Saggi musicali italiani

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Author: Bocchi, Francesco
Title: Discorso sopra la musica
Source: Francesco Bocchi, Discorso sopra la musica, Antiquae Musicae Italicae Scriptores, vol. 4 (Florence: Marescotti, 1580; reprint, Bologna: Antiquae Musicae Italicae Studiosi, 1977)

[-f.A1r-] DISCORSO DI FRANCESCO BOCCHI

Sopra la Musica, Non secondo l' arte di quella, ma secondo la ragione alla Politica pertinente. IN FIORENZA, MDLXXXI.

[-f-A1v-] [vacua]

[-f.A2r-] ALL' ILLVSTRE SIGNOR GIVLIO SALE,

Signor et Padron mio osseruandissimo.

IL pregio delle Lettere è molto commendabile, quando nelle cose vere si impiega, et di discoprirle altrui con buona fede si procaccia. Perche, se il vero è il bene dell' intelletto, à che il molto artifizio di quelle, se nella falsità si dee trauagliare, che cotanto da ogni huomo è abborrita?Per lo che domandato da alcuni del pregio della Musica, non hà gran tempo, che io misi insieme in queste poche carte quello, [-f.A2v-] che le sauie republica le hanno con ragione attribuito. Dell' arte di lei, et delle sue lodi (le quali sono grandi, et singulari) deono coloro fauellare, che con piena notizia la esercitano, et di quella prendono frutto ad ogni hora, et diletto. Tutto questo nasce dalla Storia delle cose, che sono auuenute, et che si fanno parimente: la quale con molta leanza sicure nouelle del vero ci apporta. Di questo ha tenuto sempre Vostra Signoria cura grande (come conuiene senza fallo ad animo gentile) et ne ha fatto sopra ogni cosa grande stima. Per questa cagione ho preso ardire di dedicarle questa picciola fatica; laquale, come io auuiso, non è per essere à lei discara, che per sua purità di cuore del vero nutrisce l' animo suo tuttauia. E picciolo il dono, et di poco prezzo, et il valore di lei molto, et grande: ma nondimeno sogliono ancora le cose [-f.A3r-] basse da' nobili intelletti esser gradite: Peroche è grandezza in vn' animo gentile, sprezzare la sua grandezza alcuna volta, ne ricercare con troppa ragione quello, che à lei è douuto. Degnisi adunque Vostra Signoria obliando il suo merito, di guardare al mio volere solamente; peroche piu donare le vorrei, se piu le forze mie di facultà mi concedessero. Et con questo à lei molto di cuore mi raccomando. In Firenze il dì 15. d' Ottobre. 1580.

A' commandi di Vostra Signoria paratissima

Francesco Bocchi.

[-f.A3v-] [vacua]

[-7-] DISCORSO DI FRANCESCO BOCCHI, Sopra la Musica, Et se in tanto pregio si dee tenere, in quanto la tengono gli Artefici di quella.

TRA molti diletti, che nascono dalle arti, grande è stato quello della musica sempre riputato; nè solamente per opinione di tutti, ma per inclinazione della natura, la quale à godere la dolcezza delle voci suauemente ci traporta. Da ogni huomo si brama il diletto oltre à modo, et à tutti è à grado: Et per questa cagione auuiene, che molti cercano di sentire, et di apparare la Musica, la qual è con suo dilettoso adoperare ci genera il piacere, di cui si fauella. Sono molti i dolori, et gli affanni, che nella vita ad ogni hora si deono prouare: nè si passerebbono in modo alcuno ageuolmente, se non fosse [-8-] scemata con qualche cosa dolce la loro amarezza. Perche sono state date all' huomo da Dio benedetto le dolci stagioni dell' anno, et i luoghi ameni, et di aria suaue temperati, et tanto di altezza di ingegno conceduto, che molti artifizii per cio si sono trouati, onde questo tempo misero, et angoscioso della vita si fa leggiero, et meno di noia ci apporta. Ma tra gli altri conforti non è picciolo quello della Musica, per lo quale, (cotanta è la sua virtù) non solo gli huomini la durezza delle fatiche ammolliscono, ma le fiere si fanno mansuete, et dipongono la sua fierezza alcuna volta. Non tuttauia si puote durare nella fatica, nè star sempre ne' pensieri noiosi, nè adoperare con la persona in ogni tempo; peroche si stancherebbe la natura, et verrebbe meno à poco, à poco, se dopo l' esercizio non si ristorassero le forze indebolite, et tra le fatiche continoue non si intramettesse alcun diletto. Quindi è stato dato il sonno à gli animali da colui, che il tutto ha creato, et la quiete parimente, perche la vita duri, et piu ageuolmente si conserui. Ma la Musica, che fa leggieri le fatiche, et scema gli affanni, et da vigore a' corpi stanchi, non è dono picciolo, ma grande: per la quale si ricreano gli animi, et prendono [-9-] nell' adoperare maggior forza. Quanto ella sia cosa nobile, et di prezzo, apertamente testimoniano alcuni, i quali in fauellando della sua virtù, hanno quella, come cosa diuina, commendato; perche da lei sono procedute opere grandi molto di vero, et notabili. Et comè harebbe quel Timoteo, artefice sourano, potuto col suo canto infiammare à suo senno Alessandro Magno alla battaglia, et in mutando il medesimo canto, quietarlo parimente, et fare col suo artifizio, che e' diuenisse mansueto, se la Musica non fosse nobile, et piena di grandissimo vigore? Non hebbe Socrate à vile da tanto graui scrittori celebrato, come che fosse antico di tempo, di apparare la Musica, et di introdurla ne' segreti della filosofia, et di farla compagna de' suoi pensieri più alti, et più pregiati: Peroche egli giudicaua, che qualche cosa mancasse alla sua vita, la quale supplire acconciamente per via della Musica si potea. Et chi commenderebbe à bastanza quell' atto di Pitagora, che souuenne à tempo con la Musica vna famiglia honorata dalla furia di alcuni giouani scandolosi, che contra quella con maniere dishoneste di vsare violenza procaccia uano? Perche hauendo imposto à chi sonaua, che mutasse il modo del suo canto per mitigare [-10-] l'ardore, et l' impeto giouenile, diede per sifatta cosa à quella famiglia la salute, che già in periglio grande era venuta. Et si come Epaminonda, et Achille, gran guerrieri, sono lodati, perche haueano la Musica apparato, et cantarono quella dolcemente oltre à cio; così Cimone, et Temistocle per lo contrario sono stati biasimati i quali non curarono gran fatto di hauerne notizia, nè di consumare in quella alcuno tempo. Et in tanto la virtù sua è stata conosciuta, che per ciò egli si dice, che vn certo Talete di Candia liberò i Lacedemonij dalla peste con l' aiuto della Musica; la quale molto diuulgata ogni giorno più ne' paesi della Morea incrudeliua. Et nel tempo nostro, come se ella fosse vna medicina piena di salute, in alcuni luoghi della Puglia sono medicati alcuni morsi velenosi col canto della Musica; come se il corpo stemperato con la temperatura di questo artifizio da se ogni asprezza di veleno allontanasse. Nè mancano filosofi di gran senno, et di gran dottrina, che hanno con ragioni dimostrato, che l' anima nostra di Musica è composta, et che hà in se parimente armonia, et che per questa cagione nessuno si dee ammirare, se ella à tutti è à grado, posciache con amicizia cotanto stretta con esso noi è congiunta. [-11-] Ella porge diletto ne' conuiti, et nell' ozio ci mantiene in allegrezza, et per consolarci, quando vogliamo, è presta nelle miserie, et come animosa entra nelle battaglie per dar cuore a' soldati poco arditi, et souente raffranca gli animi, che sgomentati per tema della morte dalle dure imprese in dietro si riuoltano. Per lo che soleuauo i Lacedemonij, quando co' nimici appiccauano la battaglia, ordinare alcuni suoni con grande artifizio di Musica, per cui potessero mantenere i suoi soldati le ordinanze, et l' ardire insiememente. Quanto di giouamento arreca ella all' Oratore, che con le forze di questa si auanza, et fà con l' ornamento di lei la sua fauella più compiuta? posciache il numero è si fatto nel parlare oratorio, che senza quello poco ogni altra cosa nel persuadere prezzare si douerrebbe. Per questa cagione Gaio Gracco, solenne Oratore ne' suoi tempi, perche le parole, le quali egli al popolo douea dire, fossero profferite acconciamente, era vsato di tenere dietro alle spalle vn seruo con vn sufolo: il quale, secondo che il bisogno richiedeua, col suono temperasse il modo, et le parole, et fosse presto tuttauia, perche hora ad alto, et hora al basso ad ogni opportunità la voce si piegasse. Platone oltre à cio, filosofo sopra gli [-12-] altri singulare, ne' libri delle leggi dice, che gran cura si dee porre, perche non si mutino nella città le ragioni della Musica: peroche da sì fatta mutazione si mutano le leggi ciuili parimente, et si confondono ancora le ragioni della vita. Ma quanto dee valere quella lode, la quale è data à questo artifizio? di cui scriuono alcuni, che il cielo di Musica è composto, et che egli con suoni marauigliosi canta tuttauia. Nè per cio dobbiamo ammirarci, se tale canto non sentiamo, posciache à noi è il medesimo auuenuto, che à quelli auuiene, che habitano, oue il Nilo cade con ismisurato strepito precipitosamente: perche si come vn sensibile oltre à modo grande suole abbattere i sentimenti, et corromperli alcuna volta; così à quella gente è auuenuto, che per lo gran tuono non sente, ma del tutto è fatta sorda: et à noi accade altresì per la medesima ragione di non sentire il gran suono del cielo, che continuamente con dolcissime armonie non cessa di cantare. Tali sono le lodi, che da alcuni sogliono essere date alla Musica: per cui si fanno à credere arditamente, che grande studio si debba porre in quella da ogni qualità di huomo, il quale di menare la vita sua horreuolmente si dispone: auuisando, che da lei non solo gran diletto, ma gran [-13-] giouamento appresso ne proceda. Per lo che consideriamo à parte, à parte le cose, che si sono dette; perche si conosca senza errore, se così passa la bisogna, et se cotanti titoli di lode si deono à questa arte attribuire. Le arti tutte, come in altro luogo habbiamo detto, sono per la felicità humana ordinate; della quale prende il gouerno la Politica, et approua quelle, et le riceue, le quali sono all' huomo gioueuoli conosciute. Per lo che egli già auuenne, che i Romani discacciarono di Roma molti maestri, i quali insegnauano a' giouanetti la Retorica; non giudicando, che le maniere di quella fossero tali, onde la loro republica nella giouentù grande vtilità cauare ne potesse. Et nella città di Lacedemone era per antica legge ordinato, et così per molti anni, et molti fu osseruato, che per moneta non si vsasse oro, ne argento; ma con aspre pene fosse punito, chi altramente adoperaua: Peroche la moneta era di ferro, et di peso così graue, che per condurla da vn luogo ad vn altro, era di bisogno di vsare, come dicono, il carro; mirando il componitore delle leggi à questo per auuentura, che per ciò sarebbono annullati molti vizii della città, et molti mali, che nel rubare, et nell' usar frode altrui per lo gran prezzo dell' oro, et dell' argento [-14-] si sogliono commettere. Perche quantunque sieno le arti gioueuoli all' uso humano, non però auuiene, che le città per loro bene tutte le riceuano: ma quelle vsano, che sono vtili alla loro terrena felicità: et delle altre non fanno alcuna stima, ma da se le prohibiscono, et le discacciano: Si come accade in Vinezia delle leggi Imperiali; et in Constantinopoli della Stampa; oue non sono si fatte arti da tutte e due queste republica giamai state riceuute. Da questo si farà palese, se tanto prezzo si dee alla Musica attribuire, quanto alcuni di quella troppo amatori di darle sono vsati: peroche se ella fosse tale, quale essi vogliono, che sia con maggior cura le più sauie città harebbono quella riceuuto. Ma in considerando le cose pertinenti alla lode della Musica, egli non si niega, che ella gran diletto altrui non arrechi, et che per diporto in alcuni tempi vsare non si debba, si come costumano di fare alcuni huomini accortamente. Pero che à nessun partito del mondo si deono coloro commendare, i quali comeche sieno di gentil sangue nati, pongono tutto il tempo loro, ò almeno la maggior parte nella Musica; Come se nelle cose humane molte operazioni non hauesse più nobili, et più pregiate, onde la vita con gran prò, et con grande honore felicemente [-15-] si trapassa. Imperoche se sono coloro biasimati molto, che forniti di grande ingegno tutto il tempo danno alle lettere, che nelle occupazioni ciuili per comune giouamento doueano impiegare; come era vsato di fare quello Imperadore, il quale obliando gli affari dell' imperio consumaua il tempo nelle liti delle lettere, et in dispute; Quanto più douerrà questo auuenire nella Musica, che verso di se, come sono le lettere, non è di tanto pregio, nè di tanto honore? Ma non si dee stimare, che ella quel vigore habbia, che muoua gli animi nella guisa, che dicono essere ad Alessandro Magno auuenuto, mouendosi per la virtù di quella alla battaglia, et quietandosi per lo contrario à pensieri molto diuersi. Perche altra forza si richiede molto più, che non è quella della Musica potente; posciache ogni huomo conosce ottimamente, che non si quietano, et non si sgomentano coloro per lo tuono horribile delle artiglierie, che contro a' nimici si spingono innanzi; et auuenga che la morte minacci in mille guise, non per questo si mettono in volta, ma con franchezza di animo vanno più oltre procedendo, accioche finalmente peruengano alla vittoria. Se già noi non vogliamo stimare, che l' animo di Alessandro fosse troppo dilicato, et troppo tenero, [-16-] et vsato molto nelle morbidezze, che in vn momento per sì picciola cosa cotanto si mutasse: Si come à coloro suole auuenire, che per languidezza di animo tramortiscono; quando veggono medicare alcuno huomo, il quale habbia ferite, che sieno mortali. Quello, che di Socrate si dice, non tanto dee valere, che per l' esempio di lui debbano gli huomini la Musica apparare: perche vn huomo da' ciuili affari molto lontano, et occupato in esercitare la lingua in dispute solamente, et nutrito nell' ozio quasi tuttauia, bene poteua in sì fatto studio impiegarsi, et consumare in quello molto tempo, à cui parimente molto ne auanzaua. Et quantunque egli si dica, che Achille, et Epaminonda habbiano cantato dolcemente, nè in ciò sono stati biasimati, ma ne hanno più tosto lode aquistato: questo, se io non sono errato per lo studio de gli scrittori, et per l' amore è auuenuto: i quali altresì non hanno biasimato Lelio; ne Scipione, che andando insieme à diporto per la riua del mare, soleuano raccorre nicchi, et certi sassolini, et prendere à guisa di fanciulli, per alleggiamento di animo questo sollazzo. Ne Hercole già riputato Semideo, come che seruisse Onfale, del cui amore era preso, et filasse la lana, come ella voleua, per questo [-17-] dagli scrittori è biasimato: peroche per li suoi fieri appetiti egli si indusse nell' animo di compiacere altrui per sodisfare appresso alle sue voglie. Et comeche Cimone, et Temistocle fossero biasimati, noi non veggiamo per cio, che coloro, che gli biasimarono, amassero molto di essere Musici nè di cantare: i quali con le parole aggradirono la Musica in altrui, ma in se stessi co' fatti la fuggirono. Ma se la Musica ha tanta forza, che, come potente medicina, medica la pestilenza, et la estingue, agramente si deono le città tutte riprendere, le quali in vn male così atroce, et in vna miseria così orribile non hanno vsato quella discretamente, nè sono ricorsi à questo rifugio salutifero; Et in questo tempo sarebbono degni di grauissima colpa coloro, i quali afflitti da questo male, non sanno ancora ritrouare rimedio opportuno, per dar compenso à cosi strana, et così spauenteuole rouina. Hora, se la Musica, come medicina, ha forza di discacciare de corpi i veleni, come si dice, che auuiene nelle terre della Puglia, egli si scemerà il suo valore: posciache coloro, che molto la commendano, vogliono, che da lei l' animo, et non il corpo sia medicato. Et se molti huomini sauij hanno detto, che l' anima nostra di Musica è composta, et che ella in se contiene [-18-] armonia: et il maggior filosofo all' incontro ne' libri dall' anima con viue ragioni riproua questa opinione; affermando grauemente, che à nessun partito si dee approuare, nè tenere per ragioneuole, nè per buona. Quella lode appresso, che è data alla Musica, perche ella ne gli animi militari infonde virtù nelle battaglie, come costumauano di fare i Lacedemonij, poco dee valere senza dubbio; perche altri stromenti si sono trouati più potenti assai, et più gioueuoli. Nè si dee stimare, che i popoli di questo tempo sieno meno acuti de gli antichi, et che questa arte e' non adoperassero in suo prò, se tale ella fosse, et che le cose ottime e' non apprendano, quando è di bisogno, et non le vsino parimente. Imperoche, se poco adopera il suono degli Archibusi strepitoso, e 'l tremendo romore delle Colubrine negli animi de' soldati, à cui è tolta per cio prima la vita che il gran cuore: meno harà vigore il suono della Musica languido, et dilicato, solamente opportuno ne' diporti, et nelle feste; doue à nutrire il diletto è il luogo à punto, e 'l tempo accomodato. Per quanto appartiene all' arte oratoria, à cui vogliono alcuni, che sia necessaria la Musica, noi bene potremo questo considerare, se attentamente esaminiamo la vita, et le azzioni di [-19-] Cicerone, et di Demostene: peroche egli non si legge, che questi due sourani Oratori, et di tutti gli altri, che sono stati giamai, più compiuti, ponessero grande studio nella Musica: nè che esercitassero quella con la voce, onde la loro fauella ne prendesse vtilità, et alcuno accrescimento. Egli è ben vero, che vn certo suono conueneuole si considera nelle parole, il quale alla Musica è molto simigliante, che ogni Oratore molto si affatica di conoscere, et di vsare parimente: Et se uogliamo attribuire la Musica all' Oratore in questo modo, noi potremo à ragione ancora dire, che egli sia Pittore, e Geometra, posciache nel suo parlare si vsano quelle maniere di dire, che sono colori retorici nominati, et alcune misure similmente, onde l' orazione si fa più bella, et più perfetta. Et se Gaio Gracco vsaua l' armonia per lo mezzo di vn sufolo, mentre che egli il parlare oratorio adoperaua, questo al difetto di sua natura più tosto, che alla lode della Musica si puote attribuire: la quale natura à guisa di stromento scordato di cosa esteriore hauea di bisogno, da cui ella fosse temperata, nè per sue proprie forze sapea fornire l' opera sua in modo alcuno. Ma in quanto à quello appartiene, che dice Platone, il quale stima fermamente, quando si mutano i modi [-20-] della Musica, che le leggi ciuili parimente si mutino: Se egli intende di altra Musica, che di quella delle voci per cosa simigliante, io sopra questo altrimenti non fauello. Ma quanto poco queste voci adoperino, et questi canti, de' quali noi ragioniamo, chiara fede ne fanno gli huomini notabili del tempo molto antico, et quelli ancora, che viuono al presente; i quali senza conoscere alcuna cosa di Musica, prezzando poco la mutazione di quella, hanno gouernato le republiche ottimamente, et con gran senno. Che il cielo canti hanno alcuni portato opinione: et per cio vogliono, che simigliantemente faccino gli huomini, i quali le cose celesti imitando, possono con felicità menare la sua vita. Hora, se cio secondo si fatto parere si douesse fare, egli si potrebbe parimente vsare il moto tuttauia, il quale nel cielo è continouo, et senza fermezza nessuna muouere la persona, et le membra, et farsi à credere, che questo fosse conueneuole, posciache il cielo senza posarsi giamai vsa quello in ogni tempo. Non è adunque la Musica di cotanto pregio, di quanto gli artefici, et molti troppo amatori di lei si auuisano: i quali per la dolcezza, che da lei ne' sentimenti nostri è generata, stimano quella, come cosa sopra humana, et diuina. [-21-] Ma ella, si come hanno fatto gli huomini discreti, si dee vsare non tuttauia, nè in ogni età, ma à certo tempo, et con discrezione, per alleggiare le fatiche, et gli affanni sostenuti, et conuiensi darle quello honore, che è diritto, et conueneuole et non souerchio. Perche così gran titoli si deono dare alla filosofia, et alle lettere, o alle armi, et non alla Musica: che auuenga che sia diletteuole, è poco virile tuttauia, et languida ne' petti de gli huomini, che di vero valore si pascono, et si sostengono. Ma altre lodi si danno alla Musica per lo giouamento, che si dice, che da lei viene, et per lo frutto, che riceuono coloro, che in quella si esercitano: percioche ella genera costumi nell' animo, et lo dispone ad operazioni virtuose, et da lei poscia puote nascere la vita lodeuole, et ottima. Hora, se questa Musica genera costumi commendabili, onde vengono appresso le virtù, e' non si puote dire, che grande stima di quella non si debba fare: perche gran parte harà ella nella felicità humana, oue tutte le operazioni, et tutti i nostri affari si voltano, et si indirizzano. Ma non ci facciamo à credere, che così à punto passi la bisogna: perche se le operazioni virtuose intorno al piacere, et al dolore si trauagliano, et la Musica partorisce diletto senza [-22-] più; egli per questo affermare si potrà, che dall' artifizio della Musica non vengono altrimenti si fatte operazioni, ma che da altra cosa riconoscono il loro bene. Et se le virtù morali sono nell' appetito collocate, il quale è priuo di ragione, ma nondimeno atto ad vbbidire alla ragione, à che sentiero di virtù volterà quello la dolcezza della Musica, poiche siamo volti cotanto per natura à diletti sconueneuoli? Ma se la via della virtù è aspra a' nostri sensi, et malageuole, che amicizia potrà egli essere della Musica con quella, la quale tutta consiste in morbidezze, et in diletti? Chi giamai vide, che altri dalla intemperanza per cagione della Musica, ô dalla ingiustitia si riducesse alla temperanza, et alla dirittura? Perche se ella genera costumi, et virtù; questo discernere si potrebbe molte volte, posciache in ogni città da gli huomini particolari si pone molto studio nella Musica, nè si conosce gran fatto quello, che molto da alcuni si dice in questo affare: se già egli non è vero nelle cose contrarie, io dico ne' vizii, et ne' difetti: poiche nell' ozio molto possono i piaceri, et le delizie, et le cose sconueneuoli, à cui per via della Musica con grande ageuolezza si peruiene. Appresso, se la virtù è l' ultimo di nostra possa: [-23-] che cosa potrà ella col canto di valore partorire nella sua opera languida, et frale, che nell' ombra de' diletti, et nell' ozio di lasciuie continouatamente si nutrisce? Perche non fu la virtù di Cesare altrimenti conosciuta, quando egli vinse Farnace, Re di Ponto, accompagnato da vno esercito poco nelle militari bisogne adusato, et poco forte: ma quando egli superò il Gran Pompeo operò l' ultimo di sua possa, nel cui esercito era la nazione Italiana, più di tutte le altre guernita de gli ammaestramenti della guerra, la quale in combattendo hauea già molte vittorie, et molti titoli di gloria conquistato. Perche la Musica poco in se contiene di vigore, la quale nelle sue maniere dilicate, et nella sua languidezza non si sollieua altrimenti à cose grandi, nè genera pensieri tali, nè fatti oltre à ciò, che à questa vltima potenza di virtù ella possa altrimenti per uenire. Et se ella valesse tanto, come auuisano alcuni, non solo in questo tempo, ma gli huomini antichi ne' passati secoli ancora, le harebbono, come à cosa diuina, fatto grandissimi honori, et con maggiore affetto, che à Pallade, et à Cerere non faceuano, drizzato altari, et da lei sarebbono andati per ottenere la sua salute, et il suo bene. Vale molto meno adunque l' arte della Musica, [-24-] che gli artefici, che esercitano quella, fermamente auuisano, che sopra le lettere le danno honore: nè tanto di tempo in lei si dee impiegare, come essi vogliono, io non dirò per impararla, che ad ogni età non si conuiene, ma ancora per sentirla; che sogliono gli huomini discreti vsar questo non tuttauia, ma solo à certo tempo. Et chi non sà, che colui, il quale tutto nello studio della Musica si abbandona, serra l' entrata alle operazioni di virtù, et alla grauità della vita, et secca il fonte del valore, et della gloria, che rauuiluppato tra' canti deliziosi pone in oblio le operazioni forti, et virili? Per questa cagione egli si legge, che Serse, figliuolo di Dario, per punire la città di Babilonia, la quale dal suo Regno si era ribellata, le comandò, che non portasse armi, ma ne' canti, et nella Musica si esercitasse; quasi fosse auuiso à questo saggio Re, che la Musica, come nimica di valore, hauesse forza di suegliere dell' animo dell' huomo le radici della virtù, et della fortezza primamente, onde nascono i fatti grandi, et di pregio. Ma se la Musica fosse così potente, come affermano alcuni, et hauesse forza di muouere gli animi ad ottime azzioni, quando ella è bene vsata, tutte le genti nelle sue republiche porrebbono grandissima diligenza in[-25-] tenere maestri, che insegnassero cantare a' giouanetti publicamente, et senza dubbio molto più si affaticherebbono, che non fanno, per cagione delle lettere ad ogni hora, non solo nelle città grandi, ma nelle terre picciole ancora. Et quale huomo priuato, ò qual Principe si troua, che non abborrisca i uizii oltre à modo, et quelli similmente, cui egli conosce essere in se stesso? Che se la Musica purgasse l' animo di quelli, et facesse, che egli sano, et virtuoso diuenisse, quale huomo sarebbe, dico, che con sommo studio non vsasse quella, et ad ogni hora non cantasse, per diuenire pieno di virtù, et per adoperare nella vita dirittamente? Ma del costume se egli auuiene, che per lungo vso di cantare e' si generi nell' animo dell' huomo (posciache questo costume è vna certa forza di adoperare, che scuopre la mente, et la nostra intenzione) con poca fatica si puote andare col pensiero discorrendo, quale sia la vita di coloro, che in tale adoperare hanno molto studio collocato. Ma se picciolo spazio di tempo vi si pone, io non veggo, che questa natura dell' animo si possa disporre in guisa alcuna, perche la Musica vi habbia quel potere, che da alcuni à lei è assegnato. Perche hauendo vdito vn giorno Antistene, filosofo molto saggio, et pieno di grauità, [-26-] che vn certo Ismenia era ottimo sonatore: Ma questi è huomo, soggiunse egli, di costumi sconueneuoli, peroche se e' fosse huomo da bene, egli non sarebbe sonatore. Come se la Musica fosse cagione di sgombrare i petti nostri di virtù, et per lo contrario di riempiergli di vizii. Ne in tanto si dee la Musica biasimare, che altri stimi, che per sua natura ella sia perniziosa, et facci gli huomini di vita maluagia: Ma il troppo vso, et fuori di tempo oltre all' età si dee fuggire; posciache la prudenza, et il valore deono hauere albergo in vno animo gentile, et non vanità, nè leggerezza. Perche quantunque l' arte del proferire le Comedie sia vilissima, et scarsa molto di honore, non tolse per cio il pregio di bontà à Roscio, sourano artefice in quella. Questi oltre al premio, che hauea dal popolo Romano, che era di cento scudi il giorno, nella pratica delle amicizie vsaua quasi sempre co' primi huomini della nobiltà di Roma, et da quelli era caramente per li ottimi costumi riceuuto, et apprezzato. Per che la bontà della natura, et la virtù auuengache in arte bassa si eserciti, onde gli huomini vili et poco lodeuoli diuengono, sormonta tuttauia per se stessa al suo pregio. Egli non si niega, che alcune lodi sieno date à questo artifizio dal maggior [-27-] filosofo di tutti, et che per quanto porta la natura sua prezzare non si debba. Ma posciache il tempo ha dimostrato altrimenti in grauissime operazioni, et nelle saggie republiche per molti anni, et per molti secoli, la proua ha fatto chiaro, che picciolo è il giouamento, che nasce dalla Musica, che che si dica, chi stima altrimenti noi dobbiamo seguitare la ragione, et il consentimento delle Genti, le quali hauendo scemato l' honore, che già vogliono, che si desse alla Musica, fanno per questo ferma fede, come ella nel fare compiuta la felicità humana ha poco vigore, et poca forza. Et come che egli si dica, che alcuni huomini notabili, et Signori sono costumati di cantare suauemente, et che per cio non si dee auuilire la Musica per modo alcuno, come quella, che se non fosse nobile, non sarebbe vsata in questa guisa: et all' incontro chi è quegli, che non sappia, che nel tempo, quando più ella era in pregio nelle terre della Grecia, come fu biasimato agramente Alessandro Magno da Filippo suo padre? Perche hauendo inteso, che il suo figliuolo in compagnia di alcuni amici con gran dolcezza hauea cantato, non senza mordimento di cotale opera gli disse con grauità queste parole. NON HAI TV VERGOGNA, che [-28-] sai cantare cosi ottimamente? Perche egli è assai, che al Re auanzi tempo, quando altri canta, di porgere le orecchie: et pare molto di vero, che è facci stima delle Muse, se prendendo gli altri briga di si fatte cose, egli si stia à vedere. Ma che con la persona sua si impieghi in opera bassa, et vile, dalla fatica, la quale ha posto in quella, dimostra chiaramente, che intorno alle operazioni nobili, et sourane l' animo suo è trascurato, et neghittoso. Sono altre arti più, che non è la Musica, diceuoli a' Principi, oue per consumare alcuno spazio di tempo non è giamai stato alcuno biasimato, anzi sono richieste negli animi di quelli, et commendate. Nè si dolse giamai Carlo Quinto, perche non gli fosse stata insegnata la Musica nella sua fanciullezza; ma forte sospirò trouandosi in Genoua ad vdire una Orazione latina, perche non hauea prestato orecchie al suo maestro, il quale souente nell' ammaestrare gli hauea ricordato, che volgesse l' animo ad apprendere le lettere, si come à lui nella tenera età era data grande ageuolezza. Et se la Musica à guisa di medicina purga la mente dalle passioni, come alcuni si fanno à credere, questo douerrebbe auuenire ogni volta, che ella si adopera, et appresso parimente, quando ha fatto la sua operazione. [-29-] Ma se solamente egli accade nel tempo, che ella si vsa, egli ci conuerrà cantare tuttauia, se vogliamo essere forti, ò mansueti: et questo quanto sia disdiceuole, bene possono coloro considerare, i quali sanno, che le medicine dopo la sua operazione ristorano le forze nel corpo humano, onde la sanità poscia in quello si conserua. Oltre a ciò se la Musica hauesse potere, come dicono alcuni, di discacciare i vizii da' nostri cuori, che non solo contrariano la felicità humana, ma ci priuano ancora della grazia di Dio, gli huomini di costumi seueri, et di santa vita nella solitudine, et ne' Romitorij, harebbono vsato questa medicina per viuere nelle virtù celesti tuttauia, et per istare sempre nel seruigio di Dio benedetto santamente: Perche non cessano gli stimoli della carne, che lusingano ad ogni hora i nostri cuori, nè gli ordigni del diauolo hanno posa, accioche da' sentieri del cielo à peruerse operazioni ci voltiamo. Et di vero, si come vsauano le vigilie, et i digiuni per conseruarsi in santità, così harebbono la Musica (se tanto ella valesse) adoperato. Io lascio di dire quello, che alcuni hanno detto di Pallade, come spezzò lo stromento, con cui ella sonaua, per la bruttura grande, et difforme, che nel viso le conueniua dimostrare. Et [-30-] Alcibiade parimente abbominando simili stromenti, fu cagione, che tutto il popolo di Atene tralasciasse si fatta Musica per comune parere, la quale piena di sconueneuolezze, et di scede operaua non solo che il tempo si consumasse inutilmente, ma che nessuno giouamento alla felicità humana peruenisse. Insino ad hora egli non s' è trouato poeta alcuno di così poco senno, che nelle sue fauole habbia finto, che Gioue canti, ò suoni con alcuno stromento: peroche queste cose sono da huomini poco costumati, et disensati, che mossi da leggerezza di giudizio non hanno riguardo alle opere graui, et di valore; oue si deono occupare. Et si come la Musica harebbe riceuuto grande honore, se per qualche modo si sapesse, che alcuni huomini di gran pregio si fossero oltre à modo di lei dilettati, et spesse volte hauessero posto in quella molta cura, come fu Scipione, et Cesare, et Marcello; Così per lo contrario le è dato grauissimo biasimo per lo grande studio, et disusato, che Nerone mise in cantare; il quale contaminato in ogni uizio fece al mondo aperta fede, che la Musica delle cose sconueneuoli molto amica, non era à coloro à grado altrimenti, i quali di adoperare con virtù, et sauiamente si erano diliberati. Ma se egli assai disconuiene il porre molto [-31-] studio in quell' arti, che eziandio sono lodeuoli, quanto con maggior ragione potranno essere coloro biasimati, i quali tutti all' arte della Musica si danno in preda, et tutto il suo tempo leggiermente consumano in quella? Perche se dirittamente è accusato quel Geometra, quando la città sua di Siracusa, venendo in preda de' nimici in estremi affanni era posta, egli in tempo poco opportuno si staua disegnando alcune figure geometriche, onde fu per cio vcciso dal furore militare, à cui per souerchio di leggerezza non volle vbbidire, accioche non lasciasse l' opera sua incominciata; Quanto più si douerranno quelli biasimare, i quali nella Musica giorno, et notte si esercitano, obliando le cure necessarie, et le operazioni da huomo, et ciuili? Mezzanamente adunque dee l' huomo prendere della Musica diletto, et à certo tempo vdire gli artefici di quella, occupandosi poscia in cose graui, si come si richiede, et lasciare si fatto esercizio a' fanciulletti, perche possano con la suauità del canto le durezze delle fatiche mitigare, et prendano conforto nel suo animo, à cui la continoua opera senza molto piacere è di tedio molto grande. Non è la Musica vtile, nè necessaria, ma ci arreca diletto alcuna volta, et ci conforta; nè tanto di priuilegio, et di honore [-32-] si attribuisce, quanto gli artefici troppo di quella amatori le assegnano. Et se l' antico popolo Romano, che già è stato cotanto accorto nel gouernare la sua republica et cotanto saggio, visse senza Medici oltre allo spazio di secento anni: l' arte de' quali non solamente è gioueuole, ma oltre à ciò è necessaria; che si douerrà egli dire, che habbia giudicato della Musica, la quale della grandezza dell' animo nimica di cose leggieri, et friuole sempre si mantiene, et si nutrisce? Non è la Musica, à chi ama il valore, diceuole molto, anzi è la molta notizia in quelli biasimata: perche non dee l' intelletto de gli huomini grandi pascersi di frasche, nè di ciancie, ma di operazioni virtuose, et horreuoli. Et si come l' oro, che è cosa preziosa appresso tutti, opera nondimeno, che sieno gli huomini molto biasimati, che troppo di quello di uengono amatori; Così la Musica verso di se è commendabile, ma l' uso continouo dannoso, et nell' udire, et nel cantare celatamente, quasi vn dolce veleno sottentra nell' animo per vccidere il valore, di cui ogni huomo sopra ogni cosa dee fare stima. Perloche volendo Filippo Re di Macedonia disputare con vn sonatore sopra la ragione del toccare alcune corde di vno stromento di Musica, auuisando di hauerne maggior notizia, che [-33-] questo artefice non hauea, ridendo gli disse il Musico per dolce modo: Iddio ti guardi ò Re, che in tanta miseria tu non caggia, che tu sappia meglio, che io non conosco, le cose à questa mia arte pertinenti: Peroche si come à gli huomini vili, et a' fanciulletti si danno le cose leggieri, et di poco momento; Così à gli huomini di matura età, et molto nobili sono le graui occupazioni assegnate, oue si debbono dirittamente esercitare. Sospirò forte, et quasi pianse per souerchio di dolore quel secondo Scipione Africano, poi che in Roma hebbe veduto in una Scuola alcuni giouanetti nobili, che con istudio grande nel ballare, et nel cantare si esercitauano; et riputò questo esercizio non solo sconueneuole alla vita, ma molto dannoso oltre à cio; per lo quale auuiene molto spesso, che il sentiero della virtù si tralasci, et del tutto si ponga in oblio. Maggiore è il nocumento molte volte, che i popoli fanno à se stessi per la mala disciplina, et per li costumi sconueneuoli, che non è il danno da' proprij nimici riceuuto: a' quali si apre la via per lo mezzo de' vizii, perche possano offendere più ageuolmente, et contra noi ne conseguano per questo modo la vittoria. Et per cio temeua molto quel vecchio Catone, che il popolo Romano non apparasse le [-34-] lettere Greche: perche se per l' Italia si spargessero, come indouino, gli parea vedere, che la bontà tutta de' costumi de' suoi cittadini corrompere si douesse: la quale non di ozio dilicato, nè di lettere, ma di virtuose operazioni per conseruarsi felice hauea di bisogno. Perche venendo in gran copia nella città di Roma Letterati, et Musici, et Pittori, et Scultori, ammollirono à poco à poco quei generosi cuori, et di valore, i quali postergando le durezze militari, poi che haueano spogliato tutte le prouincie di tesoro, incominciarono à viuere dilicatamente secondo i loro appetiti, et i loro sentimenti, et con grauissimo suo danno operarono nell' ozio, et nelle delizie, che quello imperio, che in gloria così sublime era montato, à terra per la copia dell' oro dichinasse. Le delizie, et i diletti troppo isquisiti sono cagione della rouina delle città, et delle genti: perche mozzano queste cose i nerui del valore, et diradicano le radici della virtù, onde la vita humana prendendo frutto, felicemente si conserua. Quanto di studio adunque, et di opera si da a' piaceri, tanto si toglie di forza alla felicità; la quale per cio indebolita apre la via alle miserie, et annulla le allegrezze, et le vccide. Et si come la pestilenza coloro affligge prima, cui ella impiglia, [-35-] che gli altri doue viene dopo: Così la Musica, et i canti, et le lettere troppo isquisite prima afflissero quelli, che generate le haueano, che alcuni altri. Imperoche assaltate le nazioni della Grecia dalla forte milizia de' Romani, che tutte in affari poco virili vanamente erano occupate, auuisando per auuentura, che queste cose fossero migliori nella vita, et più opportune, prouarono contra ogni loro opinione, quanto fosse falso il suo auuiso, et come dalle morbidezze, in cui erano diuenuti sottilissimi, tutte le angoscie, et le miserie procedeuano Questo fine partoriscono sì fatte operazioni alle genti, le quali tra' piaceri di canti, et di Musica inuiluppate, et di souerchi pensieri delle lettere sono state preda di coloro, che con le armi valorosamente le assalirono; et sostennero la pena della loro leggerezza, perdendo la libertà, per cui cotanto sopra le altre nazioni si gloriauano. Il medesimo à Romani auuenne, che a' Greci in prima era auuenuto, a' quali venendo in molto pregio le ricchezze, et le delizie de' popoli stranieri, onde quelli erano stati ridotti in pouertà, et in miseria, per questi medesimi ordigni pieni di insidie, et lusingheuoli, cominciarono l' vno contra l' altro scopertamente à prender guerra, et perche non cessauano [-36-] le cagioni delle discordie, et de' litigij, crebbe cotanto il male, che dopo molti contrasti horribili, et sanguinosi, chi fu superiore vna volta al suo nimico, mutò lo stato à Roma, et pose termine, che più crescere non potesse quell' imperio, il quale per lo valore de' cittadini particolari ogni giorno più, che l' altro prendeua accrescimento. Ma non dee valere contra questo, che si è detto, l' auuiso di coloro, che considerando la natura dell' antica Musica, et con quella, che è moderna comparandola, le danno lode grande, et grande honore le assegnano, come à cosa suaue et preziosa. Peroche molta forza era in quella in disporre l' animo altrui, et in muouerlo ancora, et dargli quell' affetto, che à lei piaceua, come si dice, che soleua fare vn certo Olimpio, che nella Musica era maestro singulare. Come se il pregio, che propriamente è suo, per quello, che si è detto, da noi le fosse tolto. Peroche ella ne' sacri tempij molto puote per destare l' animo nostro à diuozione, et nell' vdire sollieua gli affetti dalle cose terrene alle diuine, come ottimamente, et spesso ne' sacrifizii di santa Chiesa si costuma; da' quali il bene publico procede, et in cui, come in saldo fondamento, et forte si riposa. Perche non solo non si dee rimuouere l' vso del canto dalla pratica [-37-] humana, ma adoperarlo in quelli affari, che la ragione ci chiede, et quasi il bisogno ci conforta. Ma gli huomini di alto ingegno, da questo negozio in fuori, si recano à vile di occuparsi in quelle cose, oue poca lode consiste, et poca stima: Si come hanno fatto in quella Musica, della quale si fauella, che insino ad hora non si sà in modo alcuno, se nel valore Romano, in cui dopo tanti secoli ancora risplende, et riluce la gloria dell' Italia, ella hauesse luogo, ò ricetto: onde senza tema di errore si prendesse per esempio vno Scipione Africano, o d vn cittadino di virtù non molto à Scipione differente. Et auuenga che questo si sapesse, non per cio douerrebbe crescere il suo pregio. Perche si come vn cibo poco buono, et maluagio, se bene ad vn corpo sano, et robusto porge diletto, et nutrimento, egli non auuiene tutta uia, che è sene facci grande stima: Che non potrebbe per questo la Musica montare in molto honore, se hauesse cantato con dolci maniere qualche huomo grande, et virtuoso: Perche i grandi intelletti non sono vinti di leggieri, nè per vn poco di diporto sono abbattuti: posciache accade alcuna volta, che ad vn vigore molto potente non arreca vna picciola gocciola di ueleno nocumento. Perche non la dolcezza puote fare, che il negozio [-38-] sia horreuole; ma l' vso di vigore, et virtuoso è diceuole in vn' animo, che ne gli affari del mondo in prò altrui si dee trauagliare. Altrimenti sarebbe ancora di gran pregio l' arte di fare i cibi dilicati, et saporiti, se la molta suauità senza por mente ad altra cosa molto si douesse commendare. Egli si dee adunque vsare la Musica per mitigare la durezza delle fatiche, et per ammollirla, nè ad ogni età è diceuole spesso di cantare, ma oltre a gli artefici a' fanciulletti senza più; perche sieno occupati, et perche la mente loro, che dietro a' vizii, et a' difetti suiata si lascia traportare, prenda conforto dopo le occupazioni, che sono più graui, et di più stima, et informi le sue creanze insiememente alla virtù, et al valore. Perche se il nostro appetito non fosse così vario, et di leggieri ad ogni cosa non si volgesse, si come molto meglio conseruano coloro la sanità, che vsano pochi cibi, ma buoni; Così questo studio della Musica si poteua tralasciare. Ma quando pure ne vogliamo prendere frutto alcuno, questo si conuiene fare per diletto, et per diporto in vdire quella. Et come ne' conuiti auuiene per sodisfare all' appetito di mutare i cibi preziosi con quelli, che [-39-] sono vili, et di poco pregio; Così dopo le operazioni necessarie, et di valore si puote vsare il canto, ma non si dee dare nutrimento di Musica all' animo nostro tuttauia.

IL FINE.

IN FIORENZA, Nella Stamperia di Giorgio Marescotti. con licenza de' Superiori. MDLXXX.