggiore ed il suo rovescio
4. La quarta minore.
CONSONANZA IMPERFETTE
5. La terza maggiore, ed il suo rovescio
6. La sesta minore.
7. La terza minore, ed il suo rovescio
8. La sesta maggiore.
Gli intervalli dissonanti sono
1. La seconda maggiore, ed il suo rovescio
2. La settima minore
3. La seconda minore, ed il suo rovescio
4. La settima maggiore.
5. La quinta minore, detta quinta falsa, ed il suo rovescio
6. La quarta maggiore, detta tritono.
Qualunque altro intervallo, sia cromatico, sia enarmonico, è una dissonanza.
CXLIV. Siccome vi sono due qualità principali di intervalli, cioè consonanti, e dissonanti, così gli accordi completi dividonsi in due classi, cioè, in accordi consonanti, ed in accordi dissonanti. Gli accordi consonanti si compongono di tutti intervalli consonanti: gli accordi dissonanti, oltre le consonanze, contengono anche intervalli dissonanti.
Come già osservammo (Sezione CXL). la natura ci presenta il modello dell' armonia equitemporanea, dal quale due, o tre differenti specie di accordi, tutto al più possiamo ricavarne. Ma l' arte che procura estender sempre i suoi limiti, ha saputo rintracciare varie altre specie di accordi, i quali se non sono così armoniosi, come quelli che la fisica risuonanza ci addita, pure essi servono ottimamente a viepiù dar risalto agli accordi naturali, ed a spander così una più gradita varietà nelle nostre composizioni di musica.
Siccome il nostro sistema musicale unicamente riposa sulla scala diatonica del Modo, sia maggiore, o minore, e siccome questo Modo non riconosce altri elementi, fuorchè i sette differenti suoni diatonici: così [-111-] col riprodurre l' accordo di terza e quinta su ciascun grado di questa scala, rimangono esauriti tutti quei mezzi, che l' arte musicale può impiegare, per estendere il dominio dell' armonia contemporanea, col moltiplicare la specie degli accordi di tre suoni.
CXLV. Se l' accordo di terza e quinta tipo dell' armonia consonante additatoci alla natura, vengo dunque riprodotto sui sette gradi di una scala diatonica: attesa la varia combinazione degli intervalli, che si vanno incontrando su ciaschedun grado, ne risulteranno tre differenti specie di accordi di terza e quinta: Vedasi lettera D5 negli esempii.
Chiaro apparisce da tale esempio, chi il primo, quarto, e quinto grado della scala diatonica del modo maggiore, offre naturalmente il mezzo di impiegarvi l' armonia naturale e consonante di terza maggiore e quinta maggiore, la quale più generalmente vien detta Accordo perfetto maggiore. Il secondo, terzo, e sesto grado di tale scala producono una armonia consonante, ma di altra specie, perchè essa deriva da una terza minore, e da una quinta maggiore: questa armonia si chiama Accordo perfetto minore. Sul settimo grado riscontrasi un Accordo di terza minore, e quinta minore volgarmente denominata quinta falsa: e siccome la quinta falsa è una dissonanza, così tale armonia è dissonante, e si chiama Accordo imperfetto, ovvero Accordo di quinta falsa.
Le istesse tre specie di accordi, e non più se ne incontra nella scala del modo minore, allorchè vogliasi sopra di essa esperimentare una simile operazione: nè altra differenza apparisce, se non che le medesime specie vanno necessariamente a cadere sopra gradi differenti a quelli su cui son caduti nella scala del Modo maggiore. in questo esempio riportato alla lettera D3, si sono contrassegnati colla lettera a i tre Accordi perfetti maggiori, che in seguito per maggior brevità, chiameremo Accordi della specie a, come della specie b diremo gli Accordi perfetti minori, e della specie c intenderemo gli Accordi di quinta falsa.
CXLVI. Nella medesima risonanza del corpo sonoro si rinviene ancora il tipo degli accordi dissonanti, allorchè si riunischino i quattro suoni prodotti [-112-] dai numeri 4, 5, 6, 7, che nell' esempio A3 vedonsi corrispondere alle quattro note Do, Mi, Sol, Si bimolle, cioè a dire a 1, terza, quinta, e settima. Seguendo il metodo di sopra praticato, coll' assegnare un Accordo di terza, quinta, e settima ad ogni grado della scala diatonica, si viene ad ottenere quattro differenti specie appariscono distinte per mezzo delle lettere a', b', c', d' nell' esempio che si riporta alla Lettera E3.
L' Accordo della specie a', è l' Accordo perfetto maggiore con più la settima minore. Esso cade naturalmente sulla quinta nota della scala del modo maggiore, e siccome egli è perfettamente simile al tipo naturale dell' armonia dissonante, perciò è più dolce ed armonioso di tutti gli altri.
Gli Accordi della specie b', che si incontrano sulla seconda, terza, e sesta nota della scala, sono Accordi perfetti minori, con più una settima minore. Tali Accordi sono i più aggradevoli, dopo quelli della specie a'.
L' accordo distinto dalla lettera c', che incontrasi naturalmente sulla sensibile del modo maggiore, è l' Accordo di quinta falsa più la settima minore: e l' Accordo perfetto maggiore più la settima minore, che vien distinto colla lettera d', il quale nel riportato esempio vedesi cadere sulla tonica, e sulla quarta, forma una particolare specie di Accordo, il più crudo ed il più dissonante fra gli Accordi di settima.
CXLVII. Non sarà forse sfuggito alla osservazione del nostro lettore, che ogni Accordo nell sua primitiva origine è un aggregato di tre o quattro diversi suoni, i quali nella loro maggior prossimità trovansi respettivamente separati l' uno dall' altro da tanti intervalli di terza. Seguendo dunque un ordine simile affine di aumentare il numero dei suoni di un Accordo, ed aggiungendo all' uno, terza, quinta, e settima nn nuovo suono di una terza più acuto di essa settima, ne otterremo un altro Accordo composto di uno, terza, quinta, settima, e nona. Questo Accordo di nona non può essere che doppiamente dissonante, perchè la settima, e la nona sono due dissonanze, [-113-] le quali riunite, ed anco sottintese in una armonia equitemporanea riescono incomportabili al nostro orecchio, dalla dominante in fuori, perchè ivi solamente la dolcezza particolare dell' Accordo a' ha forza di mitigare l' asprezza di questa nuova dissonanza aggiunta.
Mediante dunque l' addizione di un suono alla terza sopra della sua settima, l' Accordo a', nel modo maggiore produce un Accordo di nona maggiore, come sarebbe per esempio Sol, Si Re, Fa, La: mentre l' istesso a' produce un Accordo di nona minore, quando egli appartenga al modo minore, come per esempio Mi, Sol diesis, Si, Re, Fa. L' Accordo di nona maggiore lo indicheremo compendiosamente con a'', e quello di nona minore con a'''.
CXLVIII. Per moderare l' asprezza dell' Accordo di nona, senza che egli perda della sua forma caratteristica, si usa spesso di sopprimere la nota numero 1, la quale in tutti gli Accordi, di qualunque specie essi sieno, chiamasi la nota principale, o nota fondamentale. In tal caso la nona maggiore si presenta sotto la forma di c', come per esempio l' Accordo a'' Sol, Si, Re, Fa, La, riducesi a Si, Re, Fa, La, già di sopra accennato per un Accordo della specie c'. Ma allorchè ci siano cognite le leggi fondamentali su cui sono regolate le successione degli Accordi non si potrà confondere a'' con c', perchè quest' ultimo Accordo quando deve formare un armonia completa ed indipendente, non comporterà mai aggiunta, o complemento di suoni differenti senza guasto dell' armonia, mentre derivando esso da a'', la sostanza non ne verrebbe alterata, allorchè gli si ridonasse la sua fondamentale, cioè a dire vi si aggiungesse un suono di una terza maggiore più grave della nota principale, su cui apparisce riposare.
L' Accordo di nona minore a''' anch' esso, praticasi più spesso senza la sua fondamentale, ed in tal caso egli ci apparisce sotto una forma tutta sua propria e particolare. Per esempio l' Accordo Mi, Sol diesis, Di, Re, Fa, riducesi a Sol diesis, Si, Re, Fa, armonia molto grata nella sua dissonanza, la quale come vedesi, deriva da una terza minore, da una quinta minore, e da una settima diminuita. Questo accordo [-114-] semicromatico, conosciuto generalmente per l' Accordo di settima diminuita, è di un uso si frequente e si esteso nelle nostre composizioni di musica, che egli merita una particolare attenzione, e per questo lo considereremo come una specie di Accordo indipendente, che a maggior brevità lo chiameremo in seguito l' Accordo a7.
CXLIX. Siccome due dissonanze riunite in un medesimo Accordo, sono di già insoffribili, a menochè non riposino sopra a', così non potrebbero comportarsi dal nostro udito tre o più dissonanze contemporanee. Egli è qui che l' arte ha dovuto arrestarsi, non trovando più campo da estendersi.
Queste poche specie di Accordi diatonici, le quali sono suscettibili di riprodursi in mille variate forme, vengono arricchite ancora dall' uso del genere cromatico. Senza valutare il cambiamento di specie, che lo stesso Accordo può subire per la momentanea azione di un suono cromatico, come sarebbe per esempio, se l' Accordo a Do, Mi, Sol si cambiasse in c colla sostituzione di Do diesis a Do naturale, ovvero in b colla sostituzione di Mi bimmolle a Mi naturale: il genere cromatico per se stesso ci dà due specie particolari di Accordi, ormai ricevuti, le praticati da tutti i buoni compositori, cioè
1. L' accordo di quinta aumentata.
2. L' accordo di sesta aumentata.
L' Accordo di terza maggiore e quinta aumentata, come per esempio Do, Mi, Sol diesis, lo chiameremo per compendio l' Accordo x. L' accordo di terza maggiore e sesta aumentata, come per esempio Fa, La, Re diesis: oppure terza maggiore, quarta maggiore, e sesta aumentata, come per esempio: Fa, La, Si, Re diesis: ovveramente terza maggiore, quinta maggiore, e sesta aumentata, come sarebbe Fa, La, Do, Re diesis, lo chiameremo l' Accordo y.
Alla lettera F3 negli esempii, vedesi la serie di tutte le descritte specie di Accordi, fra i quali non vi ha che a, e b che siino consonanti, gli altri dieci sono tutti Accordi più o meno dissonanti. In questo esempio la nota Do fissa sempre il punto di [-115-] partenza, ossia il suono più grave di ogni specie di Accordo, e per questo le proporzioni degli intervalli vi si vedono accomodate per mezzo di bimolli, o di diesis.
La prima facoltà da acquistarsi nello studio della armonia, si è l' attitudine di riconoscere prontamente la specie di un Accordo qualunque. Egli è per acquistare una tal capacità, che può reputarsi ottimo esercizio il ripetere l' esempio medesimo F3, cambiando il Do in un altra nota qualunque.
CL. Le note componenti un Accordo possono essere duplicate, triplicate, quadruplicate . . . eccetera eccetera sia all' unisono, sia in varie ottave; come pure l' ordine di tali suoni può essere invertito, senza nuocere alla sostanza dell' armonia, per che come sappiamo il rovescio degli intervalli niente influisce sulla consonanza o dissonanza di essi (Sezione CXLI.) L' Accordo perfetto maggiore, per esempio Do, Mi, Sol, Do, può presentarsi nell' ordine Do, Sol, Do, Mi, ovvero Do, Do, Mi, Sol, oppure Do, Do, Sol, Mi . . . eccetera eccetera, ed in tutti questi casi vien sempre egualmente considerato per un Accordo diretto e fondamentale, perchè la nota Do, che è la sua principale, trovasi sempre essere il suoni più basso di tutti gli altri. Ma allorchè nell' invertir l' ordine dei suoni di un Accordo, si pone per nota più grave un' altra nota fuori della sua fondamentale, allora tale accordo chiamasi rovesciato. Dunque ogni Accordo ha una sola direzione fondamentale, e più rovescii: e perciò Do, Mi, Sol, Accordo diretto e fondamentale; Mi, Sol, Do primo suo rovescio: Sol, Do, Mi, secondo rovescio.
CLI. I rovesci degli Accordi sono di frequentissimo uso nelle nostre composizioni musicali, e servono mirabilmente alla varietà dell' armonia, onde tale artifizio merita un accurato studio, affine di abilitarsi alle due seguenti operazioni, cioè.
1. Dato un Accordo diretto, trovarne tutti i suoi rovescii.
2. Dato un Accordo rovesciato; ridurlo al primitivo suo stato fondamentale.
La prima di tali operazioni è per se stessa semplicissima: ella consiste nel considerare alternativamente come basso ciascheduna delle note che compongono [-116-] un medesimo Accordo. Per esempio, se nell' Accordo diretto Sol, Si, Re, Fa, si tolga la nota Sol dal suo punto più grave, e si trosporti in una delle parti superiori, avremo il primo rovescio di tale Accordo, e l' ordine Si, Re, Fa, Sol dei medesimi suoni; produrrà una armonia proveniente dagli intervalli di terza, quinta, e sesta. Con egual metodo ne otterremo per secondo rovescio Re, Fa, Sol, Si, armonia di terza, quarta, e sesta: per terzo rovescio Fa, Sol, Si, Re, armonia di seconda, quarta, e sesta . . . eccetera eccetera. Ogni Accordo è suscettibile di rovesciarsi in tutti i sensi, meno che a'', a''', e y, le di cui dissonanze compariscono più insoffribili colla inversione dei loro suoni.
In quanto alla seconda operazione, essa ci comparisce un poco complicata: ma allorchè si rifletta, che un Accordo fondamentale deve presentare tutte le sue note in una progressione continua di tante terze, non sarà difficile il ridurre ad una simile progressione qualunque Accordo rovesciato. Figuriamoci per esempio, che in una partitura si riscontri il Re nel basso, e nelle parti più acute il La, poi il Fa diesis, poi il Si. Senza valutare tutte le varie repetizioni che possono esservi di tali suoni, apparirà chiarissimo esser questo un Accordo rovesciato, perchè l' ordine dei suoni Re, La, Fa diesis, Si non presenta una progressione continua di terze: così col riportare nel basso ad una ad una tali note, verremo in fine a conoscere, che la fondamentale di questo Accordo è il Si, il quale solamente può ridurre questi medesimi suoni ad una direzione di tante terze successive cioè Si, Re, Fa diesis, La, e quindi con l' esame dei varii intervalli paragonati colla nota fondamentale conosceremo che tale Accordo appartiene alla specie b', perchè composto di terza minore, quinta maggiore, e settima minore. Questa medesima operazione è applicabile a qualunque specie di Accordo rovesciato, nè vi ha che l' Accordo cromatico di sesta aumentata che possa forse presentare una qualche difficoltà. Ma egli è da osservarsi in tal caso, che questa sola specie di Accordo trovasi costantemente praticata in un medesimo rovescio, il quale è da considerarsi come il secondo rovescio di un Accordo, composto di terza maggiore, [-117-] quinta minore, e settima minore; Dunque la fondamentale di un Accordo y, sarà sempre una quinta minore più bassa del suono più grave col quale presentasi l' Accordo medesimo, abbenchè questa nota fondamentale, spesse volte non apparisca fra i suoni superiori, oppure alla medesima si trovi sostituita la sua nona, come accade allorchè egli viene praticato con terza maggiore, quinta maggiore, e sesta aumentata.
Un adequato esercizio sulla prima delle due proposte operazioni, facilmente conduce all' acquisto di questa seconda facoltà, la quale è egualmemente indispensabile tanto per la perfetta esecuzione, che per la composizione della musica, perchè egli è unicamente col riportare alla sua direzione fondamentale tutti gli Accordi, che si perviene più facilmente a dar ragione della contessitura armonica di un pezzo di musica qualunque. L' andamento delle note principali degli Accordi forma il Basso fondamentale della musica, che per un maggiore effetto nelle composizioni cede il suo posto al Basso figurato, detto anco Basso continuo, il quale è destinato a parlare all' orecchio, mentre il fondamentale parla alla spirito.
DELLA SUCCESSIONE DEGLI ACCORDI
CLII. Gli Accordi a, e b (perfetto maggiore, e perfetto minore) per rapporto alle loro successioni, vengono considerati come Accordi liberi, e si riguardano come vincolati tutti gli Accordi dissonanti, perchè questa loro qualità gli assoggetta ad alcune leggi di successione, le quali non potrebbero infrangersi senza offesa dell' udito.
Le successioni degli Accordi differiscono per l' intervallo, che percorrono le fondamentali dei due Accordi che immediatamente si succedono. Siccome si ricade sopra note di nome eguale, e per conseguenza su fondamentali identiche, tanto ascendendo di seconda, che discendendo di settima: ascendendo di terza, o discendendo di sesta: ascendendo di quarta, o discendendo di quinta, e viceversa; così tutti i movimenti possibili delle fondamentali nella successione degli Accordi, si riducono ai seguenti
[-118-] 1. Per seconda ascendente, Per seconda discendente. 2. Per terza ascendente, Per terza discendente. 3. Per quarta ascendente, Per quarta discendente.Gli Accordi consonanti possono succedersi per qualunque di tali movimenti: vedasi negli esempii alla lettera G3: ma alcune di queste successioni produrranno più, altre meno armonia.
CLIII. L' Armonia, come sappiamo, resulta dal contrapposto di quantità eguali di UNITÀ, e di VARIETÀ. Quando i due Accordi che si succedono appartengono al medesimo modo, l' Armonia ha già un grado di unità. Questo solo grado di unità non è sufficiente a rendere armoniosa la successione Numero 1, e Numero 6 dell' Esempio suddetto, (per seconda ascendente, e per seconda discendente) ove i due accordi differiscono per tutti i tre suoni di cui si compongono, e perciò tre gradi di varietà contro un grado solo di unità, danno una successione piuttosto cruda ed ardita per eccesso di varietà.
Nella successione Numero 2, e Numero 5 (per terza ascendente, e per terza discendente) riscontrasi il caso opposto, perchè vi sono tre gradi di unità contro uno di varietà. I due suoni comuni fra questi due Accordi, ed il modo istesso a cui ambedue si suppongono appartenere, formano le tre parti di unità da contrapporre ad un solo grado di varietà, dipendente dalla differenza che fra loro si riscontra in uu suono solamente. Una tal successione riesce languida per eccesso di unità, e di più quella per terza ascendente può apparire equivoca, se si pratica con Accordi diretti, perchè in tal caso il movimento del basso è più atto ad indicare piuttosto la permanenza nell' Accordo istesso, che il deciso passaggio ad un altro. Tale inconveniente non si incontra nella successione Numero 5.
Le successioni per quarta ascendente, e discendente che vedonsi in detto esempio G3 ai Numero 3, e 4, sono le più armoniose, perchè vi ha due gradi di unità, e due gradi di varietà: cioè, unita di modo ed [-119-] un suono comune, contro due suoni dissimili. Da tali cause deriva, che nelle nostre composizioni di musica, trovansi più spesso e quasi di continuo, praticate le successioni degli Accordi perfetti per quarta, e per quinta ascendente, e per terza discendente, a preferenza delle altre meno armoniose, che più raramente si impiegano, o per espressione, o per varietà.
CLIV. In quanto alla successione, ed all' impiego degli Accordi dissonanti, vi sono due condizioni da soddisfare.
1. La preparazione.
2. La risoluzione.
Per la preparazione intendesi l' arte di disporre l' orecchio alla loro dissonanza. Ciò si ottiene col far precedere all' Accordo dissonante un' altro Accordo contenente come consonanza quella medesima nota, che prolungandosi diventa la dissonanza dell' Accordo veniente. La risoluzione consiste, nel passaggio ad altro Accordo.
L' Accordo a', come il più dolce di tutti gli altri può dispensarsi dalla preparazione, come anche, benchè più raramente possono dispensarsene quasi tutti gli altri, ma nissuno ve ne ha che possa esimersi dalla sua risoluzione, che si eseguisce sempre costantemente col passaggio ad altro Accordo per quarta ascendenta, o come per maggior brevità suol dirsi, gli Accordi dissonanti si risolvono tutti per quarta ascendente.
Col riprendere quanto abbiamo esposto, per riguardo alla successione degli Accordi, tanto consonanti che dissonanti, si potrà stabilire: che il basso fondamentale può procedere per qualunque movimento cioè
Più frequentemente
1. Per quarta ascendente.
2. Per quinta ascendente.
3. Per terza discendente.
Più di rado
1. Per seconda ascendente.
2. Per seconda discendente.
3. Per terza ascendente.
[-120-] CLV. Ciascun suono, vale a dire ciascuna parte di un Accordo, può entrare nell' Accordo seguente, o restando immobile, o movendosi per un intervallo ascendente o discendente. Paragonando dunque fra loro i movimenti simultanei di due parti, che necessariamente incontransi nell' atto del passaggio da uno in altro Accordo, si riscontreranno quattro diversi moti, cioè
1. Moto parallello: le due parti rimangono sul medesimo grado.
2. Moto retto: le due parti ascendono o discendono egualmente.
3. Moto obliquo: una delle parti fa moto parallello, mentre l' altra ascende o discende.
4. Moto contrario: una parte ascende, mentre l' altra discende. Vedasi l' esempio alla lettera H3.
CLVI. In quanto alla Armonia di movimento delle parti, nel moto parallello, e nel moto retto si manca di varietà, e per ciò questi due moti sono meno armoniosi del moto obliquo, e del moto contrario, ove riscontrasi unità e varietà nel movimento medesimo. Egli è per questo che il moto contrario è sempre desiderabile fra le parti estreme dell' Armonia, cioè fra il basso, e la parte più acuta.
L' Armonia di successione di due Accordi può essere disturbata, se due parti procedono per moto retto all' intervallo fra loro, di quinta, o di ottava. Siccome queste due consonanze sono le meno armoniose, così è necessario correggere la loro mancanza col farle succedere per moto contrario, che è uno dei movimenti più armoniosi. Di qui la cognitissima ed antichissima regola, che proibisce di far seguire due consonanze perfette per moto retto. Ma allorchè in una qualunque successione non abbiasi in vista, che il far risaltare una o più parti rinforzandole, cioè renderle più sensibili, si può benissimo procedere per ottava o per unismo, come spesso si pratica, specialmente fra gli strumenti dell' orchestra. Anco le due quinte per moto retto possono impiegarsi, senza grave offesa dell' armonia, quando il loro eccesso di varietà venga modificato da qualche particolar circostanza.
[-121-] DELLE NOTE ESTRANEE CHE POSSONO INTRODURSI NEGLI ACCORDI
CLVII. Si può introdurre negli accordi alcune note estranee ai medesimi, senza alterare la loro armonia purchè sieno osservate le necessarie condizioni. Alcune di tali note hanno luogo nella permanenza in un medesimo Accordo, altre nel passare da uno ad un altro.
Nel tempo che si rimane nel medesimo Accordo, una voce od uno strumento qualunque, può percorrere le varie parti dell' accordo medesimo, vale a dire può far sentire successivamente, ed in diverso senso, tutte, o parte di quelle note di cui il detto accordo si compone. Siccome in tal caso da una nota all' altra non si può procedere che per salto, per che gli Accordi si formano originariamente con tanti intervalli di terza, per ciò questi salti possono essere riempiti da note estranee, e così invece per esempio di Do, Mi, Sol, può la medesima parte, riempiendo questi intervalli, far sentire, i suoni Do, Re, Mi, Fa, Sol. Tali note estranee si chiamano note di ripieno, o note di passaggio.
Inteso l' oggetto a cui si destinano le note di passaggio, si può stabilire: 1., che queste non potranno procedere altro che per grado, o ascendente, o discendente: 2. che non si potrà entrare in un accordo con una nota estranea di passaggio, perchè bisogna che ella sia sempre preceduta da una nota essenziale.
La note di ripieno possono indistintamente praticarsi, nelle parti acute, nelle medie, e nel basso. Gli esempii riportati alle lettere F2, G2, I2, L2, M2, presentano varie combinazioni di note di passaggio.
Possono aver luogo le note di ripieno contemporaneamente in due parti, ma allora dovranno questa procedere, o per terza, o per sesta, o per movimento, contrario. Le note di ripieno non devono mai alterare, nè le note della scala, nè le note essenziale agli Accordi, altrimenti distruggerebbero l' unità dell' armonia. Non vi ha che il caso di una scala cromatica, la quale può esser praticata, purchè la prima e l' ultima [-122-] nota siano essenziali all' Accordo medesimo. I movimenti rapidi della misura, favoriscono l' impiego di tale specie di note estranee.
CLVIII. Ogni nota di un Accordo trovasi rinchiusa fra due note estranee: una alla seconda sopra: l' altra alla seconda sotto. Per far desiderare, e render più gradita la nota essenziale, si usa qualche volta disporre in suo luogo per qualche breve tempo una delle dette note estranee. Siccome per vezzo di esecuzione si suole in questo caso forzare le estranee, quasi appoggiandosi su di esse, perciò tali note vengono dette Appoggiature.
Quando l' effetto che vuol ritrarsi dalle appoggiature è affidato al gusto dell' esecutore, si scrivono queste con piccole note soprannumerarie, come nel riportato Esempio alla lettera N2; ma quando il compositore vuol determinarne l' effetto, scrivonsi queste con i soliti caratteri ordinarii.
Si costumano in oggi delle appoggiature di molto più lunga durata delle note essenziali, che esse rappresentano. I compositori più esatti le impiegano dopo una qualche permanenza nell" Accordo ove esse si introducono, ed allora riescono di migliore effetto.
Le appoggiature raramente si impiegano nel basso, perchè potrebbero rendere incerti gli Accordi. Esse vengono impiegate per lo più nelle parti acute, e nelle parti medie, quando queste sieno collocate a conveniente distanza dalle altre, per che il contatto delle appoggiature colle note essenziali, potrebbe guastare l' armonia.
CLIX. Fra le note estranee che si introducono nel passaggio da un accordo a un altro, meritano essere primieramente annoverate le dissonanze per ritardo.
Se una o più note sono comuni a due Accordi che si succedono, esse seguono il suo andamento più naturale, rimanendosi immobili in tal passaggio; ma se la nota che si prolunghi, di consonanza venga a diventare una dissonanza estranea all' Accordo seguente, allora questa prolungazione verrà chiamata una dissonanza per ritardo, perchè ella ritarderà una delle consonanze necessarie all' accordo medesimo, coll' occupare per qualche tempo il suo posto.
I ritardi generalmente non si introducono che negli [-123-] Accordi consonanti a, o b: tutti gli altri essendo già dissonanti per se stessi, o non abbisognano, o non comportano un tale artifizio.
Un accordo perfetto si compone di prima, terza, e quinta: dunque non vi possono essere che tre specie di ritardi, cioè seconda in luogo delle prima: quarta in luogo di terza: sesta in luogo di quinta. Il ritardo di seconda in prima si pratica sempre nelle parti più acute, talchè egli venga a corrispondere a nona in ottava colla fondamentale, ed in questo caso la nona, per tutto il tempo che sta in luogo dell' ottava, urta in dissonanza colla terza, o colla decima, o col suono numero 1 del basso. Il ritardo di quarta in terza produce un urto di dissonanza colla quinta, finchè non cada a risolversi sulla terza. la sesta come ritardo della quinta non urta in dissonanza con nissuno degli altri suoni prima, e terza, anzi forma con essi consonanza, ma disanaloga, perchè proveniente da altra fondamentale. Egli è perciò che quest' ultimo ritardo trovasi raramente praticato, nè può aver luogo altro che in un Accordo completissimo, ove fra i suoni più gravi vi sia la quinta che urti in nona con questa decimaterza, o sesta accidentale, che ritarda l' ottava di essa quinta.
CLX. Da quanto si è esposto facilmente rilevasi, che per effettuare un ritardo ci vogliono indispensabilmente due Accordi, il primo dei quali deve contenere una nota, che nel passare al secondo Accordo, il suo andamento più naturale sia quello di scendere un grado, e che se ella non scenda questo nell' atto stesso che tutte le altre parti passano all' accordo seguente, naturalmente trovisi urtare in seconda, o in settima con una qualunque delle altre consonanze di questo secondo accordo. Se a tuttociò si aggiunga, che la dissonanza per ritardo per riescir più sensibile deve sempre effettuarsi sui tempi forti della misura, avremo tutte le indispensabili condizioni prescritte dai maestri dell' arte, per usare convenientemente, e con effetto, tali specie di note estranee agli Accordi. Di qui le tre notissime regole
1. PREPARAZIONE (consonanza nel tempo debole)
2. PERCUSSIONE (urto in dissonanza nel tempo forte)
[-124-] 3. RISOLUZIONE (discesa di grado per ritornare in consonanza nel tempo debole).
CLXI. Non tutte le successioni degli Accordi potranno fornire i mezzi per fare un ritardo. L' analisi farà conoscere quali sieno le successioni che permettono l' uso di tali note accidentali.
Ripreso l' Esempio alla lettera G3, vedremo al numero 1, che la successione Do, Mi, Sol, a Re, Fa, La offre due mezzi per introdurre nel secondo Accordo delle dissonanze estranee, perchè vi sono due note che scendono di grado dal primo al secondo Accordo, cioè Mi, e Sol che cadono su Re e Fa. La prima di tali note, il Mi può eseguire un ritardo di nona in ottava: la seconda di tali note, il Sol, di quarta in terza. Dunque in tutte le successioni per seconda ascendente vi potrà aver luogo un ritardo di quarta in terza, ed un ritardo di nona in ottava o tutte e due contemporaneamente, se piace.
La successione numero 2, Do Mi Sol a Mi Sol Si presenta una sola parte discendente di grado, cioè Do Si, le quale non potrebbe dare che un ritardo di sesta in quinta. Dunque la successione per terza ascendente non dà che un solo mezzo di fare un ritardo, ma egli è il più debole, e per conseguenza non trovasi mai praticato.
Nel numero 3 la successione Do, Mi, Sol a Fa, La, Do, può dare una parte che scenda di grado, dicendo Sol, Fa, la quale può effettuare il ritardo di nona in ottava. Dunque la successione per quarta ascendente, dà il mezzo di praticare il solo ritardo di nona in ottava, quando l' Accordo antecedente non sia un Accordo dissonante di settima, che allora solamente potrebbe aversi anco un ritardo di quarta in terza.
La successione Do, Mi, Sol, a Sol, Si, Re del numero 4 dà due parti discendenti, Do, Si, e Mi, Re: la prima può eseguire un ritardo di quarta in terza, e la seconda uno di sesta in quinta. Dunque la successione per quinta ascendente darà sempre un ritardo di quarta in terza, e ne può dare anco un' altro più debole di sesta in quinta.
Il numero 5 colla successione Do, Mi, Sol a La, Do, Mi non presenta niuna parte discendente per grado, perciò [-125-] la successione per terza discendente non offre verun mezzo per praticare le note estranee per ritardo.
I due Accordi Sol, Si, Re, e Fa, La, Do che si vedono succedere al numero 6 possono dare anco tre suoni discendenti, cioè Sol, Fa: Si, La: Re, Do e così offrire un ritardo di nona in ottava, uno di quarta in terza, ed un altro di sesta in quinta. Il ritardo più praticato in questa successione di seconda discendente, egli è la nona in ottava, che ha sempre luogo nel primo rovescio dell' accordo nel quale si introduce il ritardo medesimo, affine di evitare le due ottave di seguito che le due parti una dopo l' altra farebbero sentire, allorchè come nel caso riportato il basso dicesse Sol, Fa, e la parte che ritarda dicesse, benchè posteriormente Sol, Fa.
Da questa analisi resulta: primo, che in tutte le successioni si può introdurre nel secondo Accordo una qualche dissonanza per ritardo, meno che nella successione per terza discendente: secondo, che le successioni più favorevoli ai ritardi sono
Per seconda ascendente:
Per quarta ascendente:
Per quinta ascendente.
CLXII. Più spesso trovansi praticati i ritardi negli Accordi diretti che nei rovesciati: pure la nona in ottava si pratica ancora nel primo rovescio di un Accordo perfetto, ed è allora che ella comparisce sotto gli intervalli di terza e settima, che poi si risolve in terza e sesta. Egli è sul primo rovescio di un Accordo perfetto che si praticano talora anche due ritardi nel tempo medesimo, cioè la settima, e la nona, che ritardano la sesta e l' ottava. I due ritardi di quarta, e di nona sono sempre praticati sopra un Accordo diretto.
Rarissimamente i ritardi si praticano nella parte, del basso, nè gli intervalli di seconda in terza che frequentemente trovansi in questa parte, sono da credersi dissonanze per ritardo. La dissonanza di seconda nel basso, proviene quasi sempre dall' ultimo rovescio di un Accordo di settima, e questa dissonanza è allora intrinseca e non accidentale all' Accordo medesimo, [-126-] come lo è un ritardo. La dissonanza di un Accordo può stare su tutti i tempi della battuta, può anche continuare per più battute, mentre è una delle condizioni del ritardo, il comparire solamente nel tempo forte. La dissonanza di un Accordo, non può risolversi che col passaggio ad altro Accordo, mentre il ritardo risolvendosi non cambia mai Accordo, eccettuato qualche caso di eccezione. La dissonanza per ritardo infine è una semplice nota di melodia, mentre la dissonanza di un Accordo è una note d' Armonia.
CLXIII. Fra le diverse cause che fin ora hanno reso oscuro, e complicato lo studio della armonia, una si è quella di aver considerato i ritardi come altrettanti Accordi dissonanti. Siccome queste due specie di dissonanze provengono da origine totalmente opposta, nè potendo per loro natura aver comuni le necessarie regole, venivane in conseguenza, che una quantità di controregole e di eccezioni affatto inutili, sopraccaricavano la memoria dello studente.
Nel riportato esempio alla lettera H2, vedesi nell sincope in tempo a cappella, tutte dissonanze provenienti da varie specie di Accordi, ora poste nella parte acuta, ora nel basso. Ma la dissonanza colla quale dalla parte acuta si incomincia la seconda battuta della sincope in dupla, nell' esempio medesimo, è un ritardo di settima in sesta, come lo è quello della battuta terza: ed è un ritardo di quarta in terza quella dissonanza che incontrasi al principio della battuta quarta eccetera.
Le dissonanze per ritardo nobilitano l' armonia, e spesso rendono nuovo e piccante, ciò che può essere comune ed insipido: egli è perciò che molto si valuta dai dotti questo genere di note estranee agli Accordi.
CLXIV. L' uso introdottosi di eseguire coi piedi i suoni più gravi dell' Organo, ha forse dato il nome [-127-] di Pedale ad un suono basso e prolungato, sopra del quale passano più Accordi, in cui questo pedale ora vi entra come nota estranea, ora come nota essenziale.
Si è tentato di porre il pedale nella parte più acuta, o nelle medie, ma raramente se ne sono ottenuti dei felici resultati per l' effetto, perchè si viene a perdere facilmente le chiarezza degli Accordi. La nota acuta, che talvolta prolungasi per più battute, produce buonissimo effetto allorchè ella è una delle parti essenziali degli Accordi che passano fra le altre parti, in tutto il tempo della sua durata. Questa nota chiamasi allora una tenuta, e non entra nel rango delle note accidentali.
Il pedale dunque è assolutamente proprio alla parte più grave di una composizione, e si trova sempre praticato, o colla nota tonica, o colla dominante. Tanto nel principio, che nella sua fine, il pedale è sempre la nota fondamentale dell' Accordo soprapposto: ma nel corso della sua prolungazione, può anche sempre apparire nota estranea, abbenchè produca più varietà, e sia più dolce, allorchè un egual numero di volte incontrasi, nota estranea, e nota essenziale.
CLXV. Un altra specie di note estranee sono le Anticipazioni le quali appresso appoco sono il caso opposto del ritardo, ma il loro uso è assai più ristretto, e adesso anco più raro. Qualche breve tempo avanti di passare ad un Accordo, se ne anticipa qualche sua nota essenziale, estranea per il momento a quel tale Accordo in cui l' armonia ritrovasi.
CLXVI. Riassumendo l' esposto si potrà stabilire: che le note estranee agli Accordi si possono classare in cinque specie, cioè
1. Note di ripieno, o di passaggio.
2. Appoggiature.
3. Ritardi.
4. Pedale.
5. Anticipazioni.
Le note estranee, unite e collegate con le note essenziali agli Accordi, formano la parte melodica della musica, ed è per questo che vengono dette Note di Melodia.
[-128-] DELLA MODULAZIONE.
CLXVII. La modulazione è l' arte: primo di stabilire il modo prescelto: secondo di mantenersi in un istesso modo: terzo, di cambiare quando piace, e di tonica, e di modo.
Il modo si stabilisce colla cadenza perfetta. La cadenza perfetta è l' immediato passaggio dall' Accordo a, o a' della dominante, all' Accordo perfetto della tonica, della specie a nei modi maggiori, e della specie b nei modi minori. Vedasi l' esempio alla lettera I3.
La prima cadenza, necessaria a stabilire il modo principale di una composizione di musica, qualche volta comparisce sulle prime battute, altre volte ella viene per qualche tempo procrastinata. Questa stessa cadenza allora serve a due oggetti, cioè a stabilire il modo, ed a separare la esposizione delle prime idee dalle idee susseguenti, vale a dire a chiudere il primo periodo del pezzo medesimo. La cadenza perfetta serve dunque a due oggetti principali, cioè primo a stabilire e fissare il modo: secondo, a formare la necessaria divisione dei periodi musicali.
Si diminuisce la forza determinativa, e definitiva che ha in se la cadenza perfetta, tutte le volte che non vi siino rigorosamente osservate queste tre condizioni.
1. Che nissuno dei due Accordi sia rovesciato.
2. Che l' ultimo Accordo (quello della tonica) cada sul primo tempo della battuta.
3. Che la nota più acuta dell' Accordo della tonica, sia la tonica istessa come repetizione all' ottava sopra della fondamentale dell' Accordo medesimo.
CLXVIII. Vi sono ancora due riposi secondarii e più deboli, i quali non riescono a stabilire il modo, ma si impiegano solamente per suddividere i periodi. Tali sono le mezze cadenza, e le cadenze di grado. La mezza cadenza si ottiene, col passaggio dall' Accordo della tonica all' Accordo a della dominante, e le condizioni che per essa si richiedono, sono: prima che l' ultimo Accordo, quello della dominante, non sia rovesciato: seconda, che un tal riposo venga convalidato, o da una pausa, o da una interruzione [-129-] qualunque. La cadenza di grado, è il passaggio del secondo rovescio de l' Accordo a' della dominante, all' accordo diretto della tonica.
Nella musica da Chiesa, qualche volta si pratica una desinenza finale, che chiamasi Cadenza plagale. La cadenza plagale si effettua, col passare dall' Accordo perfetto della quarta all' Accordo perfetto della tonica. Vedasi l' esempio alla lettera L3, ove si riportano queste tre specie di cadenze secondarie.
CLXIX. Il mezzo più semplice per mantenere il modo, egli è il non alterare nissuna nota della sua scala, cioè non introdurvi nè diesis nè bimolli capaci a cambiarne le sue proporzioni. Ma l' idea del modo sarà tanto più fissa e determinata, quanto più la scelta degli Accordi sarà coerente alla sua natura.
In quanto al modo maggiore, sappiamo che in questa scala si trovano diatonicamente tre Accordi della specie a, e tre Accordi della specie b: Vedasi l' esempio alla lettera D3. I tre Accordi a sono più idonei a mantenere viva l' idea del modo maggiore, ed in specie i due della cadenza, che son quelli che lo stabiliscono: i meno capaci a conservar l' idea di questo modo, sono gli Accordi della specie b, perchè d' indole e di natura da esso diversa. L' istesso ma in senso opposto, intendasi per il modo minore, ove gli Accordi della specie b sono i soli che più convengono a mantenerne l' idea, ed il carattere.
CLXX. Ma la grand' arte di conservare l' integrità del modo con tutta la varietà possibile, consiste principalmente nell' impiego di ciascuna specie di Accordo su quel grado della scala più conveniente alla unità del modo istesso. Dalle composizioni dei migliori autori può rilevarsi, che
1. L' Accordo a è esclusivamente proprio alla tonica del modo maggiore, e l' Accordo b alla tonica del modo minore.
2. L' Accordo c si pratica sulla seconda del modo minore, e la sua obbligata risoluzione per quarta ascendente, lo porta a cadere sopra a, o a' della dominante.
3. L' Accordo a' non si pratica che sulla dominante, qualunque sia il modo.
[-130-] 4. L' Accordo a'' conviene solamente alla dominante nel modo maggiore.
5. L' Accordo a''' viene impiegato sulla dominante nel modo minore, ed il suo derivato a7 per conseguenza viene sempre a cadere sopra una nota sensibile.
6. L' Accordo b' si usa sulla seconda del modo maggiore, come l' Accordo c' sulla seconda del modo minore, e tutte due si risolvono sulla dominante.
7. L' Accordo d' si impiega più raramente: egli ha luogo o sulla tonica, o sulla quarta dei modi maggiori o sulla terza, o sulla sesta dei modi minori.
8. L' Accordo x si pratica, o sulla tonica, o sulla dominante dei modi maggiori.
9. L' Accordo y cade sempre sulla sesta nota della scala discendente alla quinta, nei modi minori.
Siccome tutti questi Accordi, meno a'', a''', e y, si possono impiegare nei loro differenti rovescii, per ciò sarà facile il formarsi una idea dei grandi mezzi che vi sono, per mantenere l' Unità del modo, per mezzo della Varietà dell' armonia.
CLXXI. Su questa base fondasi la cognitissima regola dell' ottava, che è una formula per l' assegnazione degli Accordi a ciascuna nota del basso allorchè egli procede diatonicamente per gradi ascendenti o discendenti. Se alcuni armonisti hanno biasimato questa formula, egli è perchè non ne hanno ben compreso lo spirito, che è quello di mantenere il modo con i mezzi più semplici e più naturali. Ella serve inoltre ad appianare molte difficoltà, tanto nello studio, che nella pratica della armonia, ed è per questa riconosciuta utilità, che ella è di un uso generale in Italia.
Dichiarazione della Formula dell' Ottava, secondo la maniera più comune.
1. Alla Tonica si assegna sempre il suo Accordo diretto e fondamentale di terza e quinta (a nel modo maggiore, b nel minore).
2. Alla seconda del modo, tanto ascendente, che discendente di grado, si assegna l' Accordo a' della dominante nel suo secondo rovescio, cioè negli intervalli di terza, quarta, e sesta in ambedue i modi.
3. Alla terza, tanto ascendente, che discendente [-131-] di grado si assegna l' Accordo della tonica nel suo primo rovescio, cioè in terza, e sesta: (a nel maggiore b nel minore.)
4. Alla quarta del Modo ascendente alla quinta, si assegna il primo rovescio dell' Accordo di settima preso diatonicamente sulla seconda del Modo, e che presentasi cogli intervalli di terza, quinta, e sesta: (della specie b' nel modo maggiore, c' nel modo minore).
Idem, discendendo sulla terza, gli si assegna l' ultimo rovescio di a' della dominante, cioè seconda, quarta, e sesta, in ambedue i modi.
5. Alla quinta del modo, sia ascendente o discendente, si assegna sempre il suo Accordo diretto di terza e quinta, della specie a in ambedue i modi.
6. Alla sesta del modo ascendente alla settima, si assegna l' Accordo della sottodominante, nel suo primo rovescio, cioè in terza, e sesta: (a nel modo maggiore, b nel minore).
Idem, discendente sulla quinta, gli si assegna nel modo maggiore a' della dominante della quinta del modo nel suo secondo rovescio, cioè terza, quarta, e sesta maggiore accidentalmente. Nel modo minore la sesta discendente sulla quinta, porta sempre l' Accordo y.
7. Alla settima del modo ascendente all' ottava assegnasi il primo rovescio di a' della dominante, cioè terza, quinta, e sesta, in ambedue i modi.
Idem, discendente alla sesta gli si assegna l' Accordo perfetto della dominante nel suo primo rovescio, cioè in terza e sesta: (a nel modo maggiore, b nel minore).
CLXXII. Non restano però totalmente esclusi dai modi maggiori gli Accordi della specie b, come non lo sono neppure quelli della specie a dai modi minori: solamente il loro impiego sospende l' idea del modo, cosa che talora può ottimamente servire alla varietà. Ciò incontrasi specialmente nelle progressioni, che sono un seguito di Accordi perfetti, che si succedono per eguale intervallo di fondamentale, ed ove anco l' Accordo c vi si impiega come se fosse consonante in grazia della regolarità di successione.
Le successioni di fondamentali più usitate nelle progressioni sono
[-132-] 1. Per seconda ascendente, e discendente.
2. Per terza discendente.
3. Per quarta ascendente.
4. Per quinta ascendente.
Le sole progressioni per seconda non vengono praticate che in una sola maniera, cioè con Accordi nel loro primo rovescio, altrimenti esse produrrebbero una cattiva armonia, per eccesso di varietà allorchè fossero effettuate con tutti Accordi diretti, e troppo deboli e snervate, se vi si impiegassero tutti Accordi nel secondo rovescio. Nelle altre progressioni, si possono impiegare gli Accordi tanto diretti, che rovesciati, ma fra questi non vi ha che quella per quarta ascendente, che permetta l' impiego degli Accordi di settima, perchè dovendo questi, per regola stabilita risolversi per quarta ascendente, mancherebbero del loro conveniente mezzo si risoluzione in tutti gli altri andamenti.
CLXXIII. In quanto all' arte di cambiare il modo, noi già sappiamo che vi sono due modi, il maggiore cioè, ed il minore, sappiamo però che questi modi si trasportano artificiosamente su varii gradi mediante l' impiego dei diesis e dei bimolli (Sezione XXX. e seguenti). Ma siccome per l' effetto del temperamento (Sezione CXXXIII., e seguenti) questi gradi non possono conservare identità di proporzioni, così da un trasporto all' altro incontrandosi sempre qualche piccola varietà nella graduazione del sistema, si viene a ravvisare in ogni trasporto una tal qual differenza e particolarità di carattere, inerente al trasporto medesimo. Dunque in quanto alla forma, non vi sono che due Modi: il maggiore, ed il minore: ma in quanto al carattere, sono tanti i modi, quante sono le note che possono scegliersi per toniche.
CLXXIV. Nell' abbandonare un modo per passare ad un altro, tre casi possono incontrarsi
1. Si può cambiar di tonica e non di modo: come [-133-] si farebbe per esempio passando dal maggiore di Do al maggiore di Sol.
2. Si può cambiar di modo e non di tonica: come farebbesi, per esempio passando dal modo maggiore al minore della stessa tonica Do, o viceversa.
3. Si può cambiar di modo e di tonica, come si farebbe per esempio, passando dal maggiore di Do al minore di La, o viceversa.
In qualunque siasi caso è necessario riflettere, che se il suono ha la fisica proprietà di porre in moto qualunque corpo elastico, che in qualunque maniera corrisponda, o al suo totale, o a qualche sua parte (Sezione CXXVII.): con tanta più di energia esso deve agire su di noi, e porre in movimento le nostre fibre, in quanto che queste sono parti animali, e per conseguenza di assai maggiore irritabilità di corpi inerti come quelli. Ciò vien comprovato dalla suscettibilità dei nostri sensi acustici di uniformarsi prontamente, o mi si permetta il dire di accordarsi all' unisono a guisa di strumento musicale con un sistema di suoni, che vengali in qualunque maniera presentato, e di esser sempre pronti a seguirne tutte le variazioni, e le modificazioni, a cui si assoggettino tali suoni.
Ma giust' appunto per la squisitezza del nostro udito, se allorquando siasi già abituati ad un modo, vogliasi questo lasciare per prenderne un altro, che non abbia con esso niuna correlazione: le nostre fibre devono necessariamente sottoporsi ad uno sforzo violento, perchè costrette ad assumere modificazioni opposte, onde porsi istantaneamente all' unisono col nuovo modo. Egli è evidente che questo violento sforzo, non può a meno di offendere il nostro sentimento: dunque nel lasciare un modo per passare ad un altro, in qualunque siasi caso, affinchè quest' atto riesca gradito, il principio essenziale da aversi in mira, è l' analogia indispensabile fra il modo che si lascia, ed il modo che si prende.
Vi ha stretta analogia tra quei modi, per i quali vi abbisogna, o niente, o un numero eguale di diesis, o bimolli necessarii: perchè le loro scala si compongono di suoni identici, nè differiscono che in due [-134-] soli punti, cioè nella tonica, e nel modo. Tali appunto sono il maggiore di Do, ed il minore di La: il minore di Re, ed il maggiore di Fa: il maggiore di Sol, ed il minore di Mi . . . . . . eccetera eccetera.
Una eguale analogia ritrovasi fra due modi maggiori, o minori, che differiscono fra di loro per un solo diesis, o per un solo bimolle di più o di meno come per esempio il maggiore di Do, ed il maggiore di Sol: il minore di La, ed il minore di Re . . . eccetera eccetera quali differiscono e per la tonica, e per un suono.
Minore analogia che fra questi riscontrasi per esempio, fra il maggiore di Do, ed il minore di Re, perchè questi due modi differiscono in tre punti: cioè nella tonica, nel modo, ed in un suono diatonico. Il grado dunque di analogia che vi ha fra due modi presi in confronto, sarà sempre in ragione inversa delle loro differenze: così meno differenze, più analogia, e viceversa.
CLXXV. L' atto del passaggio da un modo all' altro chiamasi una Transizione. Si distinguono due specie di transizioni, cioè
1. Transizioni ordinarie.
2. Transizioni straordinarie.
Le transizioni ordinarie sono i passaggi nei modi relativi, cioè in tutti quelli fra loro eguali in diesis, o in bimolli, o che solamente differiscono per uno solo di più o di meno di questi due segni necessari. Le transizioni straordinarie, sono tutti quei passaggi ad altri modi, che differiscono fra loro per due o più diesis, o per due o più bimolli di più, o di meno.
CLXXVI. In qualunque pezzo di musica vi ha sempre un modo principale, che è quello ove ordinariamente si incomincia, e si finisce il pezzo medesimo: ma la varietà esige, che nel corso della composizione, si passi per qualche tempo almeno nei suoi relativi. Il primo grado adunque della scienza delle transizioni, consiste nell' esser abili a trovar prontamente i relativi di qualunque Modo principale.
Le prime sei note della scala diatonica ascendente, di un modo maggiore principale, sono le toniche dei suoi relativi, cioè
[-135-] Prima. Modo maggiore principale.
Seconda. Modo minore di più un bimolle, o meno un diesis.
Terza. Modo minore di più un diesis, o meno un bimolle.
Quarta. Modo maggiore di più un bimolle, o meno un diesis.
Quinta. Modo maggiore di più un diesis, o meno un bimolle.
Sesta. Modo minore, eguale in diesis, o bimolli al principale.
Se il modo principale è minore, le toniche dei relativi ritrovansi allora in senso opposto, cioè nelle prime sei note della scala diatonica discendente. Il modo minore ha comuni i relativi col modo maggiore suo corrispondente, perchè la parità del numero dei diesis, o dei bimolli necessarii a questi due modi, è causa della parità delle loro relazioni.
CLXXVII. Le transizioni straordinarie che hanno più analogia col modo principale, sono
1. Il passaggio dal modo maggiore al minore della tonica istessa, o viceversa.
2. Il passaggio da un modo maggiore al minore della sua quarta.
3. Il passaggio da un modo minore al maggiore della sua quinta.
Nel primo caso, la transizione non riesce disaggradevole, perchè tutti i suoni della scala conservano il loro posto, meno la terza e la sesta, talchè i due modi che si succedono non differiscono che in due punti principali. Nel secondo caso, siccome a della tonica assume il carattere di Accordo di dominante, e siccome tale Accordo è simile tanto nel modo maggiore che nel minore, così il cambiamento di modo che si opera sulla quarta non riesce sgradevole. Ragioni simili militano per il terzo caso, che può all' incirca considerarsi l' opposto del secondo.
Comprendendo queste tre transizioni fra le ordinarie, si potrà stabilire, che
[-136-] Da un modo maggiore si può passare
1. Al minore della stessa tonica.
2. Al minore della sua seconda.
3. Al minore della sua terza.
4. Al maggiore della sua quarta.
5. Al minore della sua quarta.
6. Al maggiore della sua quinta.
7. Al minore della sua sesta.
Da un modo minore si può passare
1. Al maggiore della stessa tonica.
2. Al maggiore della sua settima.
3. Al maggiore della sua sesta.
4. Al minore della sua quinta.
5. Al maggiore della sua quinta.
6. Al minore della sua quarta.
7. Al maggiore della sua terza.
CLXXVIII. La maniera di effettuare una transizione qualunque, consiste nell' arte di render gradatamente sensibili quelle differenze, per cui si distingue il modo che vuol prendersi, da quello che si vuol lasciare. Se dal maggiore di La, che ha tre diesis, passar si volesse nel maggiore, per esempio di Mi bimolle, per effettuare questa transizione straordinarissima, bisognerebbe in qualche maniera toglier di mezzo i tre diesis, e andar per gradi introducendo i tre bimolli necessarii al modo maggiore di Mi bimolle.
Fra due diversi modi vi ha sempre una più o meno quantità di differenze, alcune principali, altre secondarie. Le principali sono i diesis, o i bimolli necessarii per i quali differiscono tali modi: le secondarie sono quei cambiamenti di grado, che le note della scala dell' uno, devono subire per costituire la scala dell' altro. Ogni differenza, o principale, o secondaria può essere una strada per passare da un modo ad un altro: dunque la quantità dei mezzi di effettuare una transizione, sarà eguale alla quantità delle differenze che esisteranno fra quei modi ove la transizione debba aver luogo.
[-137-] CLXXIX. Queste differenze vengono rese sensibili da Accordi, o espressi, o sottintesi, i quali si chiamano gli intermedii della transizione. Ordinariamente scelgonsi per intermedii Accordi dissonanti, come i più capaci a distruggere il modo da abbandonarsi, e fra questi suol preferirsi a' della Dominante del modo ove si vuol passare, perchè non potendo esso appartenere al modo che si lascia, ne cancella la sua impressione, nel tempo istesso che può nel suo risolversi, stabilire perfettamente il nuovo modo ove si passa.
Tutte le transizioni ordinarie si possono, volendo, effettuare col solo a' della dominante del nuovo modo, ed allora si chiamano transizioni di un solo intermedio, come diconsi transizioni di due, di tre, di quattro . . . . . eccetera eccetera intermedii, quelle nelle quali prima di giungere al nuovo modo, si impiegano due, tre; quattro . . . . . eccetera eccetera Accordi. Non vi ha appena transizione straordinaria e lontanissima, che non si possa realizzare con tre o quattro intermedii. La transizione straordinaria, spesse volte vien praticata con mezzi straordinaria, per ottenere un effetto straordinario.
CLXXX. In tutti i trattati d' Armonia trovansi più o meno completamente indicati i mezzi di effettuar le transizioni, e di condurre la modulazione: ma l' arte di modulare và soggetta a tante variabilità, da non permettere di stabilire niente di positivo si tal rapporto. La differenza dello stile, la varietà del carattere della musica, sono qualità tutte dipendenti dalla modulazione, ed i cambiamenti progressivi, che di secolo in secolo ha subito la musica, da altro non sono derivate che dai diversi sistemi di modulazione di epoca in epoca adottati. Egli è per questo che l' atto pratico di Modulare, non può precisamente impararsi, che per mezzo di una accurata analisi delle produzioni dell' Arte medesima, fra le quali sono da preferirsi quelle di Autori già riconosciuti per classici.
Dell' Accompagnamento.
CLXXXI. L' atto pratico di assegnare gli Accordi che sostengono e rinforzano la melodia, o il pensiero musicale, chiamasi accompagnare. Gli strumenti, [-138-] ove una sola persona può eseguire l' accompagnamento con più comodo, ed in una maniera più completa, sono il Pianoforte, e l' Organo.
CLXXXII. L' accompagnamento si rileva, o dalla partitura, o dal semplice basso. Per accompagnare sulla partitura, rendesi primieramente necessaria la massima franchezza nella lettura di tutte le chiavi, e l' abitudine di leggere sopra più poste nel medesimo tempo. Se la Partitura è a grande Orchestra, si sarà obbligati ad eseguire l' accompagnamento, leggendo talora su diciotto o venti, e qualche volta più poste contemporaneamente.
La mano sinistra eseguisce sempre il basso, che è la parte principale dell' accompagnamento, e quando vi abbisogna, oltre il basso ella prende ad eseguire anche qualchè parte media. La mano destra si incarica della esecuzione delle parti più acute dell' armonia, con tutte quelle note accidentali agli Accordi, che vi si trovano notate.
L' arte di accompagnare in partitura, consiste, nel saper destramente ridursi alla portata delle due mani tutta quella armonia che vedesi distribuita ai varii strumenti, e questo è ciò che chiamasi ripiegare. Ove manchi il mezzo di eseguire tutte le parti, conviene prontamente riconoscere quali sieno quelle da trascurarsi, e quelle da preferirsi. E obbligo ancora dell' accompagnatore, l' imitare al più possibile quegli effetti, che si ottengono dai movimenti, e dalle gradazioni delle masse della Orchestra.
Da queste brevi indicazioni rilevasi, che la scienza e la pratica dell' Armonia, unita alla cognizione della partitura, sono facoltà indispensabili all' accompagnatore. Per risparmiare lo studio, e la necessaria fatica ai dilettanti, si è oggi propagato l' uso di ridurre tutte le parti di Orchestra ad una sola parte di Pianoforte. Questo nuovo metodo ha i suoi vantaggii, ed i suoi gravi inconvenienti, dei quali non ci incombe parlare.
CLXXXIII. Nella musica da Chiesa, quando l' Organo abbia da eseguire un Accompagnamento accessorio, che chiamasi Accompagnamento di ripieno, la sua parte restringesi ad un semplice basso continuo, sul quale l' organista deve far sentire tutti quegli Accordi, che vi sono indicati con cifre numeriche. I [-139-] numeri vengono apposti superiormente a quella tal nota, sulla quale deve cadere l' Accordo, ed ogni numero esprime il suo corrispondente intervallo.
Non vi ha metodo fisso nel numerare il basso. Molte volte sulla tonica, sulla quinta, sulla quarta, o sopra altre note ove vi si possa sottintendere il suo Accordo diretto di terza e quinta, non trovasi niuna segnatura. Se la terza dell' Accordo debba essere accidentalmente alterata, vi si pone talvolta il solo segno necessario, cioè o il solo diesis, o il solo bimolle, o il solo biquadro, senza la cifre 3. Fuori di questo caso, il segno di alterazione, và sempre annesso al numero indicante l' intervallo.
Si usano varie abbreviazioni nella cifratura del basso, ma i compositori più esatti, tralasciano solamente quei numeri che possono facilmente essere sottintesi, senza trascurar quelli esprimenti gli intervalli che caratterizzano l' Accordo medesimo.
Fra le note estranee agli Accordi quelle che vengono esattamente indicate, sono le dissonanze per ritardo. Le note di passaggio, ed anco le appoggiature trovansi pure indicate, ma rarissimamente. Negli esempii alla lettera M3, si riporta il primo periodo di un basso del Padre Mattei, ove vi sono segnate varie dissonanze per ritardo, ma tutte le cifre col segno (*), indicano note di passaggio. Nell' Esempio alla lettera N3, tutti i numeri col segno (*) indicano delle appoggiature.
In una ottava vi si comprendono tutti i suoni del nostro sistema, dunque in una medesima ottava, la mano destra dell' Accompagnatore a numeri, potrà sempre ritrovare tutti quegli Accordi che possono occorrergli. L' arte consiste nel sapere opportunamente rovesciare gli intervalli, affinchè rimanga convenevolmente unita la successione degli Accordi, senza però che l' armonia riesca difettosa per le due quinte, o per le due ottave di seguito e per moto retto, le quali si devono sempre schivare, almeno nelle parti scoperte, cioè a dire, fra il basso, ed il suono più acuto.
CLXXXIV. La conveniente assegnazione degli Accordi di accompagnamento, ad una data Melodia di basso, è ciò che forma l' ultimo grado dello studio dell' armonia. Per tale operazione richiedesi: primo l' attitudine [-140-] di distinguere le note essenziali dalle accidentali, affinchè l' armonia cada su quelle note che la comportano, dietro le leggi della buona modulazione: secondo il riconoscere il periodo armonico, e le diverse transizioni, che più o meno decisamente vengono indicate dalla melodìa del basso medesimo. Dopo ciò l' applicazione della regola dell' ottava, e delle progressioni (Sezioni CLXXI, e CLXXII), può sempre offrire un mezzo eccellente per determinare quegli Accordi, che in una maniera semplice e naturale, possono accompagnare una qualunque Melodia di basso. Quest' ultimo grado della scienza dell' armonia è il primo grado dell' arte della composizione.
ARTICOLO NONO
Generali osservazioni sugli studii di piccola composizion musicale.
CLXXXV. Quel corso di studii, che noi chiameremo di piccola composizion musicale, merita particolare ed accurata attenzione, perchè fra le moltiplici regole assegnate dagli istitutori, alcune riescono insussistenti, altre non più applicabili alla attual maniera di comporre la musica. La collezione poi di queste regole, che forma la sostanzial materia dei nostri conosciuti metodi di composizione, manca ordinariamente di quell' ordine, chiarezza e concatenazione, indispensabile al rapido progresso di tali studii.
Nella maniera istessa che la pratica si fonda sull' esercizio, la teoria fondasi sui principii. I principii sono o fatti pienamente cogniti, o fatti chiaramente evidenti. Gli unici fatti sui quali può stabilmente appoggiarsi la teoria della composizion musicale, sono quei determinati effetti, che si ottengono mediante quella tal combinazione di suoni. Ma siccome ogni [-141-] effetto dipende necessariamente da una causa, perciò egli è solamente sopra questa causa, radice essenziale dell' effetto, che la teoria potrà trovare la solida base delle sue regole.
Le cause degli effetti musicali appartengono spesso ad una metafisica così sottile ed acuta, da sfuggire facilmente alla attenzione del puro Artista teorico: e dall' altra parte per la mancanza dell' esercizio, il teorico unicamente filosofo ignorando la parte pratica dell' Arte, non può essere mai in grado di valutar giustamente gli effetti, e per conseguenza dovendo agire più per via di raziocinio, che per via di fatto, è cosa oltremodo facilissima, che egli pervenga a stabilire dei falsi teoremi. Tali sono i motivi della insussistenza della più gran parte delle regole di composizion musicale fin quì instituite, delle quali si fà uso ancora nelle nostre scuole.
Egli è poi naturalissimo, che alcune antiche teorìe non siino adesso confacienti al grado a cui è giunta l' arte di comporre la musica, perchè quest' arte non può per propria natura mai rimanere stazionaria. La musica emana direttamente dallo spirito, ed è per questo che ella è una viva espressione dello stato civile, politico, e religioso in cui trovasi un popolo. Ora siccome lo spirito umano è in un continuo progresso, così conviene che la musica lo sia egualmente, perchè non vi ha forza umana che vaglia ad arrestare il natural movimento del mondo, tanto fisico che morale. Quelle regole teoriche dunque, referibili alla parte filosofica della musica saranno immutabili, perchè riguardanti solamente la sostanza della cosa, ma quelle regole referibili alla parte tecnica della composizione, non potranno ameno di esser sempre soggette a variabilità.
CLXXXVI. In quanto al metodo da seguirsi negli studii di piccola composizione, egli deve esser tale da condurre il più brevemente, e facilmente possibile, al pieno acquisto delle quattro seguenti facoltà
1. L' abilità di comporre correttamente una melodia.
2. L' arte di saperla condurre e sviluppare.
[-142-] 3. La capacità di unirvi un accompagnamento, che la sostenga, e la rinforzi.
4. La maniera di distribuire la melodia, con più o meno artificio fra le diverse parti, che devono unirsi in concerto.
CLXXXVII. Abbiamo già dato un qualche cenno sulla essenza della Melodìa nell' Articolo II di questa seconda parte, allorchè abbiamo parlato della accentuazione, e della interpunzione necessaria nel Canto (Sezione LXXXVIII): aggiungeremo adesso, che per comporre correttamente una Melodia è necessario l' osservare, che essa è un discorso, e perciò segue, e và soggetta alle istesse leggi periodologiche del discorso, ed ha i suoi riposi più o meno marcati, affinchè ne derivi quel senso musicale, senza di cui ella non potrebbe nè commuovere, nè dipingere, nè interessare.
CLXXXVIII. Un gruppo di note ben collegate, che si succedino senza interruzione, chiamasi un Disegno. Un disegno vien separato da un altro disegno, o da una pausa, o da una nota di maggior valore, o da uno degli altri riposi, che in seguito indicheremo. Questa piccola disgiunzione chiamasi un quarto di cadenza.
Allorchè più disegni formano di già un certo senso melodico, il quale richieda di essere contradistinto da un riposo più forte di un quarto di cadenza, allora egli deve terminare con una mezza cadenza. La mezza cadenza è un breve riposo, o sulla quinta, o sulla settima, o sulla seconda, o sulla terza nota della scala di quel Modo ove uno si trova. Uno o più disegni, che vadino a riposarsi sopra una mezza cadenza, formano un membro di periodo, o una frase musicale, che per riguardo alla sua estensione; chiamasi un Ritmo.
La diversa estensione o lunghezza dei ritmi viene misurata per mezzo della battuta regolatrice del movimento generale del pezzo: perciò noi chiameremo ritmo di due, tre, quattro, cinque . . . . . eccetera battute, quella frase melodica che termini in mezza cadenza, dopo due, tre, quattro, cinque . . . eccetera battute. Nell' [-143-] esempio già riportato alla lettera L3, vedesi un ritmo di quattro battute colla mezza cadenza sulla terza del Modo. L' esempio della picchettatura riportato alla lettera M3 è un ritmo di quattro battute, colla mezza cadenza sulla quinta del modo. L' esempio N2 è un ritmo di sei battute colla mezza cadenza sulla settima del modo. eccetera eccetera.
Una melodia bastantemente estesa da presentare allo spirito un senso totalmente completo, sia essa composta di più disegni o ritmi, ella deve terminar sempre con un riposo assoluto, il quali già sappiamo che chiamasi Cadenza perfetta. Uno o più disegni frasi e ritmi analoghi, collegati fra di loro dalla unità del Modo, dal metro e dal movimento, componenti un senso musicale, che vada a terminarsi con una Cadenza perfetta, chiamasi un Periodo. Non vi ha che una sola nota in ciascun modo capace a produrre il riposo di cadenza perfetta, e questa è la tonica, che deve sempre cadere in principio di battuta, ed essere preceduta da una delle note componenti l' accordo perfetto della specie a della dominante. La melodia di basso che presenta l' esempio alla lettera M3, è un periodo di cinque battute. Alla lettera N3 si riscontra un periodo melodico di quattordici battute, come pure un periodo di dieci battute vedesi alla lettera I2, nel solfeggio ivi riportato.
La melodìa dunque ha tre specie di riposi, cioè
1. Cadenza perfetta, che equivale al punto ortografico del discorso.
2. Mezza cadenza, equivalente ai due punti, o al punto e virgola.
3. Quarto di cadenza, che può considerarsi del valore della semplice virgola.
Egli è necessario osservare, che la forza di questi riposi è relativa alla maggiore o minor quantità, ed alla maggiore, o minor lunghezza dei ritmi che insieme congiungonsi per formare il senso musicale. Non vi ha propriamente che la cadenza perfetta, che non soffra di esser cambiata in un riposo più piccolo, senza alterare il senso generale, e tener sospesa ed indecisa la chiusa del periodo. All' opposto, per esempio, il quarto di cadenza potrebbe avere la [-144-] forma di mezza cadenza, ed anco di cadenza perfetta, senza veruno inconveniente, potendo il nostro spirito facilmente discernere, o dalla brevità, o dalla mancanza del necessario sviluppo, che l' idea musicale non è al suo termine, e che perciò non è quella la fine del periodo.
CLXXXIX. La melodìa, come altrove abbiam detto, vien composta essenzialmente di note costituenti gli Accordi, spesso ornate ed abbellite dalle note estranee ai medesimi, secondo che si è avvertito di sopra (Sezione CLXVI). Un buon periodo melodico, non può ameno dunque di aver per base un seguito regolare di Accordi, che si succedino dietro le leggi della modulazione, e che vadino a terminarsi con una cadenza perfetta.
Abbenchè possino essere scrupolosamente osservate le regole tutte, sia in quanto alla modulazione, sia in quanto al collocamento delle varie specie di cadenza, da cui resulta il senso melodico pure una melodìa può riescire insipida, fredda, e di cattivo gusto. Una melodìa insipida e fredda, non può nè commuovere, nè interessare, ma ella non sarà dispiacevole se è concepita con gusto: all' opposto non potremo mai trar diletto da una melodìa di cattivo gusto, ancorchè concepita col massimo entusiasmo.
Le varie qualità dello spirito, la forza della immaginazione, e la squisitezza degli organi, da cui dipende la facoltà di sentire con maggiore, o minor veemenza le impressioni, che l' animo riceve dai diversi oggetti fisici e morali che lo circondano, sono la causa della attitudine a comporre una melodìa più, o meno significante. Tale attitudine adunque non può interamente conseguirsi col mezzo ordinario della applicazione, e dello studio, ma da questo essa può ricevere sviluppo, ed incremento. Col solo studio però si può quasi sicuramente acquistare il buon gusto, ed arrivare a comporre delle melodìe piacevoli, allorchè i necessarii esercizii conducenti a tale acquisto, siano diretti da un bravo Maestro, che egli medesimo possieda il buon gusto, e lo sappia opportunamente inspirare nel suo allievo.
La specie, e l' andamento di tali studii, conducenti a comporre una buona melodìa, può esser vario, [-145-] perchè per varii mezzi si può ottenere un istesso resultato. Noi pertanto ci limiteremo ad indicare una quantità di esercizii, già proposti dal Signor Antonio Reicha, nel suo Trattato di Melodìa, avendocene già l' esperimento confermata la loro efficacia.
ESERCIZIO PRIMO
Dato un movimento ritmico, inventare su di esso una, o più Melodìe.
CXC. Allorchè in un movimento qualunque vi si riscontra una qualche regolarità, o simetria, egli attira a nostra attenzione. Se i colpi per esempio, di un tamburo siano interrotti da brevi silenzi simetricamente disposti ad eguali intervalli di tempo, noi proveremo un qualche piacere in udirli, mentre ci annoieremo, allorchè questi sieno intesi ad intervalli o irregolari, o troppo uniformi. Se i sordi, ed indeterminati suoni di un tamburo possono richiamare la nostra attenzione, per la sola forza di simetria dei riposi, quale sarà la sensazione che proveremo da questa istessa simetrìa, presentataci invece da una varietà di suoni omogenei, emanati o da una voce, o da uno strumento di musica?
Questo primo esercizio rende abili ad inventare una melodìa sopra un determinato movimento, cosa di somma utilità nell' atto pratico della composizione.
ESERCIZIO SECONDO
Inventare delle frasi, e dei periodi melodici con un numero determinato di suoni.
CXCI. Per comporre una melodìa ben fraseggiata, regolare, ed espressiva, non è propriamente necessario l' avere a sua disposizione una gran quantità di suoni. Con quattro, o cinque note, si può benissimo formare delle frasi e dei periodi giusti ed interessanti. [-146-] La cognitissima Aria composta da Giovan Giacomo Rousseau con sole tre note, chiaramente ce lo dimostra.
Questo esercizio si potrà fare in tutti i Modi, in tutte le misure ed in tutti i movimenti, prendendo prima tre, poi quattro, poi cinque, poi sei . . . eccetera note della scala del Modo prescelto. Egli è da avvertirsi, che fra i suoni determinati, vi sia inclusa la tonica, affinchè la melodìa possa terminare il suo periodo colla cadenza perfetta. Fra le altre note, si dovrà sempre preferir quelle, ove si possono fare dei riposi di mezza cadenza, onde avere il comodo di dividere i ritmi l' uno dall' altro.
Tale studio darà per frutto, l' abilità di poter far risaltare una voce, o uno strumento di musica, qualora egli si trovasse limitato ad una piccola estensione, o si fosse necessitati ad escludere alcuni suoni, o non bene intonati, o poco melodiosi.
ESERCIZIO TERZO
Inventare delle frasi, e dei periodi melodici, con un solo disegno prescritto.
CXCII. Il periodo melodico può esser composto di una, o più frasi, contenenti uno, o più disegni. La moltiplicità dei disegni può per troppa eguaglianza, apportar monotonìa. Ma se l' unità del disegno venga maneggiata con tal arte, da ottenerne tanta varietà, da distruggere la monotonìa, proveniente dalla troppo ripetuta figura dell' istesso disegno, si otterrà una melodìa armoniosa per se stessa, giacchè sappiamo, che per tutto ove insieme combinasi unità e varietà, vi ha armonìa.
[-147-] ESERCIZIO QUARTO
Comporre dei ritmi di differente lunghezza.
CXCIII. La maggiore o minor lunghezza di un ritmo, principalmente dipende dal metro, e dal movimento della misura. Un ritmo di due battute, in tempo ordinario, ed in movimento largo, può essere sufficientemente luogo, mentre egli sarebbe troppo breve, e per conseguenza poco apprezzabile in una dupla, o in una tripla di movimento Prestissimo.
In generale, il ritmo non può ristringersi a minor lunghezza di due battute, altrimenti per la sua brevità rassomiglierebbe piuttosto ad un disegno. La massima sua estensione si può fissare a otto, o al più dieci battute, al di là delle quali egli stancherebbe la nostra attenzione.
Vi sono dunque dei ritmi, di due, di tre, di quattro, di cinque, di sei, di sette, di otto . . . eccetera battute: ma siccome quello di quattro battute è di una lunghezza media, confaciente per conseguenza ad ogni metro, e ad ogni velocità di movimento, perciò io vediamo più spesso degli altri praticato.
Dalla diversa lunghezza dei ritmi, può ritrarsi molta varietà nella costruzione dei periodi, ed è anco utilissimo l' esercitarsi in questa parte melodica, affine di conoscere il carattere particolare di ciascuna specie di ritmo. Per lo più i ritmi brevi meglio si adattano ad espressioni gaie e leggieri, ed i lunghi più si confanno al genere grave, e serio.
ESERCIZIO QUINTO
Costruire dei periodi di un maggiore, e minor numero di ritmi.
CXCIV. Un solo ritmo può anche comporre un periodo; ciò ha luogo più spesso nei piccoli pezzi, [-148-] ove per conseguenza richiedonsi brevi periodi. Ma nelle grandi composizioni, ove per la loro estensione vi abbisognano lunghi periodi, è indispensabile che questi venghino suddivisi in più parti, che noi già chiamiamo ritmi, o frasi, onde presentare con chiarezza l' idea musicale.
Affinchè il periodo riesca armonioso, è necessario che i diversi ritmi che lo compongono respirino un medesimo carattere, onde formare la necessaria Unità, e che siino nel tempo istesso dissimili, in maniera da presentare la maggior possibile Varietà. Dalla uniformità dei disegni melodici può ottenersi l' unità. Dalla differente lunghezza dei ritmi, dalla diversità delle loro mezze cadenza, e dalla varia maniera di congiungere l' uno coll' altro i ritmi medesimi, può ottenersi la varietà.
Nella composizione dei periodi melodici con ritmi di varia lunghezza, molte combinazioni possono aver luogo: ma ciò che merita di essere avvertito si è, che i ritmi di battute impari richieggono quasi sempre una repetizione, per mezzo della quale il periodo viene a mantenere quella forma regolare, che sembra perdere, quando il ritmo impari non abbia un compagno, che formi con esso una proporzione simetrica.
Vi sono sei specie di repetizioni melodiche: perciò ad un ritmo può darseli un compagno in sei differenti maniere, perchè in sei maniere può essere ripetuto, cioè.
1. Repetizione identica (vale a dire all' unisono).
2. Repetizione semidentica (cioè all' ottava superiore, o inferiore).
3. Repetizione simile in gradi più acuti, nel modo istesso.
4. Repetizione simile in gradi più gravi, nel modo istesso.
5. Repetizione simile in gradi più acuti, variando modo.
6. Repetizione simile in gradi più gravi, cambiando modo.
Per riguardo alla varietà delle mezze cadenza, già [-149-] sappiamo, che in ogni modo vi sono quattro differenti note per effettuarle (Sezione CLXXXVIII): perciò sarebbe un privarsi spontaneamente di un mezzo di varietà, allorchè si volessero terminare tutti i ritmi, sulla medesima nota di mezza cadenza.
In quanto alla congiunzione dei ritmi, si incontrano tre diversi casi, cioè.
1. Da un ritmo all' altro può frapporsi un silenzio.
2. Un ritmo può congiungersi coll' altro per mezzo di un piccolo disegno accessorio, che può chiamarsi disegno di congiunzione.
3. La nota finale di un ritmo, può essere la nota iniziale del ritmo seguente. In questo caso, la battuta ove segue la congiunzione dei due ritmi, è di un valore duplo in quanto alla loro lunghezza, perchè ella è da contarsi, e come l' ultima del ritmo antecedente, e come la prima del ritmo seguente.
ESERCIZIO SESTO.
Sull' Arte di allungare, e accorciare i periodi.
CXCV. Non è raro il caso, componendo musica, che il periodo riesca talvolta breve di troppo, secondochè lo richiegga la circostanza. Se l' ultima cadenza perfetta venga cambiata in mezza cadenza, il periodo rimarrà sospeso, e l' aggiunta di uno, o più ritmi, lo potrà portare a quella lunghezza che più piaccia. Se dopo la nota che compisce la cadenza perfetta del periodo, si passi immediatamente ad altra nota, la continuità del movimento, interrompendo il riposo necessario alla cadenza, farà sì, che il periodo venga necessariamente allungato di qualche battuta. Come pure, se invece di cadere sulla tonica, si cada nell' atto della cadenza, su qualunque altra nota, il riposo di questa cadenza, venendo rotto da tal' atto straordinario, il periodo può in seguito essere allungato a piacimento.
Dunque per render più lungo un periodo melodico, vi sono tre differenti mezzi
[-150-] 1. Cambiare la cadenza perfetta in mezza cadenza.
2. Cambiare la cadenza perfetta in cadenza interrotta.
3. Cambiare la cadenza perfetta in una cadenza rotta.
Vi abbisogna di un sentimento più squisito, per accorciare convenevolmente un periodo melodico, perchè col togliervi uno o più ritmi, esso può rimanere o privo di simetria, o può perdere di quella unità e varietà, che lo rendono armonioso.
ESERCIZIO SETTIMO
Sull' arte di fiorire, e variare una melodia.
CXCVI. Un disegno, o un ritmo, o un periodo, che sia se stesso semplice, può produrre un buonissimo effetto, se venga ornato ed abbellito, allorchè si riproduca per una seconda, o terza volta. Le appoggiature, e le note di passaggio, si impiegano per lo più in questa bellissima figura di composizione, che chiamasi fioritura.
La fioritura ha l' obbligo di conservare perfettamente i contorni della melodia, e seguirla in tutte le sue sinuosità, affinchè ella comparisca sempre la stessa, ma galantemente rivestita ed addobbata. Il rilasciare al gusto dell' esecutore la fioritura di una melodia (come alcuna volta si pratica), è il correre sempre un rischio nell' effetto del pezzo, perchè non tutti possono averne la capacità: perciò val meglio che il compositore istesso la determini collo scriverla per esteso. Mediante la fioritura, si può dare una forma melodica ad un periodo composto con semplici accordi. Può fiorirsi la parte più acuta, o la più grave, o alcuna delle medie, o due, o tre, o tutte le parti nel tempo istesso. Un tale esercizio può essere utilissimo alla pratica della composizione.
Dicesi poi variare una melodia, allorchè conservandone il suo principal carattere, si alterano, o si [-151-] cambiano i disegni coi quali è composta. Allorchè la melodia primitiva (che in tal caso si chiama il tema), abbia un carattere deciso, sia molto semplice, e contenga pochi disegni, facilmente ella potrà variarsi in infinite maniere. Migliaia di variazioni già si conoscono della notissima aria Nel cuor più non mi sento del celebre Paisiello, perchè nel più eminente grado in essa ritrovansi le suindicate qualità.
Vi ha un genere misto, e di fioritura, e di variazione, di cui si può far uso, onde rendere più interessante una melodia semplice altra volta sentita nel corso del pezzo medesimo. Gli Andante delle sinfonie, e dei bellissimi quartetti di Haydn, offrono allo studioso scelti modelli di questo terzo genere di abbellimenti melodici.
ESERCIZIO OTTAVO
Sull' arte di effettuare le transizioni colla melodia.
CXCVII. Già sappiamo, che nelle transizioni richiedesi una ingegnosa destrezza di far dimenticare il modo attuale nell' atto medesimo che si vanno annunziando i caratteri distintivi di quello, ove intendesi far passaggio. Una tale operazione non si può eseguire melodicamente, che col mezzo di una successione di più suoni, perchè uno solo, o due, non possono bastare a distruggere quelle impressioni già ricevute da un sistema di sette, e darci nell' atto istesso la idea di un modo diverso.
Se due accordi bastano a fare una transizione, egli è perchè il nostro orecchio, fra la contemporaneità e la successione, può sentire sei, o sette differenti suoni: e con sei, o sette suoni bene scelti, anco la melodia, con molta sodisfazione dell' udito, può determinare il passaggio da uno in altro modo. Non vi ha altra differenza dunque, che la melodia per eseguir dolcemente una transizione, abbisogna di un tale spazio di tempo necessario a far sentire l' uno dopo l' altro tutti quei suoni i più opportuni alla circostanza, mentre colla sola armonia, più speditamente, ed anche [-152-] con un solo atto, potrebbesi giungere ad ottenere lo stesso intento.
Non si può appena accennare una transizione, senza che la melodia abbia un riposo, almeno di un quarto di cadenza nel nuovo modo che voglia indicarsi. La transizione poi è semideterminata allorchè la melodia fà solamente un riposo di mezza cadenza nel modo ove si intende passare, perchè l' impressione del primo modo non può rimaner pienamente cancellata, altro che da una cadenza perfetta, che ne determini e stabilisca un altro.
Dunque: 1. Una breve e momentanea transizione, si ottiene melodicamente con un quarto di cadenza nel nuovo modo.
2. Una transizione indeterminata e passeggera, si effettua con una mezza cadenza nel nuovo modo.
3. Una transizione determinata e permanente non può ottenersi che colla cadenza perfetta, vale a dire colla chiusa del periodo melodico nel nuovo modo, ove di fà passaggio.
Le transizioni straordinarie obbligano per lo più a passere per varii modi analoghi, affine di dolcemente far porre in dimenticanza il modo che si abbandona. Egli è per questo, che esse potrebbero riescire molto prolisse, qualora colla sola melodia volessero eseguirsi. Alla melodia sono più confacienti le transizioni ordinarie (Sezione CLXXVI., e CLXXVII.), perchè abbisognano di un minor numero di intermedii, ed è perciò che sopra a queste devono aggirarsi i particolari studii, prescritti in questo ottavo esercizio.
ESERCIZIO NONO
Sullo sviluppo della melodìa.
CXCVIII. Abbiamo già indicato (Sezione CXCIV.) sei differenti maniere di ripetere una melodia. Egli è per mezzo di tali repetizioni, che si perviene ad estendere, [-153-] e sviluppare un soggetto melodico. Un periodo ben costruito, le di cui frasi o ritmi, respirino un determinato carattere, ed i disegni si trovino bene l' uno dall' altro differenziati, sarà sempre suscettibile di uno sviluppo interessante.
Si potrebbe offendere le leggi di Varietà, facendo sentire più di due volte di seguito uno stesso periodo melodico: perciò un intiero periodo, non è da ripetersi che una sola volta. Nella repetizione, tanto identica, o semidentica, o simile nei gradi più acuti, o più gravi, con cambiamento, o senza cambiamento di modo, la melodia dell' intiero periodo può esser fiorita, e variata, secondo che abbiamo indicato nell' esercizio settimo (Sezione CXCVI.).
Siccome il ritmo non presenta una idea melodica completa, così di esso può comportarsene due ripetizioni, le quali possono effettuarsi nelle sei maniere già indicate. Un disegno poi, come piccola frazione di idea, può ripetersi quante volte piaccia o in una maniera regolare, formando delle progressioni melodiche ascendenti o discendenti, o irregolarmente nelle diverse maniere, già molte volte rammentate.
Le varie repetizioni dei ritmi, e dei disegni, estratti da un periodo melodico primitivo, possono offrir la materia per comporre e nuovi ritmi, e nuovi periodi, i quali necessariamente riusciranno analoghi al periodo principale, perchè creati colle di lui membra.
Tali sono i mezzi adottati all' arte per sviluppare una melodia. Fra l' immensa quantità di materiali, che può offrire all' artista una semplice melodia, il gusto solo sà sceglier quelli più confacienti all' opera sua. Tutte le composizioni dei classici, offrono ammirabili esempii di quest' arte inesauribile: ma fra i moderni, quelle che meritano onorevole distinzione, sono le sinfonie, ed i quartetti di Giuseppe Haydn.
ESERCIZIO DECIMO
Sull' arte di congiungere e collegare i periodi.
CXCIX. Nella successione dei periodi, non è da valutarsi la esatta repetizione del periodo medesimo, [-154-] la quale d' ordinario viene indicata col ritornello, ma soltanto è da considerarsi le varie collegazioni di due periodi dissimili.
I periodo devono essere in armonia fra di loro. Dunque Unità, e Varietà fra i periodi.
Unità. Ogni periodo deve avere la più stretta analogia possibile col suo antecedente, cioè egli deve risentire del medesimo carattere, e tendere allo stesso fine.
Varietà. Ogni periodo deve esprimere una, o più idee diverse dall' antecedente. Egli può, o non può esser vario in lunghezza, ma non può non esser vario in modulazione. Il modo determinato dalla cadenza perfetta del periodo antecedente, deve essere abbandonato al più presto possibile nel periodo conseguente.
In quanto poi alla maniera di congiungere i periodi, si incontrano i tre casi istessi, già indicati per la collegazione dei ritmi (Sezione CXCIV.), i quali crediamo opportuno qui ripetere.
1. Fra l' uno e l' altro periodo, può esservi frapposto un silenzio di una maggiore o minor porzione di battuta: perchè terminandosi il periodo, per esempio sul primo tempo, l' altro periodo può incominciarsi col primo tempo della battuta veniente. Questo è il minor grado di congiunzione, che possa esservi fra due periodi.
2. Se un particolar disegno melodico congiunga due periodi, riempiendo il silenzio, che dall' uno all' altro vi dovesse correre per succedersi, si viene allora ad ottenere per tal mezzo una maggiore aderenza fra i periodi medesimi. Il disegno di congiunzione, può essere o più breve, o più lungo secondo le varie circostanze, e può addossarsene l' esecuzione, o alla parte medesima che eseguisce la melodia, o ad alcuna o a tutte le altre parti concorrenti al concerto musicale.
3. Il massimo grado di congiunzione di due periodi si è, allorquando la nota finale dell' antecedente, è al tempo istesso la nota iniziale del conseguente. In questo caso, la battuta ove segue la congiunzione dei due periodi, è di un valore duplo in quanto al [-155-] ritmo, perchè ella è da contarsi, e come l' ultima del periodo che finisce, e come prima del periodo che incomincia.
I Periodi si possono classare in due specie, cioè
1. Periodi principali.
2. Periodi secondarii.
I periodi principali sono quelli che costituiscono essenzialmente un pezzo di musica e che contengono per conseguenza i motivi, o soggetti, o le idee, che musicalmente prendesi ad esprimere. I periodi secondarii contengono idee accessorie, e alcune volte servono di complemento, di aggiunta, o di coda ad un periodo principale, ed alcune altre volte servono a congiungere due di questi principali periodi: così i piccoli periodi secondarii possono essere, o addizionali, o complementarii, o congiunzionali.
PARTICOLARI OSSERVAZIONI SULLA VARIA CONDOTTA DEI PEZZI DI MUSICA.
CC. Un solo periodo è troppo piccola cosa per formare un intero pezzo di musica. La più piccola specie di composizione abbisogna almeno di due distinti periodi: il primo per esporre l' idea primitiva, comunemente detta motivo, o soggetto: il secondo, o per una continuazione, o per uno sviluppo del motivo medesimo.
Col primo periodo si stabilisce un modo, il quale prende il titolo di modo principale, ed è in questo medesimo modo che deve chiudersi il secondo periodo, affinchè la composizione conservi la necessaria unità. Tanto la chiusa del primo, che il principio del secondo periodo possono indifferentemente effettuarsi anche in alcuno dei modi relativi al principale.
Siccome in questi piccoli pezzi, manca il tempo necessario a fare una quantità di transizioni, così fra quelle poche che vi si possono introdurre, sono da scegliersi le più analoghe, acciocchè di troppo non venga cancellata l' impressione del modo principale. Per tale oggetto, nel modo maggiore si preferisce ordinariamente [-156-] la transizione al modo maggiore della sua quinta: nel modo minore, la transizione al modo maggiore della sua terza.
Riesce più completo un piccolo pezzo di musica, allorchè si compone di tre periodi. I tre periodi ordinariamente contengono
Primo periodo: Soggetto principale.
Secondo periodo: Sviluppo del soggetto, o altra idea subordinata.
Terzo periodo: Repetizione del soggetto.
Una composizione musicale, può esser dunque divisa in due, o in tre o anche in più sezioni. La differenza che passa tra i piccoli e i grandi pezzi ella è che nei primi ciascuna sezione contiene un solo sezione del pezzo medesimo. Ogni sezione si chiama anche una parte.
CCL. La plastica di un pezzo di musica, cioè a dire quell' ordine delle parti, quella forma, o quel modello di costruzione, che riscontrasi in una composizione qualunque di musica, noi la chiameremo il taglio del pezzo. I diversi tagli di composizione in uso attualmente, sono i seguenti
1. Il taglio scolastico, il quale consiste in un successivo trasporto del soggetto principale in varii modi relativi, finchè riducendosi di nuovo al modo primitivo, chiudasi in esso il pezzo, o col motivo medesimo, o con qualche altro soggetto analogo. Su questo taglio son composti particolarmente i Bassi del Padre Mattei, e di altri celebri armonisti.
2. Il taglio binario, o ternario, cioè a dire di due o tre sezioni. In questo taglio si trovano composte per lo più le Arie teatrali, i duetti, terzetti, quartetti . . . eccetera tanto vocali che strumentali, le suonate, le sinfonie eccetera eccetera.
3. Il taglio di Rondeau, ove un pezzo vien diviso in tre o più sezioni, ciascuna delle quali incomincia col motivo principale. in questo taglio può considerarsi composta la musica da ballo, cioè le Quadriglie, Valzer eccetera eccetera.
[-157-] 4. Il taglio di Variazione, ove il breve motivo, ordinariamente di due corti periodi, ritorna più volte ma sempre differentemente variato.
5. Il taglio irregolare o composto, il quale è praticabile solamente nei Capricci, Fantasie, Preludii eccetera che si eseguiscono solamente con gli strumenti.
In quanto alle modificazioni a cui possono andar soggetti i diversi tagli dei pezzi, sono da consultarsi le migliori composizioni moderne nei diversi generi.
ESERCIZIO UNDECIMO
Sull' arte di assegnare gli Accordi ad una Melodia.
CCII. La regola dell' ottava e delle progressioni (Sezione CLXXI) offre un mezzo facilissimo per assegnare gli Accordi ad una melodìa, quando elle è nel basso: ma la scelta degli Accordi, che debbono sostenere ed accompagnare una melodìa di una parte acuta, è cosa non tanto facile a determinarsi.
Sappiamo che le note principali della melodìa sono al tempo stesso le note componenti gli Accordi dai quali ella deriva: ma siccome una medesima nota può appartenere a varii Accordi, e siccome le note estranee che si ammettono in Melodia possono talvolta considerarsi, o non considerarsi tali, così poche sono quelle melodìe che non vadino soggette a diverse interpetrazioni, in quanto agli Accordi che esse percorron. La scienza dell' armonia, un giusto discernimento, ed il buon gusto, sono l' unica guida a cui affidarsi in simile operazione.
Egli è frattanto necessario l' addestrarsi alla più semplice interpetrazione armonica di una data melodìa, con l' assegnarli il minor numero possibile di Accordi per suo accompagnamento, e gradatamente giungere fino alla maggior possibile quantità, impiegandovi, o non impiegandovi anco modulazioni passeggere. In tali esercizii dovranno scriversi sotto la Melodia solamente le note fondamentali degli Accordi, cioè a dire vi si noterà sotto di essa il basso fondamentale solamente.
[-158-] La maggior quantità di Accordi assegnabili ad una melodìa, trovasi sempre circoscritta dal movimento della misura. In un tempo ordinario di movimento molto Largo, si possono gustare sei, otto, e ancora più accordi per ogni battuta: ma nei moti veloci di Allegro Presto eccetera specialmente in misure brevi di dupla, tripla eccetera anco due soli Accordi per battuta potrebbero produrre confusione. All' opposto un continuo trattenersi per più battute sopra un medesimo Accordo, porterebbe talvolta alla monotonia per mancanza di varietà. Per mezzo del Metronemo (Sezione LXII) si potrebbe giungere a stabilire il minimo, ed il massimo grado di velocità nella successione degli Accordi.
In generale la melodìa attrae più la nostra attenzione, e agisce con più forza sui nostri sensi, allorchè ella è accompagnata con pochi e semplici Accordi, che tendano a rinforzarla, ed abbiano per oggetto il mantener fissa l' idea del modo, o determinar con precisione le varie transizioni, che in essa venghino accennate. La rapida successione degli Accordi non può che dividere la nostra attenzione fra l' Armonia e la melodìa, dunque la melodìa in questo caso non può agire nella sua piena forza, per trovarsi soffogata dagli Accordi.
ESERCIZIO DUODECIMO
Sull' arte di comporre la parte del basso sotto una melodìa.
CCIII. Dal basso fondamentale di una melodìa, deve estrarsi quel canto del basso continuo, che più si conviene all' accompagnamento della melodìa medesima. Egli è necessario primieramente la piena cognizione della teoria dei rovesci degli Accordi, acciocchè la melodìa del basso escluda quelle tali note, che produrrebbero quei tali rovesci, inammissibili nella buona armonia.
Non si ammettono generalmente i rovesci degli Accordi di nona maggiore, e di nona minore, nè dell' Accordo di sesta aumentata y. Gli Accordi di tre suoni (terza, e quinta), siano della specie a, o b, o c, o, x, [-159-] si praticano più spesso diretti, e nel primo rovescio che nel loro secondo rovescio nel quale appariscono deboli e snervati. Allorchè tali Accordi si impiegano negli intervalli di quarta e sesta si ha cura di preparare la quarta, scegliendo per antecedente un Accordo, che contenga una delle due note che debbon formare questo intervallo, e facendo sì che in esso vadasi ad urtare per moto obliquo. Tutti i rovesci degli Accordi di settima sono ammissibili, ma gli Armonisti più corretti preparano sempre l' intervallo di quarta, che vi si incontra nel loro secondo e terzo rovescio.
Ove poi richiedesi la massima attenzione, egli è nel contatto delle cadenza armoniche colle cadenza melodiche. Il quarto di cadenze della melodìa, può essere inapprezzabile per l' armonia, e qualchè volta può anche trascurarsi il riposo di mezza cadenza, ma la cadenza perfetta melodica, deve sempre andare unita alla cadenza perfetta della armonia. Dunque nella chiusa del periodo melodico, il basso non può a meno di partirsi dalla quinta nota della scala di quel tal modo, e cadere immediatamente sulla tonica del modo istesso, nel tempo che su questa nota cade la melodìa istessa: se ciò non si effettui, o dal basso, o dalla melodìa, il periodo non rimarrà terminato, e l' idea musicale abbisognerà di continuazione.
CCIV. In quanto al movimento del basso in tutto il corso del periodo, egli principalmente deve dipendere dal movimento medesimo della melodìa, procedendo sempre però in senso opposto, affinchè ne nasca un tal contrasto da produrre quella opportuna varietà necessaria all' armonia. La melodìa ha movimenti veloci, il basso abbia movimenti tardi, e viceversa. La melodìa procede ascendendo, il basso proceda discendendo, e viceversa eccetera.
Confrontate le note della melodìa con quelle che vengono a contatto col basso, non si dovrà mai fra queste incontrare due ottave di seguito per movimento simile, cioè ascendendo o discendendo egualmente, perchè due ottave non essendo che la repetizione di una cosa istessa non apportano varietà, e dove non è varietà non è armonia. Peggiori ancora si riscontrano due quinte di seguito fra la melodìa ed [-160-] il basso, perchè la troppa varietà di tal passaggio, porta sovente sconnessione nella armonia, per la mancanza di unità. Dunque fra la melodìa ed il basso, si devono sempre incontrare, per quanto più si possa, intervalli consonanti di terza, o di sesta; non intendendosi però di escludere le necessarie dissonanze, provenienti dalle varie specie di Accordi che vi si impieghino, o dalle note estranee agli Accordi medesimi.
In ultimo è da osservarsi, che se la melodìa è la parte principale di un componimento, perchè ella espone e sostiene l' idea musicale, la parte del basso non è di minore interesse, perchè ella è la parte principale dell' armonia. Allorquando il basso sostiene la melodìa principale, questa medesima melodia deve dunque adempire nell' istesso tempo ai due ufficii i più importanti nella composizion musicale: l' uno di presentare l' idea principale, l' altro di servir di sostegno e di guida alla armonia dei suoni contemporanei, che di concerto agiscono per aggiunger vigore alla idea medesima. Se all' obbligo di questo doppio scopo, aggiungasi la necessità di chiudere tutti i periodi con una medesima forma di cadenza perfetta, procedendo di salto dalla quinta alla tonica, ed il ristringersi in certi limiti, atteso che il grosso volume di una Voce di basso, non può piegarsi a giri complicati e veloci, si verrà a comprendere il perchè la melodìa del basso, abbia un carattere così proprio e particolare, molto diverso dalle melodie delle parti acute.
Tutte quelle avvertenze di sopra indicate, mediante una adequata applicazione, vagliono ancora per comporre una melodìa secondaria, o come dicesi di accompagnamento in una parte superiore, allorchè il basso sostenga la melodia principale.
Per quanto può rettamente congetturarsi, l' arte di accompagnare una melodìa, non risale ad una remota antichità. Sembra probabile, che un tale artifizio si introducesse nella musica, allorquando non più dalle lettere, ma dai punti furono rappresentati i suoni: perchè l' atto materiale della determinazione della contemporaneità di più suoni, che allora indicavasi sulla carta per mezzo di punti contro punti, fu causa che tal arte [-161-] venne detta Contrappunto, vocabolo, che in seguito venne esteso, alla significazione dello studio di ogni ramo di composizione musicale.
ESERCIZIO DECIMOTERZO
Sull' arte di accompagnare una melodìa, e sulle varie specie di contrappunto semplice.
CCV. Gli esercizii precedenti conducono al punto di comporre correttamente le due parti principali di un pezzo di musica, cioè a dire a saper fare la melodìa, ed il suo basso. Se a queste due parti se ne aggiunga una terza, che in ogni determinato Accordo faccia sentire alcuno di quei suoni tralasciati dalle altre due parti, verremo a comporre un armonia contemporanea di tre suoni diversi.
A sole tre parti tutti gli Accordi di terza e quinta, siano della specie a, o b, o c, o x, possono farsi sentire nel suo completo, perchè composti ciascheduno di soli tre suoni differenti: ma in tutti gli altri Accordi abbisognerà necessariamente sopprimere qualcheduna delle sue note, le quali per conseguenza rimarranno ignote, quando non vi sia la opportunità di farle sentire successivamente. Le note più indispensabili a conservarsi, sono quelle che caratterizzano l' Accordo medesimo; Per esempio ciò che caratterizza l' Accordo si settima a', è dopo la fondamentale la sua settima minore, e la sua terza maggiore: soppressa la sua settima, egli cangiasi in a: soppressa la sua terza maggiore, può in qualche caso supporsi della specie b'. Un simil ragionamento facilmente può estendersi ad ogni specie di Accordo.
Nell' armonia a quattro parti all' opposto si è costretti a raddoppiare un qualche suono degli Accordi di terza e quinta, perchè questi non avendo che tre suoni, non possono offrir la materia che a sole tre parti diverse. La sola avvertenza che richiedesi nel duplicare i suoni di un Accoro qualunque, ella si è di raddoppiar sempre quelle tali note, che abbiano le proprietà di entrare con la maggior facilità e naturalezza [-162-] nell' accordo seguente in due maniere differenti, acciocchè le due parti non produchino un canto identico in tal passaggio, cosa come altrove abbiamo osservato, nocevole alla armonia. Queste medesime avvertenze sono indispensabili per l' armonia a più di quattro parti.
CCVI. In quanto ai movimenti delle diverse parti dell' accompagnamento, devono questi tendere all' unità dell' oggetto medesimo, acciocchè non si cada nella sconnessione. Accade talvolta che l' idea musicale esiga calma e riposo, ed allora il complesso dell' armonia dovrà procedere per movimenti molto tardi, espressi con note di lungo valore. Ma allorchè la principale idea debba annunziar movimento, vita, e calore, tutto dovrà camminare velocemente, sia la melodia, siano i suoi accompagnamenti. Mille indescrivibili gradazioni possono aver luogo nel movimento musicale, ed è per questo che riesce utile assai l' esercitarsi a dare alle parti accompagnanti una melodia, diversi gradi di velocità di movimento.
Un grande avvantaggio si ritrae per l' indicato oggetto, dagli esercizii di contrappunto che si praticano in tutte le scuole. Consiston questi nella scelta, o nella invenzione di un soggetto molto semplice, che posto prima in una parte acuta vi si compone sotto di essa un basso semplice di nota contro nota, vale a dire che muovasi per note di egual valore del soggetto. Sotto il medesimo soggetto poi vi si oppone un basso, che faccia due note, nel tempo medesimo che la melodia principale ne fa una, poi tre, poi quattro, poi cinque . . . eccetera ed in fine riassumendo tutte queste varie specie di contrappunto, colla varietà di queste vi si crea un basso misto, che prende il nome di contrappunto fiorito. La medesima operazione ha luogo del pari nella parte acuta, facendo passare il soggetto melodico nel basso. Il contrappunto in sostanza è una melodia secondaria, che procede congiunta ad altra melodìa, perciò egli, come quella si compone delle note costituenti gli Accordi, e di tutte le specie die note estranee che in essi possono introdurvisi, secondochè abbiamo altrove di già indicato.
Allorchè si tesse un' armonia a tre parti, il soggetto principale può situarsi, o nella parte più acuta, [-163-] o nella parte media, o nel basso. I medesimi esercizi di contrappunto di sopra indicati, devono estendersi anco alla armoia a tre, a quattro, ed a più parti ed allora il contrappunto di due, tre, quattro, cinque, e più note può farsi tanto in una, due, o tutte insieme le parti dell' accompagnamento. la sola avvertenza in questo caso ella si è, che quando il soggetto trovasi collocato in una parte media, egli deve essere isolato da tutte la altre parti per mezzo di convenienti distanze, affinchè possa comparir distinto, nè se ne perda la traccia confondendosi cogli accompagnamenti accessorii.
ESERCIZIO DECIMOQUARTO
Sui contrappunti artificiosi.
CCVII. Quando il contrappunto di una parte superiore alla melodia possa trasportarsi in una parte più grave, e ad essa inferiore, o viceversa l' inferiore possa diventar superiore, senza offendere le leggi dell' armonia, dicesi questo essere un contrappunto doppio, e l' atto del traslocamento delle due parti, chiamasi rovesciare il contrappunto.
Nel rovescio del contrappunto: primo la melodia può rimanere immobile, ed il contrappunto da una parte inferiore può passare ad una superiore ad essa, e viceversa: secondo il contrappunto restando sempre al suo luogo, la melodìa da una parte acuta, e superiore può traslocarsi in una parte inferiore, e viceversa: 3. le due parti possono trasferirsi nel tempo istesso dal grave all' acuto, procedendo in una direzione opposta.
Il traslocamento, o del soggetto, o del contrappunto può farsi per varii intervalli, ed allora dicesi, per esempio, contrappunto doppio all' ottava, quando la parte che si trasporta venga a collocarsi in una ottava più acuta o più grave: come dicesi contrappunto doppio alla quarta, alla quinta, alla sesta, eccetera quando nel rovescio del contrappunto, una delle due parti deve percorrere simili intervalli.
Fra tutte le specie di contrappunto doppio, quello [-164-] che è restato più in uso, è il contrappunto all' ottava, perchè degli altri più semplice, più adatto alla nostra maniera di impiegare gli Accordi, ed utile sommamente alla composizione musicale di genere elaborato, e serio.
Le osservazioni generali, necessarie a ben comporre un contrappunto doppio, sono le seguenti.
1. Acciocchè sia pienamente distinguibile il rovescio di un contrappunto doppio, egli è indispensabile che il soggetto, ed il contrappunto abbiano un movimento differente ed opposto. Il soggetto procede lentamente con note di lungo valore: il contrappunto muovasi velocemente con note di breve durata, e viceversa. Il soggetto cammina per gradi ascendenti: il contrappunto vada per movimenti discendenti, e viceversa eccetera.
2. Nel contrappunto doppio all' ottava, le due parti non debbono slontanarsi più di un ottava, altrimenti esse verrebbero ad incrociarsi nel loro rovescio. Se si oltrepassa il limite di un intervallo di ottava, il rovescio dovrà farsi alla doppio ottava, quando specialmente l' incrociamento delle parti potrebbe portar guasto all' armonia.
3. Se il contrappunto doppio all' ottava abbia luogo fra le parti medie, ovvero fra la più acuta, ed una delle medie, in una composizione a più parti sostenute da un basso libero, cioè a dire da un basso non interessato in simile artificio, non vi hà altra avvertenza che evitare la successione di due o più quarte di seguito, perchè il loro rovescio darebbe tante quinte, che potrebbero disturbare l' armonia. Ma se il contrappunto doppio deve essere fra il basso, ed altra qualunque delle parti acute, egli è necessario che la melodìa, tanto del soggetto che del contrappunto, sia concepita in maniera, da potere senza notabile inconveniente, adattarsi al carattere del basso, ed al carattere di una parte acuta. Queste melodie di carattere misto, riescono talvolta difficili a comporsi.
4. In quanto alle note estranee, che possono introdursi nelle melodie del contrappunto doppio all' ottava, è da avvertirsi, che fra le dissonanze per [-165-] ritardo non vi si può praticare che la settima come ritardo della sesta nella parte più acuta, e la seconda come ritardo della terza nella parte più grave, perchè nel rovescio l' una viene a cangiarsi nell' altra. Gli altri ritardi, di quarta in terza, e di nona in ottava vi sono impraticabili per il cattivo effetto dei loro rovescii, come impraticabili vi sono tutte le altre note estranee, fuori delle note di passaggio, e delle appoggiature.
ESERCIZIO DECIMOQUINTO
Sulla dialogizzazione della melodia, sulla imitazione, e sulla fuga.
CCVIII. La melodìa può essere sempre sostenuta da una sola parte. dal principio sino alla fine di un pezzo di musica. Questa maniera di composizione risente troppo di comune, e di volgare, ed è perciò più adattata ai piccoli pezzi di musica popolare, che alle altre più culte produzioni di quest' arte.
La melodìa può essere addossata a due o più parti, in maniera che l' una gareggi talmente coll' altra, da non lasciar distinguere la parte principale dalle accessorie.
La melodìa in fine può venir distribuita fra le diverse parti del contrappunto, in maniera che ciascuna parte, ora sia la principale, ora serva di accessorio a vicenda.
Il primo caso non abbisogna di particolari osservazioni. Per il secondo richiedesi una particolare invenzione di due o più melodie, che si colleghino il più strettamente fra loro, onde produrre col loro insieme una sola idea melodica, nel tempo medesimo che ciascuna parte individualmente faccia sentire una melodìa indipendente. Si usano tali melodie nei duetti, terzetti, quartetti . . . eccetera eccetera nel così detto stile concertato, specialmente del genere teatrale.
Quando la melodìa viene sostenuta da varie parti a vicenda, la composizione acquistando più mezzi di varietà, riesce più armoniosa ed interessante. Se dopo [-166-] un periodo melodico, sostenuto per esempio dalla parte più acuta, il periodo seguente venga eseguito, o dal basso, o da una parte media, queste due parti verranno a formare una specie di dialogo fra di loro, da richiamare l' attenzione dell' uditore. Il dialogo può divenir più rapido ed animato, se l' istesso periodo venga a diviso per ritmi, o per disegni fra le varie parti del contrappunto. La dialogizzazione delle parti può dunque procedere di periodo in periodo, di ritmo in ritmo, di disegno in disegno: ma non è facile ritrarre effetto dal distribuire in più parti quelle poche note che formano un disegno, perchè prese queste isolatamente, o distintamente da varie parti, potrebbero perdere quella stretta connessione necessaria a formare un disegno melodico, quando anche la difficoltà di esecuzione non vi si opponesse.
CCIX. Le repetizioni melodiche eseguite da due parti differenti, si chiamano Imitazioni, perchè la parte susseguente copia ed imita l' antecedente col ripeterne la melodia. Siccome la repetizione melodica può essere identica, o simile in gradi più acuti o più gravi, così vi saranno delle imitazioni all' unisono, alla seconda, alla terza, alla quarta . . . eccetera eccetera tanto superiore che inferiore.
Qualche volta, o per varietà, o per maggiore artifizio si imita una melodia, regolarmente aumentando, o diminuendo il valore di tutte le note di cui è composta. Per esempio, le medesime note che fossero della figura semiminima potrebbero nella imitazione cambiarsi per aumentazione in tante minime, ovvero per diminuzione in tante crome. Nel primo caso dicesi imitare per aumentazione, nel secondo, imitare per diminuzione. Varie altre specie di imitazione possono accadere, cioè per interruzione, a controtempo . . . eccetera.
L' imitazione in generale è una figure di composizione molto stimata, ed è da riguardarsi come una delle inesauribili sorgenti dell' armonia, perchè maneggiata con gusto e finezza d' arte, l' imitazione offre grandi mezzi per mantener l' unità, e per produrre la varietà. Egli è per queste che ella merita di essere profondamente studiata, da chi aspiri a didivenire eccellente compositore.
CCX. Quando la repetizione, o identica, o simile [-167-] di una melodia, serva nel tempo istesso di contrappunto, o di accompagnamento alla melodia medesima, sia per un lungo tratto, sia per l' intiero corso di un pezzo di musica, tale specie di rigorosa imitazione chiamasi Canone. Siccome l' imitazione può farsi, tanto all' unisono, che a qualunque altro intervallo superiore e inferiore, perciò si possono fare dei Canoni all' unisono, ed a qualunque altro intervallo, tanto a due che a più parti. La parte che primieramente espone la melodìa del Canone chiamasi la Guida, e le altre parti le Conseguenti.
Il Canone, o Fuga rigorosa, come alcuni lo chiamano, per lo stretto obbligo di una continua e rigorosa imitazione, non è suscettibile di esteso sviluppo, nè di una gran varietà, come lo è la Fuga libera, o Fuga semplicemente detta, la quale riguardasi generalmente come il capolavoro dell' arte del contrappunto.
L' oggetto primario della Fuga egli è, di ricavare un intero pezzo di musica da una sola idea melodica, mediante i diversi artifizii del contrappunto. L' idea melodica che serve di tema, o motivo della Fuga, chiamasi il Soggetto.
CCXI. La Fuga, come tutte le altre produzioni musicali, deve essere al più possibile armoniosa, tanto nel suo totale, che in tutte le sue parti: dunque dappertutto quantità eguali di UNITÀ, e di VARIETÀ. In quanto all' armonia del total complesso della Fuga faremo osservare, che dalle frequenti repetizioni del soggetto può ritrarsene la più grande UNITÀ, e che i mezzi per ottenere la maggior VARIETÀ consistono nel ripresentar sempre il soggetto medesimo sotto forme varie, differenti e nuove, talora leggiermente modificato, e reso più interessante dalle brevi idee accessorie, che è sempre permesso di introdurre nella sua assenza.
Per riguardo all' armonia parziale delle parti della Fuga, rendesi necessario di estendere le nostre osservazioni sopra a sei differenti punti, cioè
Primo: Il soggetto.
Secondo: La risposta.
Terzo: Il rivolto.
[-168-] Quarto: Il divertimento.
Quinto: Lo stretto.
Sesto: Il taglio, o la condotta generale.
DEL SOGGETTO.
CCXII. Il soggetto della Fuga deve sempre esporre una sola idea melodica, chiara e distinta, da potersi riconoscere ogni volta che si ripresenta, o per intiero, o in parte. Ogni periodo melodico espone una idea completa, e dissimile dagli altri periodi che ad esso congiungonsi: dunque il Soggetto della Fuga dovendo esporre una sola idea melodica, non potrà estendersi a due periodi, perchè due distinte idee complete darebbero due soggetti, e non uno.
Sappiamo che la lunghezza di una melodìa stà in ragione della velocità di movimento della battuta, così può accadere che un intiero periodo riesca un troppo lungo soggetto di fuga. Siccome una idea melodica non prende un carattere determinato, finchè almeno ella non compia un ritmo, così i soggetti di Fuga in generale, non potranno essere più brevi di un ritmo, nè più lunghi di un periodo. Il genere di imitazione che si può praticare coi semplici disegni melodici, chiamasi Attacco, e l' attacco è solamente considerato uno dei bellissimi accessorii, tanto nella Fuga, che nello stile Fugato in generale.
Il soggetto può incominciarsi sull' Accordo della tonica, e può terminarsi o su questo medesimo Accordo, o sull' Accordo della dominante: può anche incominciarsi nell' Accordo della dominante, e finirsi su quello della tonica. Nel corso del soggetto, se egli sia bastantemente lungo, possono anco avervi luogo delle transizioni passeggere nei modi relativi.
Una parte qualunque del contrappunto espone il soggetto, per lo più dapprima nudo, e senza accompagnamento veruno: ciò si dice lasciare il soggetto scoperto, acciocchè egli operi con maggiore efficacia sulla memoria degli uditori. Ma il soggetto può esporsi unito ad un contrappunto che presenti una differente idea melodica: questa melodìa accessoria, chiamasi Contrassoggetto.
Il contrassoggetto deve distinguersi dal soggetto [-169-] principale per una tal quale subordinazione al medesimo. Egli entra per lo più a soggetto incominciato, e si produce sempre in una parte più grave di quella che espone il soggetto per non cuoprirlo: ma allorchè egli ricomparisce nel corso della Fuga passa ancora nelle parti più acute, ed è per questo che torna molto comodo, che il soggetto ed il contrassoggetto siino fra loro in contrappunto doppio, potendosi allora in qualunque caso far sentire e l' uno, e l' alto senza veruna alterazione. Nel mezzo di una Fuga il contrassoggetto può essere anche maneggiato indipendentemente dal soggetto.
Si possono anche tessere delle Fughe con due o più soggetti principali, ma in tal caso si esige che ciascun soggetto abbia il suo particolare sviluppo, ed è per questo che simili composizioni chiamansi Fughe doppie, perchè in sostanza più Fughe sono contenute in una medesima composizione.
DELLA RISPOSTA.
CCXIII. L' imitazione del soggetto, chiamasi Risposta, allusivamente al dialogo che sembra nascere fra le due parti che si seguono: la prima esponendo il soggetto fà una proposta: l' altra colla imitazione del soggetto medesimo dà una analoga risposta.
In varie maniere può rispondersi al soggetto, e da queste diverse maniere di far la risposta, deriva una divisione delle Fughe in varie specie, cioè
1. Fuga reale, quando la risposta è identica, o quasi identica, o simile.
2. Fuga del tono, se nella risposta cangiasi qualche intervallo, affine di conservare il modo principale, e non uscire male a proposito in transizioni straordinarie.
3. Fuga di imitazione, allorchè la risposta non è nè reale, nè del tono, ma rassomiglia al più possibile al soggetto.
4. Fuga mista, se nel corso della medesima Fuga si risponda al soggetto, ora realmente, ora del tono, ora per imitazione.
La risposta reale identica è quella all' unisono: le [-170-] quasi identiche, sono le risposte all' ottava superiore o inferiore: le riposte simili sono le imitazioni del soggetto alla quinta sopra, o alla quarta sotto, ed alla quarta sopra, o alla quinta sotto, perchè è quivi solamente che per la identità degli intervalli, possono aversi melodie simili al soggetto. Le risposte simili sono più armoniose, per la loro maggior varietà, e perciò sono da preferirsi, specialmente nel principio della Fuga.
Ogni parte del contrappunto deve al più possibile mantenersi nel centro della propria chiave, ed è per quest' obbligo, che una medesima parte può fare le sue risposte ora identiche, ora quasi identiche, ora simili eccetera, giacchè tali qualità delle risposte reali unicamente dipendono dal confronto di distanza della chiave della parte che risponde, colla chiave della parte antecedente che ha proposto il soggetto. Così, per esempio con si potrà rispondere con naturalezza alla quinta sopra, altro che da quella parte, la di cui Chiave sia di una quinta più acuta della chiave della parte che ha fatto il soggetto, come alla proposta del Soprano non potrebbe il Tenore, senza uscire dal centro della sua chiave, risponder meglio che all' ottava sotto, giacchè la distanza che passa fra queste due chiavi è ad un bel circa di una ottava.
CCXIV. Dicesi Fuga del tono allorchè il soggetto e la risposta, passano alternativamente dal modo principale alla sua quinta, e viceversa eccetera. La risposta del tono dunque altro non è che la repetizione nel modo della quinta di quella stessa melodìa che la proposta ha fatto sentire nel modo principale, e viceversa una repetizione nel modo principale di quel tanto che il soggetto ha fatto nella quinta.
Per sodisfare pienamente a tal obbligo derivante dalla necessità di conservare l' entità del Modo principale, è indispensabile che la risposta differisca per qualche intervallo dalla proposta. Se il soggetto, per esempio, che incominci nel Modo principale, finisca determinando il Modo della sua quinta: a risposta reale, incominciando nella quinta, anderebbe necessariamente a terminarsi collo stabilire il Modo della quinta di essa quinta, e così verrebbesi ad effettuare [-171-] una transizione straordinaria, determinando un Modo disanalogo: incongruenza che riguarderebbesi come mostruosa sul principio della Fuga.
Supposto che il Modo principale sia il maggiore di Do, e che la melodia del soggetto incominci colle tre note Do, Si, Sol: la risposta del tono dovrà fare la melodia Sol, Mi, Do, e così dove dalla prima alla seconda nota, il soggetto ha proceduto per grado discendente, la risposta dovrà in questo caso procedere per terza discendente, perchè dopo la tonica il soggetto avendo preso la terza nota della scala della quinta, la risposta dopo la quinta dovrà prendere la terza note della scala del Modo principale per non dipartirsi dalla regola assegnata di sopra, cioè che la proposta ha fatto nella quinta, e viceversa eccetera.
Nella Fuga di imitazione, la risposta conserva sempre una stretta analogia col soggetto, ma non è mai una esatta repetizione. Una simile specie di risposta può farsi a qualunque intervallo superiore, o infeferiore.
Il principio della Fuga si compone colle varie alternative del soggetto e della risposta, che le parti del contrappunto successivamente eseguiscono entrando in concerto, in quelle corde a loro più comode. Col finire del soggetto, o della risposta dell' ultime delle dette parti, può riguardarsi come compito il primo giro, ossia il primo periodo della Fuga medesima.
DEL RIVOLTO
CCXV. Se dopo il primo giro della Fuga, e qualche altra piccola idea accessoria, si rincominci una nuova successione alternativa di soggetto e risposta, ma col divario, che quella stessa parte che nel primo giro fece il soggetto, faccia quivi la risposta, e viceversa: questa nuova gara che si istituisce fra le parti, chiamasi il Rivolto della Fuga.
Il giro differente delle parti del contrappunto, dà per se stesso varietà fra il rivolto, ed il primo giro della Fuga: ma questa varietà può aumentarsi con nuove maniere di contrappunto di accompagnamento, o col ristringere o dilatare alcun poco il dialogo fra [-172-] il soggetto e la risposta, o in varie altre maniere eccetera. Il rivolto arricchisce la Fuga di un nuovo giro, col quale talvolta si forma il suo secondo periodo.
DEL DIVERTIMENTO
CCXVI. Per divertimento della Fuga si intende, l' abbandono per qualche tempo del soggetto, e delle sue risposte, affine di rompere quella monotonia, che incontrerebbesi nella troppo continua repetizione della medesima idea musicale. Il divertimento dunque deve principalmente servire alla VARIETÀ: ma l' UNITÀ esige, che egli debba sempre comporsi di idee analoghe al soggetto medesimo. Il divertimento infine è quello che serve a deviar la Fuga nei varii Modi relativi, e così a rendere questa specie di composizione più varia, e più interessante.
Diverse sono le opinioni dei contrappuntisti in quanto alla maniera di fare il divertimento della Fuga. Chi lo vuole un accessorio così strettamente subordinato al soggetto, da non potersi comporre altro che con disegni melodici estratti dal soggetto medesimo: chi all' incontro lo vuole del tutto libero. Nel seguire qualunque di queste due diverse opinioni, è ugualmente utile l' osservare, che l' impiego delle progressioni, delle transizioni, delle repetizioni . . . . eccetera è quel meglio che convengasi al divertimento della Fuga.
In quanto alla modulazione, non si permette nella Fuga che transizioni ordinarie: cioè a dire, non devesi mai uscire dal giro dei sei Modi relativi, compresovi il principale. Le transizioni poi possono essere, o permanenti, o passeggere, secondo il gusto e la fantasia del compositore.
CCXVII. Varie opinioni ancora si riscontrano in quanto alla riproduzione, o ripercussione della Fuga. Chi proibisce di fare il soggetto e la risposta (ciò che tecnicamente dicesi rimetter la Fuga), fuori dei due Modi relativi della quinta e della quarta del Modo principale, per non perdere l' identità della melodia del soggetto: chi all' incontro non solo lo permette, ma di più esige che non si determini Modo veruno, senza rimettere in esso la Fuga. Vi sono alcune melodie che cantano egualmente bene, tanto nel Modo [-173-] maggiore che nel minore, ed alcune se ne incontra non suscettibili a cambiarsi di Modo, senza guastare la naturalezza del loro canto; Egli è in questo secondo caso solamente che si sarà costretti a seguire la prima esposta opinione, mentre nell' altro caso sarebbe un privarsi senza frutto di una quantità di risorse, qualora non si volesse seguire la seconda opinione, cioè di rimetter la Fuga in tutti quei Modi relativi, che più piaccia.
Uno, o più divertimenti possono aver luogo in una Fuga, mediante i quali ella può estendersi a maggiore o minor lunghezza, ed arricchirsi di più e diversi giri e periodi.
DELLO STRETTO
CCXVIII. Se prima che una part del contrappunto abbia terminato, o il soggetto, o la risposta, entri un altra parte a far sentir di nuovo, o il soggetto, o la risposta medesima, si viene allora ed ottenere un ristringimento di dialogo, il quale chiamasi lo stretto della fuga.
Acciocchè in una Fuga possa praticarsi lo stretto, è indispensabile che il soggetto sia concepito in maniera da permettere un tale artificio, ed è per questo che prima del suo termine, la melodia del soggetto è necessario che passi per quell' Accordo, in cui deve incominciarsi la risposta, ed in questo Accordo toccare quelle note che possono formare un buon contrappunto, almeno colle prime note della risposta, o del soggetto medesimo. Egli è ancora permesso alla parte che stringe, di entrare a qualunque intervallo superiore o inferiore.
CCXIX. Resta da avvertire, che tutte le entrate del soggetto, o della risposta, sia nello stretto, sia nel corso della Fuga devono sempre essere distinguibili al più possibile. La parte che riassume il soggetto si fà meglio sentire, allorchè precedentemente è stata in silenzio, ovvero se ella và a riprendere il soggetto o la risposta con un salto di grande intervallo, da richiamare l' attenzione dell' uditore.
[-174-] DEL TAGLIO DELLA FUGA
CCXX. In quanto al taglio, vale a dire, in quanto alla condotta generale, la Fuga può essere costruita, o nel taglio scolastico, o nel gran taglio binario, o ternario (Sezione CCI). Il taglio scolastico è generalmente il più praticato, specialmente nella musica da Chiesa, e qualche volta evitando le cadenze perfette, si compongono su questo taglio Fughe di un lunghissimo periodo, ed è allora che esse riescono più grave e maestose, e benissimo adattate talvolta al genere di espressione, desiderato nella musica sacra.
Gli studii della Fuga devono essere al più possibile estesi, e dovranno porsi in pratica tutti gli artificii di sopra menzionati perchè gran frutto se ne ritrae per il dettaglio delle composizioni musicali di qualunque genere.
Si incomincia per lo più a compor Fughe nel taglio scolastico, prima a due sole parti, poi a tre, poi a quattro, poi ad un più gran numero. Si preferiscono generalmente per tali studii le quattro Chiavi Vocali, cioè Soprano, Contralto, Tenore, e Basso, le quali si procura tenere al più possibile nel loro centro, cioè a dire entro i limiti delle cinque righe della posta.
ARTICOLO DECIMO
Alta composizion musicale.
CCXXI. Quegli esercizii di piccola composizione, che nel precedente articolo abbiamo indicati, conducono fino al punto di saper costruire regolarmente, e correttamente un pezzo di musica, senza prendere in niuna considerazione quel determinato effetto, che dalla musica si esige. All' opposto gli studi che adesso qui si propongono, dirigonsi tutti all' esame degli effetti musicali, ed alla ricerca di quei mezzi, coi qua' i può giungersi ad ottenerli. Questa parte di studio, la chiameremo Alta composizion musicale.
[-175-] Alcuni effetti principalmente ripetonsi dalla maniera di esprimere, e di presentare le idee musicali per mezzo delle Voci, o degli strumenti: alcuni altri dipendono, e dal valore, e dalla forza, e dalla giusta appropriazione delle idee medesime. Vi sono dunque per produrre gli effetti, due diverse qualità di mezzi: una materiale, e meccanica: l' altra che emana direttamente dallo spirito, e dalla forza della immaginazione dell' Artista.
CCXXII. In quanto alla parte meccanica, egli è primieramente da osservarsi, che vi sono tre generi di Musica, cioè
1. Musica Vocale: (che si eseguisce dalle sole voci).
2. Musica strumentale: (che si eseguisce con gli strumenti).
3. Musica mista, cioè Vocale, e strumentale nel tempo istesso.
Di qualunque genere sieno le composizioni di musica, o vocali, o strumentali, o miste, vanno esse ugualmente soggetto ad una infinità di caratteri, alcuni particolari, altri generali. Siccome ogni individuo ha una maniera tutta sua propria di riflettere e di meditare su quelle impressioni che riceve, o che ha ricevute: perciò egli ha anco una maniera tutta sua propria, di esprimere i resultati del suo pensiero, e della sua immaginazione. Egli è per questo, che nelle opere de la mente vi ha un certo carattere individuale, che chiamasi Stile, che potrebbe dirsi la fisonomia del core, e della mente dell' autore. Ogni compositore di musica dunque ha il suo stile particolare, per cui distinguesi da tutti gli altri compositori, e questo stile è il resultato dei suoi studii, della sua maniera di sentire, della sua maniera di meditare, e della sua maniera di analizzare le opere altrui.
CCXXIII. Riguardo poi allo stile della musica nel senso generale egli dividesi in varie specie, cioè
1. Stile rigoroso; che può essere di carattere: serio: sublime: patetico . . . . eccetera.
2. Stile libero, e galante: che può essere di carattere: allegro: buffo: popolare. . . . . eccetera.
[-176-] 3. Stile misto: che può essere di carattere: semiserio; sentimentale: affettuoso. . . . . eccetera.
La diversità di questi stili proviene essenzialmente dal vario sistema di modulare. Lo stile rigoroso richiede più l' uso del genere diatonico, che del genere cromatico, ed è per questo che vi si praticano esclusivamente tutte le specie di accordi diatonici. Le dissonanze per ritardo, le note di passaggio, ed il pedale sono le tre specie di note estranee convenienti a tale stile. Qualunque dissonanza proveniente, o dalle note essenziali agli Accordi, o da note estranee per ritardo, deve esservi sempre esattamente preparata, e risoluta secondo il comune insegnamento, dicendosi appunto stile rigoroso, perchè in esso richiedesi la rigorosa osservanza di tutte le regole dell' armoni, e del contrappunto. Le transizioni ordinarie, sono le sole permesse in questo stile, nè vi sono punto adattati i movimenti veloci della misura.
Tal sistema di modulazione conduce per se stesso a melodie di carattere grave e serio, che voglionsi ancora facili, e naturali. A questo effetto gli institutori dell' arte prescrivono, che la melodia dello stile rigoroso, proceda al più possibile diatonicamente per grado, o salti solamente per intervalli consonanti. Il rigore di questo stile estendesi ancora alla esattezza delle ripetizioni, delle transposizioni, e delle imitazioni melodiche, che possono aver luogo fra le parti.
CCXXIV. Nello stile libero o galante, oltre il genere diatonico, ci si pratica molto il cromatico, e vi si ammette anco l' enarmonico: per conseguenza ogni transizione ordinaria, e straordinaria vi può essere indifferentemente praticata. Gli Accordi di settima diminuita, di sesta aumentata, e di quinta aumentata vi sono di un uso quasi continuo, mentre è più raro l' impiego degli Accordi di settima della specie b' e c', e l' accordo d' vi è affatto escluso. A misura che si vuol render più popolare lo stile, la quantità della specie di Accordi che possono impiegarvisi va diminuendo, e si può per ultimo ridursi all' uso dei puri accordi di cadenza, come riscontrasi nella massima parte delle Arie nazionali.
Lo stile libero ammette tutte le specie di note [-177-] estranee, ma raramente le dissonanze per ritardo, e vi si impiegano tutti i movimenti possibili della misura, dall' Adagio fino al Prestissimo. Le melodie dello stile libero non possono a meno dunque di riuscire più varie e più ornate di quelle dello stile rigoroso, perchè resultano da un sistema di modulazione molto più esteso, e perchè possono esse contenere tutte le specie di note estranee agli Accordi. Ma se non vi ha particolari restrizioni in quanto ai salti, alla esattezza delle imitazioni, e di tutte le altre figure melodiche: in contraccambio si esige, che la melodia di stile libero segua sempre le leggi ritmiche, e periodologiche, e che ella sia nel tempo istesso galante e pittoresca.
CCXXV. Combinati insieme i due stili, rigoroso, e libero, ed amalgamati fra loro, si verrà ad ottenere quel terzo genere di stile misto, che senza essere decisamente nè affatto rigoroso, nè affatto libero, partecipa nel tempo medesimo e dell' uno, e dell' altro. Sono da escludersi dallo stile misto gli estremi degli altri due stili, cioè la massima gravità del rigoroso, e la leggerezza popolare del libero: perchè non potendo questi due punti, per troppa disparità ravvicinarsi, nè amalgamarsi fra di loro, non possono per conseguenza concorrere alla formazione di un genere misto.
CCXXVI. Il principale effetto della musica dipende unicamente dalla più esatta corrispondenza dello stile, colla qualità, e col carattere che si esige da quella tale specie di composizione. Abbenchè sotto tutti i rapporti dell' arte si riconoscesse perfetta, sarebbe oltremodo ridicola l' aria del barbiere Figaro intrecciata con Cori, scritti nel grave stile rigoroso: come troverebbesi indecente lo Stabat Mater composto con tutti i vezzi dello stile libero, ed in veloce movimento minoetto.
Per la conveniente applicazione dello stile, si rende necessario distinguere i diversi usi della musica, ed è in questo caso, che ella và soggetta ad una differente divisione, cioè
1. Musica da Chiesa.
2. Musica da Teatro.
3. Musica da Società.
[-178-] CCXXVII. Dalla musica da Chiesa resta affatto escluso lo stile libero e popolare, e vi si pratica lo stile rigoroso, qualche volta ancora coll' obbligo del Canto fermo, per tutte le composizioni di genere grave e devoto, come sarebbero per esempio quelle che servono alle Funzioni della Settimana Santa. Lo stile misto è più adattato per le Messe, Vespri, Inni, Offertorii . . . eccetera eccetera, e per tutte le altre funzioni, che si praticano nelle solenni festività.
Riguardo alla fattura dei pezzi, lo stile da Chiesa subisce nuove divisioni, cioè
1. Stile pieno.
2. Stile legato.
3. Stile fugato.
4. Stile concertato.
Nel pieno semplice, le parti non formano che una semplice riempitura d' Armonia. Nella stile legato, gli Accordi si collegano sempre l' uno coll' altro, o colla prolungazione delle loro note comuni, o colle dissonanze per ritardo. Lo stile fugato si compone o di Fughe propriamente dette, o di imitazioni più o meno sviluppate. Lo stile concertato distinguesi per i tratti melodici da eseguirsi da una, o più voci sole, alternanti col pieno del Coro.
Questi differenti stili, o metodi di fattura possono essere del genere rigoroso, o del genere misto: possono le voci unirsi a maggiore, o minor quantità di Strumenti, che le sostenghino, ed accompagnino: possono in fine variamente combinarsi per ottenerne stili composti.
CCXXVIII. Lo stile rigoroso non è adattato alla musica teatrale, perchè essendo questa diretta al puro divertimento, non può comportare che idee galanti e leggiadre, anco nelle espressioni più tetre. Dal punto più sublime dello stile popolare, vi ha un numero indefinibile di gradazioni, fra le quali è da cogliersi quella, che più convenga, non solo all' indole generale e caratteristico del dramma da tradursi in musica, ma anco alla diversa qualità di ciascuno interlocutore, ed alle varie situazioni che il dramma [-179-] medesimo può presentare. Questa è l' operazione la più importante, e nel tempo istesso la più difficile per un compositore di musica drammatica. In quanto allo stile di fattura, la musica teatrale appartiene quasi per intiero al genere concertato.
CCXXIX. La musica di società ristringesi adesso al puro genere strumentale, essendo da tenersi in poco conto quelle piccole Ariette vocali, che raramente son preferite ai pezzi drammatici estratti dalle Opere del Teatro, i quali continuamente ripetonsi nelle private riunioni musicali.
I pezzi di gran società sono le grandi Sinfonie a piena orchestra, come quelle di Haydn, Mozart, Beethoven, Cherubini . . . . eccetera, i Quartetti, e Quintetti del genere medesimo, ed i Concerti, Variazioni, o gran soli dei diversi strumenti accompagnati dalla Orchestra.
La musica di piccola società consiste nelle Suonate, Variazioni, Pot-pourry, Fantasie. . . . eccetera per uno solo, o pochi più strumenti, frai quali in oggi si preferisce il Pianoforte. Alla musica di società si conviene lo stile misto, o più, o meno dotto secondo l' occorrenza.
CCXXX. Le Voci, e gli strumenti sono i mezzi materiali, con cui riducesi all' ultimo suo effetto la musica. Perciò anco la più giusta applicazione del o stile il più puro, il più dotto, il più elegante, nell' atto della esecuzione mancherebbe sempre nel suo effetto, quando la melodia delle varie parti componenti gli Accordi, non venissero competentemente distribuite fra quelle voci, e fra quei varii strumenti, che interloquiscono in quel dato pezzo.
Egli è chiarissimo che si otterrebbero dei pessimi resultati se si volesse per esempio, assegnare al Contrabbasso, o al Trombone le galanti ed ornate melodie, che non tutta grazia potrebbe farci sentire un Violino, o un Flauto: e viceversa il Flauto, ed il Violino non potrebbero sostenere con effetto quelle melodie proprie al Trombone, al Contrabbasso, o a strumenti di simil natura, sia per una decisa opposizione di carattere, sia per il differente punto che occupa la loro estenzione, nel sistema generale dei suoni musicali. La competente assegnazione delle parti dell' armonia, non [-180-] può dunque eseguirsi, senza che ci sia pienamente cognito il carattere e l' estenzione particolare di ogni voce, e di ogni strumento.
CCXXXI. Nell' articolo secondo di questa seconda parte, nel parlare dell' arte del Canto, si è dato qualche cenno della natura e del carattere delle Voci, e ne abbiamo distinti i generi in voci maschili, e in voci femminili (Sezione LXXXIII). Nell' articolo sesto della prima parte si è già detto, che per maggior semplicità di lettura non si praticano le Chiavi di Baritono e di mezzo soprano, ed è per questo che si usano nelle nostre composizioni musicali quattro sole specie di voci, cioè
1. Soprano.
2. Contralto.
3. Tenore.
4. Basso.
I suoni più acuti dell' armonia si appartengono al Soprano come al Basso i più gravi: ed al Contralto, ed al Tenore si convengono i suoni medii. Si comprende benissimo, che nell' assenza del Soprano egli è il Contralto che sostiene i suoni più acuti, come il tenore diviene una parte acuta per rispetto al basso nella mancanza del Soprano, e del Contralto.
La estenzione di ciascun genere di Voce varia in ogni individuo: prendendo un termine medio si perverrà a fissar quella, che potrà convenire a qualunque Cantante, tanto nel Coro, che nei pieni di qualunque stile. La Voce di basso può estendersi da La primo spazio, o tutto al più da Sol primo rigo della sua Chiave, fino al Do, o al Re superiormente alla Posta.
La estenzione della Voce di Tenore, potrà fissarsi dal Do sotto la posta, sino al Fa sopra al quinto rigo, o tutto al più fino al Sol prima riga finta dalla sua propria Chiave.
Il Contralto si potrà facilmente estendere da Sol primo spazio della sua Chiave, fino al Re primo rigo finto superiormente alla posta.
Dal Do in primo rigo della propria Chiave, il Soprano potrà estendersi sino al Fa, o al Sol al di sopra della posta.
[-181-] I suoni estremi della estenzione di ciascuna Voce sono i più incomodi e faticosi, perchè fissano il limite della sua facoltà di progredire, tanto nel grave, che nell' acuto. Dunque le melodie da assegnarsi alle diverse Voci del Coro, devono trattenersi il più possibile nel centro del loro registro, e passar di volo sugli estremi, affinchè niuno sforzo incontrisi nella esecuzione del Canto. La comodità produce facilità di esecuzione: la facilità di esecuzione vigore, e chiarezza: il vigore, e la chiarezza l' effetto.
CCXXXII. Egli è ancora necessario il conoscere, i rapporti di distanza della estenzione delle Voci, acciocchè in quegli stili, ove una medesima melodia passa dall' una all' altra parte, sappiasi come meglio distribuirla. Dal setticlavio già riportato negli esempii alla Lettura N, potrà rilevarsi, che il registro della Chiave di tenore è due terze più acuto di quello del Basso: dunque il rapporto di distanza fra il Tenore ed il Basso è di due terze, equivalenti ad un intervallo di quinta, e per conseguenza ogni melodìa comoda e centrale per il Basso, riescirà comoda e centrale per il Tenore, allorchè sia trasportata una quinta più nell' acuto, e per conseguenza la migliore imitazione che possa aver luogo fra il Basso ed il Tenore, ella sarà l' imitazione alla quinta sopra, e viceversa. Un simile ragionamento è applicabile alle Voci di Contralto e di Soprano, perchè le medesime ritrovansi in egual rapporto di distanza delle Voci di Basso e di Tenore, per essere il registro del Soprano di una quinta più acuto di quello del Contralto.
Il registro del Contralto apparisce di tre terze più acuto di quello del Basso, come il registro del Soprano riscontrasi tre terze più acuto di quello del Tenore: dunque il rapporto di distanza fra il Basso ed il Contralto, e fra il Tenore ed il Soprano è un intervallo di settima. Siccome un grado più, o un grado meno non porta a notabili differenze in quanto al centro delle Voci, così nel rapporto delle Chiavi, praticamente si considera il centro della Chiave di Basso corrispondente al centro della Chiave di Contralto, ed il centro del Tenore corrispondente al centro del Soprano, sottintesavi sempre però la natural distanza che vi corre di un intervallo di ottava.
[-182-] Dai rapporti delle Chiavi dunque si può dedurre, che le migliori imitazioni che possono aver luogo fra le Voci, sono
Alla Quinta superiore, o inferiore, fra il basso ed il Tenore.
All' Ottava superiore o inferiore, fra il Basso ed il Contralto.
Alla Duodecima superiore o inferiore, fra il Basso ed il Soprano.
Alla Quarta superiore o inferiore fra il Tenore ed il Contralto.
All' Ottava superiore o inferiore fra il Tenore e il Soprano.
Alla Quinta superiore o inferiore fra il Contralto e il Soprano.
Seguendo un tal principio, non si potrà a meno di ottenere ottimi resultati per l' effetto delle imitazioni, tanto nello stile fugato, che nella Fuga, e sapremo sempre distinguere a qual parte meglio convengasi il rispondere, o per unisono, e per quarta o per quinta, o per ottava, secondo che ci insegnano i primi maestri dell' arte.
CCXXXIII. Sarebbe poi da riguardarsi come molto difettosa quella musica Vocale, in cui le parole mal si adattassero al meccanismo del Canto, sia che la pronunziazione venisse impedita od interrotta, sia che le sillabe mancassero dei necessari accenti di prosodia. Ogni sillaba deve essere immancabilmente espressa da una nota almeno: più note possono scorrere sopra una sola e medesima sillaba, ma il caso opposto non si ammette: cioè che una sola e medesima nota, vaglia ad esprimere più sillaba. Per la dolcezza del Canto è da evitarsi il passaggio di molte note sulle vocali u, ed i.
La sillaba lunga deve sempre cadere sul tempo forte della misura, e la sillaba breve sul tempo debole (Sezione LXIII.). Egli è ancora indispensabile, che in proporzione del grado di velocità della battuta, i valori delle note sieno regolati in maniera da lasciar [-183-] sempre quel tempo sufficiente ad una chiara e precisa sillabazione, e pronunziazione di ogni vocabolo. I riposi ortografici devono al più possibile coincidere coi riposi melodici.
CCXXXIV. Per riguardo agli strumenti faremo osservare, che la maggiore o minor quantità dell' effetto che si sarà abili a ricavare da uno strumento di musica qualunque, sarà sempre in ragione della quantità delle cognizioni che avremo, e della sua parte meccanica, e della sua natura. Egli è per questo che per la scelta della melodia, o di qualunque siasi parte d' armonia che più le si convenga, nissuno potrà meglio far risaltare uno strumento, di colui che eccellentemente lo suoni. Ma essendo, se non impossibile, almeno cosa molto difficile, il riunire nel compositore anco l' abilità di suonare eccellentemente tutti gli strumenti, così rendesi necessario che egli si procuri tutte quelle notizie riguardanti, primo la estenzione di ogni strumento; secondo i rapporti di estenzione che vi ha fra strumento e strumento; terzo il carattere e la natura particolare di ciascheduno, e specialmente di tutti quelli che insieme si riuniscono per formare l' orchestra.
CCXXXV. Per procedere ordinatamente nella ricerca di tali notizie, rendesi necessario il dividere gli strumenti dell' Orchestra in varie classi, cioè
CLASSE PRIMA
Strumenti a corda, da arco.
Violino.
Viola.
Violoncello.
Contrabbasso.
CLASSE SECONDA
Strumenti a fiato, di legno.
Flauto.
Oboè.
Clarinetto.
Fagotto, Serpente, Simbasso eccetera.
[-184-] CLASSE TERZA
Strumenti a fiato, di metallo.
Tromba a chiavi, o a pistoni.
Tromba a squillo.
Corno.
Trombone.
CLASSE QUARTA
Strumenti a colpo.
Timpani.
Gran cassa.
Piccola cassa, o Tamburo.
Triangolo.
Piatti.
Cappello cinese.
Castagnette . . . eccetera.
CCXXXVI. Negli esempii alla lettera O3 si indicano le due note estreme della estenzione di tutti quegli strumenti i più necessarii, e di un uso più frequente, circa alla quale osserveremo in primo luogo: che il Violino, la Viola, ed il Violoncello possono estendersi molto più nell' acuto, ma egli è difficile il poter riunire in una Orchestra tanti suonatori egualmente abili, da potere eseguire tali note con quella franchezza, e con quella giusta intonazione che si esige, per non pregiudicare all' effetto della musica.
In quanto ai rapporti della estenzione di tali strumenti, riscontrasi: che la Viola è una quinta più bassa del Violino: il Violoncello un ottava più bassa della Viola: ed il Contrabbasso un ottava più grave del Violoncello, perchè naturalmente il Contrabbasso fà sentire un ottava sotto di quel che apparisce scritto, ciaschedun suono della sua estenzione.
CCXXXVII. Si impiegano nelle Orchestre due parti di Violino, cioè primo e secondo Violino. Al primo competesi la melodia principale, o le note più acute [-185-] dell' armonia, mentre al secondo Violino convengonsi i suoni più acuti delle parti medie. Nelle grandi Orchestre si costumano ancora due parti di Viola, più di rado due parti di Violoncello, ma sempre costantemente una sola parte di Contrabbasso, la quale è il principal sostegno di tutti gli Accordi, e per conseguenza della armonia generale dei suoni contemporanei. Se qualche volta il primo Violino, o gli altri strumenti da arco, per servire alla varietà cedono il loro posto ad altra specie di strumenti, egli è solo per ricomparire prontamente a produr nuovi effetti, e colle loro perfezioni, e colle grazie che gli sono naturali.
La egual conformazione e costruzione degli strumenti da arco, fà che vi abbia fra loro una stretta e reciproca affinità: e siccome appartenenti ad usa istessa famiglia, l' uno all' altro è si omogeneo, che riuniti insieme, possono dirsi un solo e medesimo strumento, diviso in varie sezioni. Da ciò ne deriva, che dalla nota più profonda del Contrabbasso, fino alla più acuta del Violino (vale a dire per cinque complete ottave almeno) riscontrasi una perfetta unità ed eguaglianza nella qualità del suono, mentre poi vi esistono mille piccolissime varietà, provenienti dalla particolar dimensione di ogni specie di strumento, dalla diversa grossezza delle corde, e dalla maniera di esecuzione su ciascuno di essi. Una istessa qualità di suono incontrasi ancora fra gli strumenti da fiato di metallo, perchè di eguale imboccatura, e di pressochè eguale conformazione, ma in quelli di legno, ove ognuno ha una diversa imboccatura, ed una varie conformazione, vi ha notabil differenza fra l' uno e l' altro, nella qualità del suono che essi producono.
CCXXXVIII. Gli strumenti da fiato in generale, per propria indole e natura tendono più al forte che al piano: talchè riguardasi sempre in tali strumenti, come uno sforzo dell' arte del suonatore, la esecuzione del pianissimo o del sottovoce. Egli è per questo che dal complesso degli strumenti da fiato, non si può mai ottenere una esecuzione tanto delicata, e perfetta come dagli strumenti da Arco, ove senza veruna difficoltà si può, o stabilmente, o successivamente imprimere nei suoni tutte quelle impercettibili gradazioni di forza che più si desideri, incominciando [-186-] dal pianissimo, o sottovoce, fino al grado più estremo del forte, e del fortissimo. Per tale esclusiva proprietà degli strumenti da arco, unita ad una libera facoltà di eseguirvi ogni scala modale, ogni genere di suoni diatonici, cromatici, o enarmonici con maggior giustezza e precisione degli strumenti da fiato, essi vengono meritamente giudicati gli strumenti di musica i più perfetti, ed è per questo che i migliori compositori valgonsi sempre dei medesimi, per appoggiare, e sostenere il nervo principale dell' Orchestra.
Da quanto si è esposto resulta, che l' impiego degli strumenti da fiato nell' Orchestra, non può avere che due oggetti secondarii, cioè primo di aumentare la varietà: secondo di aumentare la forza della esecuzione. In quanto alla varietà, ogni strumento da fiato può indipendentemente eseguire dei ritmi o degli interi periodi di una melodìa principale o secondaria, secondo che più convenga alla sua capacità, ed al suo carattere. In quanto alla forza, uno strumento da fiato può, procedendo insieme con uno strumento da arco, raddoppiare una intiera melodia, o parte dei suoni disegni o ritmi, o sostenere, o secondare questa melodia, in quella maniera che più convengasi a quel tal caso particolare. Il massimo grado di rinforzo, che si può ottenere nella Orchestra dagli strumenti da fiato si è allorquando vengono tutti impiegati nella esecuzione delle note essenziali dagli Accordi, ed allora si esige per il migliore effetto, che ciascuna classe formi un coro di armonia completa e indipendente dalle altre classi, sostenuta però da un basso comune a tutti.
CCXXXIX. Circa ai rapporti della estenzione degli strumenti della seconda classe, l' Oboe, il Flauto, ed il Clarinetto sono perfettamente coincidenti col Violino, ed il Fagotto col Violoncello. Al Flauto convengonsi i suoni più acuti dell' armonia, all' Oboe i suoni più acuti fra i medii, al Clarinetto quelli più gravi fra i medii, ed al Fagotto i suoni del basso.
CCXL. L' Oboe, il Flauto, ed il Fagotto, possono suonare in tutti i modi maggiori e minori, ma per alcune particolari imperfezioni, e per la difficoltà di meccanismo, il Clarinetto non lo può fare comodamente e con effetto. All' oggetto dunque di potersi servire di tale strumento in tutti i diversi modi, si usa [-187-] di accordarlo in gradi più bassi, o più alti del corista, ed in tal caso per ottenere una più sicura esecuzione, si dispensa il suonatore dallo spostar la sua parte scrivendogliela in un modo la di cui tonica però sia di altrettanto più alta di quanto lo strumento è accordato più basso, e viceversa.
Nel tono corista, o comune (Sezione XXII.), il modo maggiore naturale ha per tonica la nota Do: dunque tutti gli strumenti coristi debbono considerarsi accordati in Do. Quando dicesi per esempio Clarinetto in La: Clarinetto in Si bimolle: Clarinetto in Do: Clarinetto in Re . . . eccetera, non altro deve intendersi, che in tali casi per questo strumento il modo maggiore naturale (cioè a dire quello che non abbisogna, nè di diesis, nè di bimolli), ha per tonica, o il La, o il Si bimolle, o il Do, o il Re . . . eccetera. Ora siccome la nota La è di una terza minore più bassa della nota Do, così il Clarinetto in La per giungere sull' istesso grado degli altri strumenti accordati in Do, deve suonare in un egual modo maggiore o minore, ma sempre di una tonica più alta una terza minore. Se la composizione, per esempio fosse nel maggiore di Re, il Clarinetto in La dovrebbe suonare nel maggiore in Fa, perchè Fa è una terza minore più acuta di Re: come pure sarebbe costretto a suonare nel minore di Do, se la composizione per gli strumenti coristi fosse scritta nel minore di La, perchè la tonica Do è di una terza minore più alta della tonica La. Lo stesso intendasi per tutti gli altri casi, e per qualunque altro strumento non accordo al corista.
CCXLI. Nelle grandi Orchestre si raddoppia ogni specie di strumento da fiato: così vi si impiega una parte di primo, ed una di secondo Flauto, Oboe, Clarinetto, Fagotto eccetera come una parte di prima, ed una di seconda Tromba, tanto a chiavi o a pistoni, che a squillo: due Corni ed anco tre Tromboni, cioè Trombone basso, Trombone tenore, e Trombone contralto.
Vagliono le medesime avvertenze che abbiamo, indicate in quanto al Clarinetto, per scrivere la parte della Tromba a chiavi o a pistoni, perchè ella può esser considerata all' incirca come un Clarinetto di metallo. Ma riguardo alla Tromba a squillo è da osservarsi, che l' unica scala di tale strumento è la [-188-] serie dei suoni della risuonanza dei corpi sonori (Sezione CXX), la quale può estendersi tutto al più fino alla duodecima divisione, nel solo tono corista, cioè nel modo maggiore di Do. Per maggior comodo del sonatore, questo strumento apparisce suonar sempre nel Modo maggiore di Do, perchè in questo tono scrivesi sempre la sua parte, ma aumentando o diminuendo proporzionalmente la lunghezza del suo tubo, questa tonica Do può diventare una qualunque delle dodici note cromatiche del nostro sistema musicale. Per questo mezzo la Tromba a squillo può impiegarsi in qualunque siasi modo, nè altra avvertenza è necessaria, che di indicare in scritto al principio della sua parte, in qual tono debba accordarsi lo strumento. Col metodo istesso scrivesi la parte del Corno. Non vi ha fra gli strumenti di metallo altro che i Tromboni che sieno coristi, e che la loro parte stia nel rapporto esatto della Chiave, come le Voci, e gli strumenti da arco: le Trombe, ed i Corni possono avere un centro più grave e più acuto, secondo la loro differente accordatura.
Il centro più grave della Tromba a squillo è la sua accordatura in La bimolle, ed il suo più acuto è l' accordatura in Sol. In La bimolle ella eseguisce tutti i suoni della sua estenzione, una terza maggiore più bassi di quel che appariscono scritti, ed in Sol una quinta maggiore più acuti. Dunque in tutte le differenti accordature, da La bimolle fino al Do, la Tromba eseguirà i suoni della sua scala, sempre più bassi per un intervallo eguale a quello che riscontrasi fra la tonica della sua accordature superiori alla tonica Do, ella renderà la sua scala ad intervalli proporzionalmente più acuti.
Da ciò ne deriva, che nel suo centro più grave la Tromba manca di alcuni suoni gravi, come nei suoi diversi centri più acuti, manca sempre di qualche suono acuto. In tutte le successive accordature superiormente al corista Do, si va gradatamente perdendo un suono acuto in ognuna, finchè arrivati alla più piccola dimensione (vale a dire in Sol), la Tromba potrà appena intonare la tonica, che apparisce scritta nel terzo spazio della posta.
[-189-] Queste medesime nozioni vagliono, ancora per impiegare convenientemente il Corno, il quale in sostanze è uno strumento di egual natura della Tromba, e solamente egli differisce per il suo centro di estenzione, che è più grave di un ottava: talchè, e nelle varie accordature, e nel meccanismo della esecuzione, trovasi esattamente il Corno corrispondere alla Tromba a squillo, ma sempre di una intiera ottava più basso.
CCXLII. Fra gli strumenti della quarta classe, non vi sono che i Timpani che sieno suscettibili, di rendere dei suoni in un grado determinato. Si costumano due Timpani accordati fra di loro, ora in quarta, ora in quinta, secondo che più convenga, per far sì che una renda la tonica, l' altro la dominante di quel modo, in cui gli venga prescritto l' accordatura.
In generale tutti gli strumenti a colpo si impiegano durante il tempo della riunione delle grandi masse della Orchestra, cioè a dire nei gran forti, ed il loro oggetto è di rendere più sensibili e distinti i movimenti della misura. I Timpani solamente sono suscettibili di essere impiegati anco nel piano, e da sè soli, perchè fra gli strumenti a colpo, essi sono i meno rumorosi, ed i più suscettibili di una qualche specie di armonia.
CCXLIII. Le Voci, e gli strumenti dell' Orchestra formano col loro insieme, la riunione dei più potenti e maggiori mezzi, che la musica offra ad un compositore, per esprimere i di lui pensieri, e produrre sull' animo degli ascoltanti quegli effetti, che gli suggerisce la propria immaginazione.
Sappiamo che l' anima della musica è l' armonia: dunque senza l' armonia non si potrà ottenere nissuno effetto musicale. Sappiamo che l' armonia è UNITÀ e VARIETÀ: dunque nella Orchestra, sempre Unità, e Varietà.
[-190-] In quanto all' Unità, devesi sempre nell' Orchestra riscontrare: primo Unità di Accordo: secondo Unità di melodia: terzo Unità di soggetto, e di espressione.
La varietà si ottiene: primo coi diversi gradi di forza o intensità, dipendenti principalmente dal cumulo dei suoni prodotti da un maggiore o minor numero di strumenti, o di Voci poste in azione: secondo dalla alternativa delle diverse specie e qualità dei suoni: terzo dai variati movimenti generali e parziali delle parti.
La varietà riesce più piccante, per mezzo dei contrasti. Se dopo un forte prodotto dalla riunione di tutte le masse dell' Orchestra, uno o pochi più strumenti rimanghino soli in azione, il piano di questi pochi strumenti, ci parrà tanto più dolce, e lusinghiero, quanto più era energico e rumoroso il forte antecedente, e viceversa. Così i suoni acuti contrastano coi suoni gravi: i movimenti celeri coi lenti: la qualità del suono degli strumenti da corda, forma un contrasto o varietà col suono degli strumenti da fiato eccetera eccetera.
L' armonia a quattro parti, per lo più è la base dell' Orchestra; ma per la varietà, e per il contrasto vi si introducono dei ritmi, o dei periodi in contrappunto a tre, e a due parti, e dei tratti all' unisono: come all' opposto qualche volta vi si praticano armonie a cinque, sei, sette, o più gran numero di parti. Le due note estreme di un Accordo, possono nell' Orchestra trovarsi distanti per grandissimi intervalli di quattro, cinque, o più ottava, come lo possono essere all' intervallo di una sola ottava, ed anco minore di un ottava; nel primo caso dicesi armonia larga, nel secondo armonia ristretta. La varietà richiede una proporzionata alternativa, fra le armonie larghe, e le armonie ristrette. Le armonie larghe sono adattatissime per ottenere il forte, perchè la gran distanza dei suoni estremi dell' Accordo offre il comodo di ben collocare le Voci e i varii strumenti nelle ottave medie, risultandone da ciò una armonia larga, piena, e robusta. Le armonie ristrette convengonsi più per il piano.
CCXLIV. Quanto finora è stato esposto nel presente articolo, si referisce unicamente ai mezzi generali, e meccanici, coi quali il compositor di musica [-191-] può ritrarre alcuni determinati effetti dalle sue produzioni. Ma in quanto alla scelta, alla modificazione, ed alla giusta applicazione di tali effetti, niuno potrà mai pervenire a fissare regole certe e stabili, perchè l' immenso numero dei casi particolari, non può nè prevedersi, nè calcolarsi.
Le arti belle si fondano sulla imitazione della natura, cosicchè esse imitano, o le funzioni dell' animo nostro, o i prodotti della natura medesima. Ognuna delle belle arti non può servirsi che dei proprii mezzi di imitazione ed è per questo che in alcuna di esse questa imitazione è più materiale e servile, in altra è più soggetta a libertà di interpetrazione. La pittura e la scultura son quelle, che son costrette ad imitare più da vicino la materialità degli oggetti. Queste due arti hanno un archetipo fisso, ed un modulo materiale, la di cui vera imitazione non può mai permettere quella libertà di interpetrazione, che si riscontra nella musica. Le figure di un Quadro, non possono essere che simili alle forme fisiche degli esseri che si prendono ad imitare, e queste non ponno variarsi col processo dei tempi: mentre all' opposto il compositor di musica deve esprimer passioni, le quali cambiano di carattere col cambiare dei secoli.
Abbenchè per l' uomo sia sempre esistito il dolore e la gioia, pure nè in tutti gli individui, nè in tutte le epoche tali affezioni dell' animo si sono sentite, o si sentono egualmente. Ogni età varia foggia di sentire, sia per riguardo alla maniera, sia per l' intensità: quindi dovendo corrispondentemente variare la maniera di esprimersi, ne nasce, che la quantità dei casi che si presentano all' artista pittore o sculture, sono di gran lunga inferiori all' infinito numero delle combinazioni dei suoni musicali, per mezzo di cui il compositore di musica è in obbligo di imitare, ed esprimere i diversi gradi delle passioni.
La musica dunque fra le arti imitative è quella, che richiede una maggiore immaginazione, perchè maggiore è la quantità delle combinazioni che si richieggono per la continua invenzione di nuove maniere di esprimersi, da cui ne nasce in tal arte quello stato di mobilità, che non apparisce così rapido nelle altre [-192-] arti liberali. Il pezzo di musica non potrà mai generalmente piacere, se l' imitazione degli oggetti non sarà espressa in quella forma, e con quella forza medesima, colla quale gli oggetti medesimi agirebbero direttamente in quel momento istesso sullo spirito della maggior parte degli ascoltanti. L' Opera di musica che vivamente commosse, o condusse all' entusiasmo i nostri Avi, riescirebbe adesso, o insipida, o noiosa, o insignificante ai più, che son quelli appunto che non possono risentire la forza della imitazione degli affetti, perchè ivi espressa in una maniera non corrispondente al grado delle loro proprie sensazioni.
Questi fatti sì comuni, e sì noti hanno indotto alcuni filosofi poco scienti nella musica, a negare a quest' arte un bello reale e costante. Ma l' artista illuminato ritrova un bello assoluto nella sua arte, allorchè il pensiero musicale ha stretta analogia col soggetto che si prende ad esprimere: quando vi ha una bellezza simmetrica nell' ordine delle idee: quando sotto ciascun rapporto, l' armonia è la base principale del componimento. Siccome tutti i grandi Artisti hanno seguito sempre tali principii, così il vero bello musicale esiste nelle produzioni classiche di tutti i secoli, ove l' attento osservatore studioso sà rinvenirlo con l' analisi, e sa con tal mezzo arricchirsi la propria immaginazione di mezzi di inventare nuove e peregrine idee, che egli poi esprime in quella maniera, al luogo, al tempo, ed al costume più adatta. Tale si è stata la principal condizione dell' arte della composizion musicale fin' ora, e tale non potrà che essere per l' avvenire.
[-193-] INDICE PREFAZIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pagina. v PARTE PRIMA ARTICOLO I. Del suono. . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pagina 9 ARTICOLO II. Degli intervalli . . . . . . . . . . . . . . . Pagina 12 ARTICOLO III. Delle diverse nomenclature dei suoni . . . . . Pagina 19 ARTICOLO IV. Del tono, e dei due Modi . . . . . . . . . . . Pagina 21 ARTICOLO V. Del trasporto dei modi . . . . . . . . . . . . Pagina 26 ARTICOLO VI. Della maniera di scrivere la musica . . . . . Pagina 34 ARTICOLO VII. Della misura . . . . . . . . . . . . . . . . . Pagina 40 ARTICOLO VIII. Della tempo . . . . . . . . . . . . . . . . . Pagina 42 Descrizione del metronomo, e suo uso Sezione LXII . Pagina 48 ARTICOLO IX. Della battuta . . . . . . . . . . . . . . . . Pagina 49 ARTICOLO X. Dei caratteri, vocaboli, ed altri segni che si impiegano per scriver la musica . . . . . . . . . . . . . Pagina 55 [-194-] PARTE SECONDA ARTICOLO I. Considerazioni generali sulla musica. Sua utilità. Suoi studii preliminari . . . . . . . . . . . . . . . . Pagina 61 ARTICOLO II. Osservazioni sull' arte del canto . . . . . . . . Pagina 66 ARTICOLO III. Particolari avvertenze sull' uso, e sulla maniera di suonare il Pianoforte . . . . . . . . . . . . . . . Pagina 73 ARTICOLO IV. Sulla maniera di suonar l' Organo . . . . . . . . Pagina 76 ARTICOLO V. Sull' arte di suonare gli strumenti da corda: . . Pagina 80 ARTICOLO VI. Sul pratico maneggio degli strumenti da fiato . . Pagina 84 ARTICOLO VII. Della scienza del suono in quanto alla musica. . Pagina 86 Della risonanza dei corpi sonori Sezione CXXIV. . . . Pagina 90 Della temperamento Sezione CXXXIII . . . . . . . . . Pagina 100 ARTICOLO VIII. Dell' armonia . . . . . . . . . . . . . . . . . Pagina 104 Consonanze e dissonanze Sezione CXXIV . . . . . . . . Pagina 107 Degli Accordi e sue differenti specie Sezione CXLIV . Pagina 110 Della successione degli Accordi . . . . . . . . . . . Pagina 117 Della note estranee che possono introdursi negli Accordi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pagina 121 Della modulazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pagina 128 Dichiarazione della formula dell' ottava, secondo la maniera più comune . . . . . . . . . . . . . Pagina 130 Dell' accompagnamento . . . . . . . . . . . . . . . . Pagina 137 ARTICOLO IX. Generali osservazioni sugli studii di piccola composizion musicale . . . . . . . . . . . . Pagina 140 Della melodìa Sezione CLXXXVII . . . . . . . . . . . Pagina 142 ESERCIZIO PRIMO. Dato un movimento ritmico, inventare su di esso una, o più melodìe . . . . . . . . . . . . . . . . Pagina 145 [-195-] ESERCIZIO SECONDO. Inventare delle frasi, e dei periodi melodici con un numero determinato di suoni . . . . . Pagina 145 ESERCIZIO TERZO. Inventare della frasi, e dei periodi melodici con un solo disegno prescritto . . . . . . . . . . Pagina 146 ESERCIZIO QUARTO. Comporre dei ritmi di differente lunghezza . Pagina 147 ESERCIZIO QUINTO. Costruire dei periodi di un maggiore, o minor numero di ritmi . . . . . . . . . . . . . . Pagina ivi ESERCIZIO SESTO. Sull' Arte di allungare, e accorciare i periodi . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pagina 149 ESERCIZIO SETTIMO. Sull' arte variare e fiorire una melodìa. . Pagina 150 ESERCIZIO OTTAVO. Sull' arte di effettuare le transizioni colla melodìa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pagina 151 ESERCIZIO NONO. Sullo sviluppo della melodìa . . . . . . . . . Pagina 152 ESERCIZIO DECIMO. Sull' arte di congiungere e collegare i periodi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pagina 153 Particolari osservazioni sulla varia condotta dei pezzi di musica . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pagina 155 ESERCIZIO UNDECIMO. Sull' arte di assegnare gli accordi ad una melodìa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pagina 157 ESERCIZIO DUODECIMO. Sull' arte di comporre la parte del basso sotto una melodìa . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pagina 158 ESERCIZIO DECIMOTERZO. Sull' arte di accompagnare una melodìa, e sulle varie specie di contrappunto semplice . . . Pagina 161 ESERCIZIO DECIMOQUARTO. Sui contrappunti artificiosi . . . . . Pagina 163 ESERCIZIO DECIMOQUINTO. Sulla dialogizzazione della melodìa, sulla imitazione, e sulla fuga . . . . . . . . . . Pagina 165 Del soggetto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pagina 168 Della risposta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pagina 169 Del rivolto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pagina 171 Del divertimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pagina 172 Dello stretto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pagina 173 Del taglio della fuga . . . . . . . . . . . . . . . . Pagina 174 ARTICOLO X. Alta composizion musicale. . . . . . . . . . . . , Pagina ivi Dello Stile. Sezione CCXXII . . . . . . . . . . . . . Pagina 175 Musica da Chiesa Sezione CCXXVII . . . . . . . . . . Pagina 178 Stile teatrale Sezione CCXXVIII . . . . . . . . . . . Pagina ivi [-196-] Musica di soce Sezione CCXXIX . . . . . . . . . . . . Pagina 179 Osservazione generali sulle voci Sezione CCXXXI . . . Pagina 180 Osservazione generali sugli strumenti dell' Orchestra Sezione CCXXXIV . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pagina 183 Sugli effetti che si possono ritrarre dalla riunione delle voci colla Orchestra Sezione CCXLIII . . . . . . Pagina 189 Generali idee sulla appropriazione degli effetti, e sul bello musicale Sezione CCXLIV . . . . . . . . . . Pagina 190 FINE DEL PRESENTE VOLUME.
[ESEMPI]
[-1-] [Picchianti, Principj, 2:1; text: A (Sezione XXXVIII.), PARTITURA ANTICA, Gamma, A, B, C, D, E, G, a, b, c, d, e, f, g, aa, bb, cc, dd, ee, ff, gg, Kyrie eleison, B (Sezione XXXIX.), Chiave di Fa, ovvero. Chiave di Do. Chiave di Sol, C (Sezione XL) Posta, D (Sezione XLI), Chiave di Basso, fa, sol, la, si, mi, re, do, E (Sezione XLII), Chiavi di Baritono] [PICPRI 06GF]
[-2-] [Picchianti, Principj, 2:2; text: F (Sezione XLIII.), Chiave di Tenore, do, re, mi, fa, sol, la, si, do, G (Sezione XLIV.), Chiave di Contralto, H (Sezione XLV.), Chiave di Mezzosoprano, I (Sezione XLVI.), Chiave di Soprano, L (Sezione XLVII) Chiave di Violino, M (Sezione XLVIII.), Righe finte, Note nelle righe finte, eccetera] [PICPRI 07GF]
[-3-] [Picchianti, Principj, 2:3; text: SETTICLAVIO, N (Sezione XLIX.), Violino, Soprano, Mezzosoprano, Contralto, Tenore, Baritono, Basso, O (Sezione L.), Figura del diesis, bimolle, doppio, ovvero, biquadro, P (Sezione L.), Modo maggiore di Do, minore, La, Fa, Re, Si, Sol] [PICPRI 08GF]
[-4-] [Picchianti, Principj, 2:4; text: Modo maggiore, minore di Mi, La, Re, Sol, Fa, Si, Do, Simili sugli Strumenti di tasto fisso] [PICPRI 09GF]
[-5-] [Picchianti, Principj, 2:5; text: Q (Sezione L), Diesis e bimolli accidentali, Impiego dei, doppi diesis, doppi bimolli, e biquadri, R (Sezione LIV.), Semibreve, Minima, Semiminima, Croma, Semicroma, Biscroma, Fusèa, Semifusèa, eccetera, 1, 1/2, 1/4, 1/8, 1/16, 1/32, 1/64, 1/128, S (Sezione LV.), Numero 1. 2, Massima 8 Semibrevi, Lunga 4 Semibrevi, Breve 2 Semibrevi] [PICPRI 10GF]
[-6-] [Picchianti, Principj, 2:6; text: T (Sezione LVII.), Minima, col punto, equivale a, Semiminima, Croma, Semicroma, Biscroma, Fusea, DUE PUNTI, con due punti, TRE PUNTI, tre punti, e così per l' altre eccetera] [PICPRI 11GF]
[-7-] [Picchianti, Principj, 2:7; text: U (Sezione LVIII.), Una misura, Mezza, un quarto, ottavo, sedicesimo, trentaduesimo, sessantaquattresimo, centoventottesimo, eccetera, V (Sezione LVIII.), Un quarto col, punto, equivale a, X (Sezione LIX.), Tempo a Cappella, Misura antica, alla breve, Y (Sezione LIX.), Tempo di Dupla, Z (Sezione LIX.) Tempi di Tripla, Triple fuori d' uso, A2 (Sezione LIX.), Tempo ordinario, B2 (Sezione LIX.), Sestuple] [PICPRI 12GF]
[-8-] [Picchianti, Principj, 2:8; text: Sestuple fuori d' uso, C2 (Sezione LIX.), Nonuple fuori d' uso, D2 (Sezione LIX.), Duodecupla fuori d' uso, E2 (Sezione LX.), Impiego della Stanghetta, F2 (Sezione LXVI.), Tempi alterati, Terzine, invece di, Quintine] [PICPRI 13GF]
[-9-] [Picchianti, Principj, 2:9; text: Sestine, invece di, Settimine, Nonette, G2 (Sezione LXVI.), Legatura, H2 (Sezione LXVI.), In tempo, a Cappella, Sincope] [PICPRI 14GF]
[-10-] [Picchianti, Principj, 2:10; text: Sincope in Dupla, Tripla, I2 (Sezione LXVII.), Largo cantabile, A, B, C, D, E, F, G, H, I, L, eccetera] [PICPRI 15GF]
[-11-] [Picchianti, Principj, 2:11; text: L2 (Sezione LXIX.), Note legate, M2 (Sezione LXIX.), Note picchettate, Riunione di legature, e picchettature. N2 (Sezione LXIX.) Appoggiature, O2 (Sezione LXIX.), Numero 1, Appoggiature doppie, o Gruppetto di due note. all' insù, all' ingiù, tre, quattro, sei, Numero 2, Segno del gruppetto indeterminato.] [PICPRI 16GF]
[-12-] [Picchianti, Principj, 2:12; text: P2 (Sezione LXIX.), Trillo, eccetera, sua esecuzione, Q2 (Sezione LXIX.), Mordente, R2 (Sezione LXIX.), Tremulo, S2 (Sezione LXIX.), Corona, eccetera, T2 (Sezione LXIX.), Fuso, p, F, Mezzo, U2 (Sezione LXIX.), Ritornello, Mezzo, Impiego del, due volte, una volta sola] [PICPRI 17GF]
[-13-] [Picchianti, Principj, 2:13; text: V2 (Sezione LXIX.), Segni di richiamo. bis, eccetera, Impiego di alcuni, Fine, X2 (Sezione LXIX.), Doppia Stanghetta, Larghetto, Impiego della doppia. Allegro, Y2 (Sezione LXIX.), Numero 1, 2, 3, 4, 5, 6, abbreviazioni] [PICPRI 18GF]
[-14-] [Picchianti, Principj, 2:14; text: Numero 7, 8, 9, 10, altra abbreviazione, repetizione, ovvero, Abbreviazioni di silenzi, 11, In qualunque tempo, una battuta, due, 4, 16, 1, 2, 12, eccetera, un numero indeterminato di battute di silenzio, 50, Numero 12, Allegretto, ottava, loco, eccetera, Z2 (Sezione LXIX.) Segno Finale] [PICPRI 19GF]
[-15-] [Picchianti, Principj, 2:15; text: A3 (Sezione CXX), 1:2:3:4:5:6:7:8:9:10:11:12:13:14:15:16, eccetera, B3 (Sezione CXXVI), terzo suono, C3 (Sezione CXLI), Numero, D3 (Sezione CXLV), a, b, c, E3 (Sezione CXLVI), d', b', a', c', F3 (Sezione CXLIX), a'', a''', x, y] [PICPRI 20GF]
[-16-] [Picchianti, Principj, 2:16; text: G3 (Sezione CLII), Fondamentali, Numero 1, 2, 3, 4, 5, 6, H3 (Sezione CLV), moto parallello, retto, obliquo, contrario, Cadenze perfette, I3 (Sezione CLXVII), Modo maggiore di Do, a', a, minore, La, b, L3 (Sezione CLXVIII), mezza cadenza, Cadenza di Grado, grado, plagale, M3 (Sezione CLXXXIII), 7, 8, 9] [PICPRI 21GF]
[-17-] [Picchianti, Principj, 2:17; text: N3 (Sezione CLXXXIII), 5, 3, 6, 2, O3 (Sezione CCXXXVI) Estensione degli Strumenti dell' Orchestra, Violino, Viola, Violoncello, Contrabbasso, Oboe, Flauto, Clarinetto, Fagotto, Tromba a chiavi, Tromba a squillo, e Corno, Trombone] [PICPRI 22GF]